Servizi aziendali

28 Marzo 2019

Censis-Eudaimon: il 2° Rapporto presentato a Milano

2° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Dopo Roma, si è svolta a Milano la presentazione che ha dato voce ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, delle associazioni di categoria e dei sindacati.

La Fondazione Stelline ha ospitato a Milano il secondo incontro di presentazione del 2° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Dopo l’introduzione del Dott. Maietta, i relatori hanno preso in esame chi siano gli attori e quali i ruoli all’interno del mondo del welfare aziendale, quale sia attualmente in Italia il livello di cultura del welfare e come si possa mettere in relazione le grandi aziende e le PMI su un tema così delicato. Sono stati messi in evidenza pregi ed eventuali criticità delle soluzioni fornite dal welfare aziendale: lavoro agile, programmi di formazione, ecc. Inoltre, la Dott.ssa Pata (UIL) ha posto l’accento su come il welfare giochi un ruolo fondamentale soprattutto negli equilibri quotidiani delle donne lavoratrici. Nel confronto tra le quattro aziende
presenti al tavolo dei relatori (Credem, Edison, Michelin e Snam), coadiuvate dal Dott. Rapaccini (MBS Consulting), è stato messo in luce il valore aggiunto rappresentato dal welfare aziendale e quali siano gli strumenti indispensabili per migliorare quotidianamente il dialogo tra le aree HR e i lavoratori. Per un’azienda che propone un programma di welfare è ormai categorica la necessità di sviluppare l’engagement delle persone, ascoltandole veramente.

Questi i contenuti principali sviluppati dai singoli relatori:

Francesco Maietta, Responsabile Area Ricerche Fondazione Censis, partendo dal rapporto sviluppato in collaborazione con Eudaimon, ha elencato i seguenti punti di analisi:

– solo il 18% dei lavoratori ha una conoscenza precisa di cosa sia il welfare aziendale, ma quando il welfare è presente in azienda i lavoratori sono favorevoli e soddisfatti

– il mercato del lavoro italiano crea lavoro meno degli altri paesi e inserisce troppi pochi giovani

– i divari retributivi sono cresciuti sensibilmente nel ventennio che va dal 1998 al 2018

– un dato molto particolare è la soddisfazione espressa da molti degli intervistati verso il lavoro che svolgono, ma non per la retribuzione (salari, premi, carriera, ecc)

– la sensazione che la retribuzione non sia adeguata è presente soprattutto nei giovani che ricoprono le mansioni di operai o impiegati

– il welfare aziendale non si può sostituire agli incrementi retributivi: può tuttavia rappresentare una soluzione che aiuti a far fronte ai bisogni relativi alla salute, l’assistenza alla non autosufficienza e alla gestione dei figli. Al momento queste sono le aree in cui siamo maggiormente scoperti

– nonostante le molte differenze dovute al tessuto sociale o all’area geografica dove vivono i lavoratori, il welfare aziendale produce un beneficio sociale netto positivo per tutta la comunità.

Andrea Mazzini, Responsabile Welfare ed Amministrazione Personale Servizio People Credem, in merito a quali siano i ritorni per un’azienda con un programma welfare pienamente attivo, ha voluto sottolineare che il progetto in Credem nasce dai bisogni dei lavoratori. Un programma costruito su sei cluster per coprire le esigenze della popolazione. Ai collaboratori si forniscono soluzioni che siano efficaci in materia di: supporto alla persona, assicurazione (polizza sanitaria e piani di previdenza integrativa), salute e benessere, tempo libero, potere d’acquisto e worklife balance. La ragione del welfare in Credem è quella di voler accompagnare i bisogni dei lavoratori in armonia con il ciclo della vita. Infatti, se il dipendente sta bene dentro e fuori dall’ambito lavorativo, questo è un forte incentivo a lavorare meglio. Le persone si sentono parte integrante della mission aziendale solo se
coinvolte, se c’é engagement. Quest’ultimo è uno strumento potentissimo, che ha presa anche sui lavoratori millennials e si ottiene solo mettendo a disposizione delle persone gli strumenti per crescere in termini di esperienza e retribuzione.

Maurizio Tosi, Risorse Umane Michelin, ha parlato di “simmetria delle attenzioni”, espressione con la quale spiega la capacità dell’azienda Michelin di fare e promuovere welfare da molto tempo. Nonostante i cambiamenti sociali ed economici avvenuti nel corso dei molti anni in cui l’azienda ha avviato il proprio programma di welfare, è necessario mantenere intatta la capacità da parte dell’azienda di ascoltare i propri dipendenti. Le survey aziendali restano uno strumento utilissimo per provare ad intercettare i bisogni della popolazione aziendale. Le persone sono e devono rimanere al centro delle politiche di welfare aziendale. Solo da una posizione di centralità si può creare e rafforzare l’engagement. Affinché l’appartenenza lavorativa sia motivo di vanto per i colleghi presenti in azienda da più anni e anche una calamita per i giovani talenti pronti ad accedere al mondo del lavoro.

