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18 Giugno 2019

Welfare aziendale e sanità Treu (Cnel) invoca più controlli

Rapporto Censis-Eudaimon

Con i flexible benefit si sottrae un crescente imponibile alla tassazione. Fino a quando il Fisco non vorrà verificare se le prestazioni offerte siano di vero valore sociale e interesse pubblico? Il presidente del Cnel in questa intervista con wewelfare.it affronta due delle emergenze più “calde” del welfare integrativo.

Prima o poi l’Agenzia delle Entrate potrebbe presentare il conto. E sarebbe un conto salato: ne è certo Tiziano Treu, che è stato tra i primi a studiare la trasformazione del welfare aziendale nel nostro Paese, da esperienza di nicchia (riservata al paternalismo unilaterale delle grandi aziende familiari) a mercato di massa (accessibile a tutte le imprese, comprese le Pmi che rappresentano il 95% delle aziende italiane). Da presidente del Cnel Tiziano Treu annuncia a wewelfare.it che sarà questo uno dei prossimi obiettivi di analisi del Consiglio nazionale economia e lavoro. “Siamo arrivati al ventesimo rapporto sul mercato del lavoro e i numeri del welfare aziendale impongono studi approfonditi” – spiega Treu – “La defiscalizzazione e la decontribuzione previdenziale introdotta nell’erogazione del premio di risultato contrattato hanno un costo sempre più rilevante per la collettività. Il Fisco prima o poi vorrà valutare al meglio se il mancato gettito sia veramente giustificato da iniziative di valore sociale e di interesse pubblico”.

Almeno tre milioni di lavoratori sono stati beneficiari dei primi 15mila contratti collettivi che prevedono un premio di risultato. Oggi siamo arrivati ad almeno 40mila contratti, anche se  in alcuni casi ripetitivi, ma la platea potrebbe aver raggiunto 4 milioni di lavoratori. Se il premio medio è intorno a 1300 euro per dipendente, è facile approssimare una erogazione di premi di risultato di qualche miliardo, almeno una decina negli ultimi tre anni? Un terzo dei quali – quelli riscossi con flexible benefit aziendali – esentasse. E senza contributi previdenziali.

“Dopo l’esplosione del fenomeno – continua Treu – prima o poi dovremo aspettarci una valutazione sui servizi offerti. La moltiplicazione di attività ludiche o ricreative potrebbe ricevere uno stop. E anche il fiorire dei provider fornitori delle soluzioni welfaristiche per le aziende potrebbe vedersi ridimensionato, sottoposto a una attenta valutazione di qualità”.

Molti degli operatori attivi nel mercato del welfare aziendale si sono un po’ improvvisato: “Ne ho visti tanti nascere – aggiunge il presidente del Cnel – a volte senza le necessarie competenze e professionalità. Molti offrono una piattaforma web per mettere a disposizione i servizi da acquistare, ma non basta avere una piattaforma informatica per essere dei veri partner delle aziende che vogliono fornire piani di welfare per i propri dipendenti”. Ci vorrebbe un maggior controllo delle parti sociali? Treu suggerisce che forse ci vorrebbe una sorta di vigilanza su un mercato che oggi mette sullo stesso piano un buono pasto con un abbonamento in palestra, che di fatto equipara il pagamento dell’asilo nido per i figli con un corso per apprendere l’arte della preparazione del the. Servizi alla persona e ricreazione non sono la stessa cosa. “Lo Stato ci mette un sacco di soldi, rinunciando a un gettito consistente, prima o poi vorrà poter valutare su quali servizi chiude gli occhi del Fisco e dell’Inps”.

Ma lo sguardo di Treu, rivolto al sistema del welfare integrativo, si fissa anche a un altro volano di crescita: il sistema della sanità integrativa. “Cresce certamente a ritmi più veloci di quello della previdenza complementare. Risponde a esigenze misurabili nel breve-medio periodo. La salute è un bene indifferibile. E infatti anche in questo caso abbiamo visto la moltiplicazione dei fondi sanitari integrativi. Peccato che nessuno li vigili”. Ma nonostante la ripetuta candidatura avanzata da Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, per Treu ci vorrebbe un soggetto diverso per vigilare i fondi sanitari.

“Non è un problema assimilabile solamente ai flussi finanziari”  – sostiene il presidente del Cnel – “Non serve solo un controllore dei conti e dei costi, serve un controllo di gestione capace di misurare la soddisfazione del cliente finale, che in fondo cerca puntualità nelle prestazioni e una adeguata diversificazione delle specialità di cui poter godere”. Insomma per vigilare adeguatamente sui fondi sanitari integrativi per Treu non serve tato un gestore di fondi finanziari, ma un analista del management dei servizi. E’ la soddisfazione della clientela a diventare misura di qualità del servizio offerto e della prestazione pagata con la polizza.

E’ la frontiera dell’assistenza a dover prevedere le maggiori attenzioni sul fronte del welfare integrativo: “Soprattutto in quelle aree che oggi sono tra le più trascurate, come il Long Term Care (Ltc), la cura da prevedere per chi, vivendo più a lungo, è destinato ad avere bisogno di maggiori e più costanti supporti sanitari e assistenziali. Peccato che ancora il tema non abbia adeguatamente occupato l’attenzione degli operatori. Pochissimi sono i fondi sanitari che comprendono coperture per Ltc. D’altronde questo è un tema che richiederebbe un intervento specifico dello Stato. In Germania hanno introdotto una tassa di scopo, per destinare risorse adeguate alla popolazione non autosufficiente. In Italia dobbiamo fare ancora molto, sia sul fronte pubblico, sia su quello dell’integrazione privata, sempre più necessaria”.

 

Marco Barbieri

 

 

 

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