Servizi aziendali

11 Giugno 2019

Randstad e le banche protagonisti del mercato dei provider di welfare aziendale

Dopo l’operazione Edenred-Easy Welfare è iniziata una rivoluzione. Inesorabile. Vecchi e nuovi soggetti sono destinati ad acquisire nuovi ruoli. Acquisizioni, trasformazioni operative e nuove strategie per il presidio del mercato. L’analisi di un esperto: Giovanni Scansani. Seconda parte

Nella prima parte della riflessione che abbiamo proposto – dopo l’operazione dell’anno: l’acquisizione di Easy Welfare (EW) da parte di Edenred – abbiamo iniziato a chiederci quali potrebbero essere le conseguenze delle “trasformazioni” innescate dalla novità per il game competitivo del welfare aziendale (WA)?

Anzitutto, data la dimensione e le capacità (economiche, operative e commerciali) delle più grandi delle realtà che hanno operato (e di quelle che intenderanno operare) le trasformazioni di cui s’è detto, si può ritenere che la competizione aumenterà in qualità e complessità (ed è un bene in vista della difesa del settore rispetto ai processi di commodification in atto) e con essa, soprattutto per le realtà meno strutturate, dovranno crescere il livello delle competenze e il valore delle risorse disponibili per farvi fronte.

Sul piano del confronto concorrenziale non può non notarsi che il Provider che fungeva da partner tecnologico dell’operatore “re-seller, una volta che quest’ultimo avrà guadagnato una completa autonomia, si troverà, di fatto, a doversi confrontare con un competitore in più. Quando, poi, un tale passaggio è effettuato da società del calibro di Randstad (o di una banca, se i rumors saranno confermati dai fatti) è evidente che la sottostante strategia non potrà che essere quella di considerare ciò che prima era una soluzione di evidente “sperimentazione”, come l’attivazione di nuova linea di business a tutti gli effetti. Quest’ultima, nel quadro delle strategie di realtà di quelle dimensioni, a sua volta non potrà che essere associata all’obiettivo di generare risultati coerenti con il ruolo e il “peso” esercitato da quei player nei loro principali mercati di riferimento. Anche così ne risulterà accresciuta la competizione e ciò ancorché il numero dei player non cambi. Ciò che cambierà (e accrescerà la concorrenza) sarà la proprio la trasformazione (come nascita) di player autonomi che cessano di operare come semplici “rivenditori”.

Reazione a catena?

La domanda che circola tra i protagonisti del settore è adesso questa: quali saranno le reazioni degli altri player (ed in particolare dei restanti numerosi “re-seller”) di fronte all’operazione Edenred-EW ed al nuovo posizionamento assunto (o che potrà essere assunto) da alcuni operatori?

All’epoca dell’acquisizione (parziale) di DoubleYou da parte di Zucchetti non si era ancora scatenata l’onda lunga (peraltro sinora più teorica che pratica) della “welfarizzazione” dei premi di risultato (PdR) che ha comunque iniettato nel mercato interessanti volumi economici aggiuntivi da gestire, né si era ancora prodotto l’upside derivante dalla quota di “WA obbligatorio” introdotto da alcuni importanti CCNL (il metalmeccanico su tutti, con oltre 1,5 milioni di potenziali nuovi clienti finali per i Provider). Più in generale non si era ancora prodotta la diffusione del WA nel mare magnum delle PMI nazionali.

A quella data, in sostanza, la maggior parte degli operatori poteva ancora opinare che il mercato del WA fosse pur sempre qualcosa che riguardava le grandi aziende e che, sì, c’era molto da sperare dalla “riforma” dell’Art .51 comma 2 del TUIR e dalla nuova disciplina del PdR, ma che, tutto sommato, potesse ancora valere la pena stare alla finestra stringendo qualche accordo per poter almeno sostenere di essere presenti sulla scena. In attesa degli sviluppi e intanto maturando un po’ di esperienza.

Poi, però, la scena è cambiata ed anche velocemente e, sia pure tra alcune difficoltà (il basso tasso di conversione dei PdR e la sostanziale corsa ai buoni spesa per tradurre in WA gli esigui stanziamenti introdotti a tale titolo dai CCNL), di fronte ai fenomeni di cui s’è detto la domanda che si porranno gli attori del settore non potrà che ricevere una risposta abbastanza scontata: altri operatori si attrezzeranno (e qualcuno, pare, lo stia già facendo) per gettare il cuore oltre l’ostacolo ed operare nella pienezza delle proprie capacità.

Si aggiunga che i CCNL che avevano a suo tempo introdotto risorse per finanziare il “WA obbligatorio” dovranno quasi tutti essere rinnovati e che sembra logico attendersi un incremento degli importi ascrivibili al WA i quali, per l’entità che ci si aspetta, saranno nuova linfa proprio per i servizi più tradizionalmente gestiti con i portali. Altro, ovviamente, sarà verificare come le parti sociali si attiveranno per evitare che gli importi stanziati a titolo di “WA obbligatorio” si traducano in benefit ben poco associabili alle finalità sociali che il WA si prefigge di conseguire e solo il perseguimento delle quali giustifica il favor normativo che sinora l’ha sostenuto: ecco un’altra area di potenziale rischio per i Provider, soprattutto per quelli che vivono dell’emissione di buoni spesa e di gift card, ma al contempo ecco un’area di sviluppo per gli operatori più attenti a fare del welfare d’impresa un reale terreno di lavoro e d’impegno verso l’innovazione a sostegno del suo valore sociale.