Andrea Peduto, Head of Organization Development & Employees Services in Edison Spa, collabora dal 2008 con Eudaimon. Con l’ampliamento del perimetro aziendale di Edison è tornata a premere l’esigenza di riequilibrare le differenze che caratterizzano la popolazione aziendale. Non solo in termini di inquadramento e retribuzione. L’azienda deve investire soprattutto in termini di attenzione verso le proprie persone. Resta di importanza primaria conoscere i diversi contesti che caratterizzano le aree lavorative e geografi che dell’azienda. La curiosità e la voglia di agire da parte di chi segue dall’interno il programma di welfare deve essere sempre alta. Il ventaglio di soluzionifornite dal welfare è ampio e deve essere tagliato sulle esigenze reali dei lavoratori. La sfida è continua e sempre molto stimolante.

Lorenzo Federici, head amministrazione, policy HR, relazioni industriali e welfare di Snam, pone sotto la lente d’ingrandimento la tematica del confronto. Per conoscere e migliorare il proprio programma di welfare è necessario un confronto costante tra le parti interne all’azienda. Per il Dott. Federici la popolazione aziendale non è più interessata ad un welfare fatto esclusivamente di vantaggi economici. I voucher, o prodotti similari, sono immediati ma effimeri. Non è necessario garantire esclusivamente un ritorno economico ai lavoratori: nelle loro preferenze, infatti, c’è la necessità di destinare eventuali premi a fondi di previdenza integrativa. I giovani, invece, preferiscono servizi che permettano loro di gestire al meglio il loro tempo. Per raggiungere risultati significativi, in termini di soddisfazione dei lavoratori, è molto importante avere una struttura HR forte e pronta con ogni strumento (ad es. survey aziendali) a superare i propri limiti e andare con sicurezza incontro al futuro.

Andrea Rapaccini, presidente della MBS Consulting, ha parlato dello stato del welfare delle famiglie in Italia. Le considerazioni si basano sulla ricerca effettuata dalla MBS Consulting stessa.

Il Rapporto ricostruisce la spesa delle famiglie italiane nelle seguenti otto aree di welfare: salute assistenza ad anziani e persone bisognose di aiuto, assistenza familiare, assistenza ai bambini ed educazione prescolare, istruzione, cultura e tempo libero, supporti al lavoro, previdenza e protezione. Dai dati raccolti si evince che le famiglie italiane nel 2018 hanno speso in servizi di welfare circa 143,4 miliardi (+6.9% sul 2017), pari all’8,3% del PIL. In un sistema di welfare pubblico tutt’altro che equo, diventa quindi necessario anche per gli operatori di welfare privato proporre una nuova ricetta. L’auspicio è che la nuova proposta si componga di servizi che mirino a migliorare la conciliazione dei tempi vita-lavoro e che, sul piano assistenzialistico, riescano a coprire le esigenze di tutte le fasce d’età della popolazione. Dall’indagine emerge nitidamente come la richiesta della popolazione italiana sia sempre più orientata ad una “assistenza sanitaria continua”, che possa seguire individualmente le persone nella scelta e nella gestione delle prestazioni.

Irene Pata, UIL, ha voluto approfondire la posizione delle lavoratrici italiane nei confronti del welfare aziendale. Le donne lavoratrici, infatti, sono troppo spesso impegnate a trovare il corretto equilibirio tra lavoro e famglia. La Dott.ssa Pata ha passato in rassegna tutti gli strumenti utili a migliorare la quotidianità delle lavoratrici (formazione, smart-working, ecc). Queste soluzioni ci sono già e, se non disponibili unicamente tramite la contrattazione collettiva, possono essere fornite dalle aziende. Per attivare questo processo virtuoso, però, serve che molte aziende amplino le proprie conoscenze in merito al welfare. Non possono accontentarsi di una conoscenza superficiale della
materia. Bisogna infatti ripartire da un welfare che sostenga realmente i lavoratori, con lo scopo ulteriore di migliorare il rapporto della forza lavoro con la propria azienda.

Ermanno Cova, CISL, ha diretto la riflessione su un punto altrettanto delicato: il welfare e le PMI in Italia. Per il Dott. Cova il welfare deve essere contrattuale, soprattutto per le piccole e le piccolissime imprese. C’è un problema di democratizzazione del welfare, dovuto anche alla crescita disordinata di una cultura “alta” della materia. Sarebbe opportuno declinare il welfare anche secondo le caratteristiche del territorio dove operano le PMI: bisognerebbe “regionalizzare il welfare”, per far fronte a quelli che sono i bisogni scoperti della popolazione e per non lasciare le persone da sole ad affrontare situazioni di quotidianità estremamente drammatica. E’ necessario adottare soluzioni per un welfare costruito in modo “orizzontale e regionale”. Questo cambiamento aiuterebbe anche gli imprenditori, molti dei quali non hanno capacità di diagnosi sul benessere della propria popolazione aziendale, a comprendere quale sia il reale fabbisogno dei propri dipendenti.

