Smart Working sì o no. In una situazione di normalità e precedente all’emergenza di questi giorni, quali sono i pro e i contro dell’attuazione di un simile piano, come scegliere la soluzione migliore e sostenibile per l’azienda?
Diciamo con onestà, oggi a quasi due mesi dallo scoppio dell’emergenza a Codogno, quello che la politica e i media chiamano
“smart working” è in realtà “remote working”.
A regime, quando torneremo alla normalità, lo “smart working” potrà permettere alle organizzazioni di investire di più sulle persone e meno su uffici enormi e costosi. Bisognerà creare un compromesso per tanti mestieri tra le giornate di lavoro fatte a casa e quelle fatte in azienda anche perché il rapporto umano resterà fondamentale e ce ne stiamo accorgendo in queste settimane.
Purtroppo le aziende non erano pronte. Probabilmente quando è stata dichiarata l’emergenza nazionale il 31 gennaio bisognava parallelamente far partire un piano pre-pandemico con test coinvolgendo il mondo delle imprese. Aggiungiamo poi che coloro che oggi lavorano da casa devono anche aiutare i figli, i quali nella maggior parte dei casi sono stati abbandonati dalle scuole o seguono una didattica a distanza fatta secondo la buona volontà dei docenti e senza un’uniformità.
Di sicuro lavorare a casa coi figli non è smart!
Ricorrere allo smart working in poco tempo ha impatti organizzativi molto forti, quanta formazione serve per assimilarne le opportunità ed evitarne i rischi?
Tanta formazione. Soprattutto per l’utilizzo di piattaforme che permettano di portare i lavoratori da una dimensione di remote working ad una di lavoro condiviso fatto di obiettivi e task da rispettare che appartengono al classico orario di lavoro. Bisognerà anche evitare gli abusi da parte delle aziende o del lavoratore stesso. Parlare di smart-working è semplicistico perché per mettere un lavoratore in condizione di operare efficientemente da casa, cioè in piena sicurezza (dei dati e della proprietà intellettuale) occorre che le aziende abbiano strutturato un sistema informatico in un Cloud sicuro. Oggi tutto il personale che si collega da casa, con connessioni nella maggior parte dei casi non protette, è potenzialmente oggetto ad attacchi di hacker che potrebbero violare segreti aziendali e entrare in possesso di brevetti. Ugualmente la maggior parte del personale ignora le minime procedure di protezione dei dati e delle informazioni. Il nostro sistema economico e produttivo e le nostre Pmi sono minacciati a favore di mercati esteri.
Già oggi l’Italia si colloca dopo tutti i Paesi del G7 nell’International Property Rights Index 2019, l’Indice Internazionale sulla tutela dei Diritti di Proprietà a cui collaboriamo come Competere.Eu.
Fate riferimento al metodo sperimentale di applicazione; vi è dunque già una prassi alla quale doversi attenere?
Purtroppo no ma ci sono tante buone prassi messe in campo dalle aziende italiane e dalle multinazionali. Credo che questa sia una sfida di cui si dovrebbero occupare il governo e le organizzazioni sindacali e datoriali a partire dal nuovo Presidente di Confindustria e dalla sua squadra.La domanda di smart working che scelta di fornitori impone?
Fornitori tecnologici in grado di aiutare le aziende ad essere più produttive e lavorare meglio e non ad imbrigliarle in gestionali da incubo.
Cosa chiedete nella lettera al Governo?
Nella lettera abbiamo evidenziato al Governo come l’emergenza Coronavirus abbia imposto alle aziende di ripensare i modelli organizzativi del lavoro e introdurre – in poche ore – lo smart-working. È uno strumento che noi di Competere promuoviamo da anni spiegandone i punti di forza e debolezza, le opportunità e le minacce. L’introduzione dello smart-working richiede tempi lunghi a causa del conservatorismo organizzativo italiano, la ritrosia ad introdurre tecnologie digitali, e il DNA medio piccolo delle imprese italiane. Molte imprese erano impreparate alla trasformazione digitale. Lo shock che per alcune è derivato dalla forzata trasformazione digitale e dalla quanto repentina introduzione dello smart-working potrebbe avere conseguenze positive per il nostro tessuto produttivo, obbligando le imprese a fare in pochissimo tempo quello che non sono riuscite a fare fino ad oggi. Ma ci sono anche dei grossi rischi, i cui effetti potrebbero essere imprevedibili e certamente negativi per un’economia già in difficoltà. Lo smart-working improvvisato rappresenta una minaccia per la privacy, la cybersecurity, i diritti di proprietà intellettuale. In altre parole, le nostre conoscenze e la nostra creatività sono in pericolo. Molte aziende sono ancora in cassa integrazione ma quando si ripartirà sembra evidente che a tanti lavoratori che potranno verrà chiesto di lavorare in smart working.
Di quali e quanti incentivi avete calcolato ci sia bisogno e sopratutto, è possibile metterli a disposizione in una tale situazione di crisi?
È fondamentale- che il Governo, nelle misure a supporto dell’economia, metta a disposizione delle aziende un credito d’imposta o sgravi fiscali per chi investe nella trasformazione digitale e nella formazione dei lavoratori. Siamo arrivati tardi e siamo impreparati. È tuttavia inutile stare a fare la morale della Cicala e della Formica. È piuttosto necessario che ci rimbocchiamo le maniche e si intervenga. Per i costi parliamo di alcune centinaia di milioni di crediti di imposta ma se indirizzati bene possono aiutare anche a far crescere il mercato italiano. Diciamo che non c’è scelta e le imprese vanno aiutate.Competere. EU un Think Tank per ripensare il futuro e renderlo sostenibile, in che modo attuate la vostra mission?
Competere è un think tank indipendente nato per elaborare e implementare politiche per l’innovazione e lo sviluppo sostenibile ed essere di supporto alla politica, alle istituzioni e alle imprese nel favorire l’innovazione sociale dei processi economici e il confronto tra idee.
Il team di Competere è composto da esperti, accademici, professionisti di riconosciuta esperienza nazionale e internazionale, ma soprattutto da persone, curiose, creative e intraprendenti che analizzano la realtà in continuo cambiamento e propongono soluzioni sostenibili. Su come affrontare le conseguenze Covid abbiamo creato una task force dedicata.
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