Fatte queste considerazioni, non assisteremo ad una “reazione a catena” che si manifesterà a suon di ripetute acquisizioni e quindi non assisteremo ad una diffusa “razionalizzazione” del mercato (ciò che non deve dispiacere perché i mercati troppo “razionalizzati” non sono mai una bella cosa).

Tuttavia è lecito attendersi che sui tavoli dei CEO dei principali “re-seller” l’idea di mettere a frutto l’esperienza maturata nel corso delle partnership a tutt’oggi attive si stia facendo strada. E per metterla a frutto realmente si tratterà di passare dalla posizione (attendista) del rivenditore di portali di terzi a quella (protagonista) di un vero e proprio player del settore. Investendo su una propria infrastruttura o acquistando un “pacchetto” plug-in rilevando un Provider “puro” già attivo.

Meno sensibili a questo richiamo potranno essere quei “re-seller” il cui core-business, pur nella dichiarata sinergia con i servizi di supporto al WA, è rimasto, in realtà, l’unico e vero obiettivo della loro attività. Si tratta dell’impostazione perseguita da quegli operatori per i quali il recente rilancio del WA è stata un’utile occasione che è stata colta al volo al fine di rafforzare proprio (e solo) il loro business tradizionale e non già per creare una reale diversificazione nelle attività gestite (è il caso di alcune compagnie assicuratrici, di talune banche come anche di alcuni broker).

Possibili “prede” future

Con oltre 90 operatori presenti sul mercato (spalmati nelle tre formule ricordate nel primo articolo – : provider puri, ibridi e reseller) e tenendo conto che la maggior parte degli Provider “puri” è composta da piccole realtà che faticano a crescere con le loro dotazioni economico-finanziarie e che non dispongono di capillari organizzazioni commerciali, non si può escludere che qualche player (attualmente “re-seller”) possa pensare di accorciare il time-to-market della sua discesa in campo come autonomo protagonista ed a tal fine acquisire una realtà già attiva, dotata di una buona piattaforma e di un portfolio clienti da fare rapidamente crescere in numero ed in qualità.

Di potenziali “prede” il mercato ne offre un certo numero; altro è verificare se quelle “prede” abbiano caratteristiche idonee a trasformarle in un target degno di un’acquisizione. Non è però complicato fare un po’ di scouting per orientarsi con criterio e forse qualcuna delle più appetibili di quelle “prede” potrà persino essere indotta a cogliere l’attimo offrendosi nell’abbraccio con una realtà più dimensionata.

Il tutto senza dimenticare che, pur essendo terminata la stagione della fioritura del numero degli operatori (come avveniva sino a non più tardi di due o tre anni fa), neppure si può escludere che qualche newcomer si affacci nel settore proponendosi come protagonista proprio rilevando le infrastrutture di chi già vi opera da tempo, se non altro per colmare anche il gap temporale che altrimenti lo separerebbe dalla restante schiera di competitor.

Tra questi newcomer si possono inserire anche quei “re-seller” e quei Provider “ibridi” che, pur attivi sulla carta, nella realtà hanno sin qui ben poco inciso nel settore: si tratta, in qualche caso, di società appartenenti a gruppi (anche internazionali) di rilevante dimensione e la cui notorietà, maturata nei settori di origine, appare disallineata rispetto al ruolo sin qui, invece, avuto nel mercato di cui stiamo parlando.

Per queste realtà l’acquisizione di un player di minori dimensioni, ma comunque strutturato per garantire una rapida ed effettiva (ri)partenza, potrebbe essere un’occasione per uscire dal torpore e colmare qualche ritardo. E con investimenti decisamente più contenuti di quello stanziato da Edenred. Ovviamente resterà il tema del know-how che una piattaforma, da sola, certo non garantisce di acquisire: occorreranno, allora, investimenti anche sul piano dell’organizzazione e verosimilmente del management.

L’imperativo è crescere

In mezzo a queste correnti stanno poi quei Provider “puri” che hanno sin qui saputo conquistare una posizione di spicco nel ranking del settore, ma che, alla luce delle trasformazioni descritte, dovranno presto risolvere un trade-off decisivo: confidare di poter crescere ancora con le sole proprie forze, rischiando che nel medio termine possano risultare insufficienti in un contesto che va rafforzandosi sotto il profilo della “taglia” necessaria per operare su scala nazionale, oppure reperire nuove ed ulteriori risorse ampliando la propria compagine societaria, magari tramite l’ingresso di qualche fondo di venture capital – come aveva fatto la stessa EW prima della sua cessione – o attraverso un’operazione che consenta ad un “re-seller” o a un newcomer più dimensionato di rafforzarne la dotazione economico-finanziaria ed organizzativa.

In un mercato che cresce e nel quale la competizione aumenta in conseguenza delle “mutazioni” di cui s’è detto, diventa necessario acquisire maggiore capacità operativa ed organizzativa ed immaginare di restare ancorati a ciò che si è stati sinora rischia di rivelarsi una scelta ben poco lungimirante. Mentre il mercato si muove e si trasforma restare fermi, pur disponendo dei mezzi e delle soluzioni per crescere, sarebbe imperdonabile.

Leggi la prima parte

 

Giovanni Scansani, fondatore e ceo di Valore Welfare

Lascia un commento

Registrati alla nostra Newsletter