Nicola Marongiu, CGIL, per il coordinatore nazionale dell’area Welfare è necessario che le grandi imprese rafforzino la loro posizione, facendo crescere la cultura del welfare dall’interno, non solo tramite le forme di assistenza garantite dagli accordi contrattuali. Le aziende, per prime, devono far passare il messaggio che il welfare non ha come unico obiettivo quello di agevolare fiscalmente lavoratori e società di appartenenza. Non può essere semplicemente un investimento concepito con la finalità di alleggerire delle voci del bilancio; molte aziende dovrebbero farsi portatrici di azioni concrete, che influenzino altre realtà più piccole. E’ quindi necessario fare leva su un welfare aziendale territoriale, per generare effetti positivi sull’intera popolazione, aziendale e non. In questa fase è fondamentale che ci sia anche proattività da parte delle amministrazioni pubbliche.

Giuseppina Corvino, funzionario del Comune di Milano, ha spiegato che mettere in comunicazione grandi aziende e PMI non è difficile, è la messa in pratica delle soluzioni proposte che rende il tutto molto più complicato. Le grandi aziende non vogliono sottrarsi al dialogo, ma queste dinamiche rimangono lente e farraginose. Per la Dott.ssa Corvino l’amministrazione pubblica, all’interno di questo meccanismo, deve essere il “paziente tessitore” di relazioni. Bisogna proporre soluzioni concrete, si veda il tema dello smart-working sul quale il Comune di Milano ha posto l’accento, anche tramite iniziative come la settimana del Lavoro Agile. Una sfida utile a provare che i luoghi di lavoro stanno cambiando senza alterare la produttività, anzi, incentivandola.

Per Luca Pesenti, Docente della Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, le aziende dovrebbero dare il via ad una “distrettualizzazione del welfare”. Con questo termine si mette al centro del processo la grande azienda, come realtà esemplare per il welfare, ma anche come promotrice verso i propri fornitori. Il “distretto” va inteso come ambito di scambio tra grande azienda e la filiera composta dalle imprese più piccole, così che si possano rendere disponibili, in tempi più rapidi, servizi e vantaggi per i lavoratori. Questo processo deve avere alla base una volontà di dialogo tra le varie realtà aziendali e le popolazioni lavorative che le compongono.
Le parti devono essere unite nell’intento di sviluppare quello che viene definito il “Linguaggio della ricomposizione” perché, visto lo scenario attuale in cui si muove l’intera nazione, non è detto che le pubbliche amministrazioni debbano essere gli unici soggetti deputati a ricomporre le fratture che caratterizzano buona parte del nostro tessuto sociale.

Alberto Perfumo, AD di Eudaimon ha chiuso la presentazione con queste considerazioni: “Se il primo Rapporto Censis-Eudaimon si era focalizzato sul fenomeno emergente del welfare aziendale, il secondo ha ampliato lo sguardo ed esplorato il welfare aziendale all’interno delle dinamiche del lavoro: non un fatto a sé ma un fenomeno che necessariamente impatta la vita delle imprese e dei lavoratori nonché le loro relazioni”. Così, la discussione a Palazzo delle Stelline si è assunta il compito di favorire il confronto sui risultati e sulle prospettive del welfare aziendale tra i principali stakeholder: le imprese, i sindacati e l’attore pubblico. “Il nostro obiettivo era quello di cogliere le tendenze di un fenomeno che sta evolvendo da semplice strumento di ottimizzazione delle retribuzioni a tassello indispensabile di un nuovo modello di welfare in Italia” – sottolinea Alberto Perfumo. “Passata la stagione confusa dello start-up, tutti gli attori hanno capito il valore che può avere il welfare nelle imprese nel mitigare le disuguaglianze tra i lavoratori e promuovere una migliore qualità della vita. Il welfare aziendale diventa un pilastro della comunità aziendale e stimola una consapevole e convinta adesione delle persone agli obiettivi aziendali. Così il cerchio si chiude virtuosamente. “Obiettivo centrato – conclude Perfumo. I partecipanti alle due tavole rotonde, pur da prospettive diverse, si sono trovati in completa sintonia sul fatto che il welfare nelle imprese sia non solo un’opportunità ma una necessità: un welfare contrattato, disponibile per tutti e fortemente ancorato ai territori è
una innovazione sociale dirompente. Una condizione essenziale per il futuro del sistema di welfare nazionale e, in definitiva, del nostro paese.”

Questi sono i principali risultati del 2° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Credem, Edison, Michelin e Snam. Il Rapporto esteso è scaricabile sul sito www.eudaimon.it

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