26 Marzo2025

WeWorld Index Italia: “l’Italia non sta investendo abbastanza su infanzia e famiglie”

WeWorld Index Italia

WeWorld Index Italia 2025: risultati  non incoraggianti, l’Italia ottiene appena la sufficienza

Oltre 1 donna (28,3%) e 1 minore italiani (29,9%) su 4 vivono in regioni con uno scarso accesso ai diritti fondamentali. Le donne registrano la performance peggiore (42,4 su 100), confermandosi il gruppo sociale più vulnerabile e maggiormente esposto a marginalizzazione e violazione dei diritti umani. Questi i risultati emersi ieri alla presentazione della quarta edizione del WeWorld Index Italia 2025 a Palazzo Giustiniani a Roma, in presenza delle Senatrici Simona Malpezzi, Vicepresidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e Lavinia Mennuni, Membro della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.

È stata inoltre lanciata alle Senatrici presenti la petizione Ristudiamo il calendario, una campagna realizzata da WeWorld, MammadiMerda e l’Associazione Cambia Una Cosa con l’obiettivo è aprire un confronto con il governo per trovare soluzioni per una scuola più attuale, equa e sostenibile per tutte e tutti a partire da un nuovo calendario scolastico. Poiché l’Italia ha il calendario scolastico più lungo d’Europa, con ben 200 giorni di scuola, e allo stesso tempo vanta una delle pause estive più lunghe; questa evidenza mette a dura prova il benessere psicofisico di studenti e studentesse e rende ancora più difficile la conciliazione tra vita e lavoro per i genitori. La petizione ha raccolto oltre 70.000 firme.

I dati del WeWorld Index Italia 2025 confermano il profondo divario tra Nord e Sud. Le regioni meridionali risultano le più carenti nell’implementazione di diritti fondamentali, come educazione e salute, e presentano significative difficoltà anche in termini di condizione economica e partecipazione politica femminile.

Le madri del Sud sono le più colpite, non solo per le basse opportunità lavorative: la copertura dei servizi socioeducativi è ferma al 17,3% (contro l’obiettivo europeo del 45%), rendendo ancora più difficile conciliare lavoro e famiglia. Tuttavia, anche il Nord Italia non raggiunge livelli ottimali, dimostrando che l’intero Paese fatica a investire in politiche per l’infanzia e la parità di genere.

Nel WeWorld Index Italia 2025 emerge un quadro contrastante delle regioni italiane: mentre alcune aree mostrano progressi significativi, altre continuano a lottare con gravi disuguaglianze. In cima alla classifica, la Provincia Autonoma di Trento si conferma leader, con un punteggio di 67,3, seguita a breve distanza da Friuli-Venezia Giulia (64,9) Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ed Emilia-Romagna (63,6), tutte in miglioramento rispetto al 2018. La Toscana, con un salto dal nono al quinto posto, raggiunge un rispettabile 63,3. Tuttavia, la situazione si fa critica per le regioni del Sud: Sicilia (38,3), Campania (39,4) e Calabria (41,8) si piazzano agli ultimi posti, con margini di miglioramento troppo esigui per superare le difficoltà. Puglia e Basilicata, rispettivamente al 17° e 18° posto con punteggi di 43 e 42,4, evidenziano come il divario socio-economico tra Nord e Sud resti un problema strutturale, con il Mezzogiorno che continua a faticare nel risollevare le proprie condizioni.

Il nuovo report evidenzia, inoltre, come l’Italia continui a non sostenere adeguatamente le famiglie. La mancanza di politiche efficaci a sostegno della genitorialità aumenta le difficoltà nella conciliazione tra vita privata e lavorativa, limita l’accesso a servizi di qualità e contribuisce a una crescente fragilità economica.

Il rapporto evidenzia come il congedo parentale per i padri sia ancora un privilegio per pochi, insufficiente e scarsamente utilizzato, lasciando sulle madri il peso del lavoro di cura. Un’assenza di politiche efficaci che frena l’occupazione femminile e impatta negativamente sul benessere delle famiglie. Il rapporto mostra come il congedo di paternità e il congedo parentale per i padri restino privilegi per pochi: il primo è troppo breve, il secondo ha una retribuzione insufficiente.

“Sentiamo parlare continuamente nel discorso politico di famiglia, eppure le famiglie reali – quelle fatte di madri che lottano per conciliare lavoro e vita privata, di padri che vorrebbero ma non possono essere presenti, di bambini e bambine privi di servizi essenziali – restano fuori dalle priorità del Paese. Per non parlare delle famiglie non tradizionali, monoparentali, con background migratorio, omogenitoriali, i cui bisogni restano completamente ai margini. Il WeWorld Index Italia 2025 lo conferma: l’Italia non sta investendo abbastanza su infanzia e famiglie. Servono politiche strutturali, non misure spot, che garantiscano pari opportunità a donne, bambine e bambini, a partire da un accesso equo ai servizi educativi e sanitari e da un impegno concreto per redistribuire il lavoro di cura”, dichiara Dina Taddia, Consigliera Delegata di WeWorld.

“I dati del nostro sondaggio confermano quanto il mercato del lavoro italiano sia ancora condizionato da stereotipi di genere e da una distribuzione iniqua del carico familiare”, dichiara Martina Albini, Coordinatrice Centro Studi di WeWorld. “Per garantire un’effettiva parità di opportunità, servono politiche di welfare strutturali, che includano congedi parentali equamente distribuiti, maggiore accesso allo smart working e un cambiamento culturale che superi le discriminazioni ancora presenti nei processi di selezione e nelle carriere professionali”.

Il sondaggio WeWorld-Ipsos 

All’interno del WeWorld Index 2025 anche i risultati inediti di un sondaggio realizzato insieme a Ipsos, condotto su 1.100 lavoratori italiani e lavoratrici italiane, che mette in evidenza significative disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro, con particolare attenzione alla conciliazione vita-lavoro e alla soddisfazione professionale. Il 64% delle persone intervistate segnala l’assenza di opportunità di smart working nelle proprie aziende. Le donne ne fanno un uso maggiore rispetto agli uomini, spinte dalla necessità di maggiore flessibilità a causa della sbilanciata distribuzione del lavoro di cura. D’altro lato, sono soprattutto gli uomini, circa 1 su 4 (23%), a non farne mai uso, mentre solo il 14% delle donne si comporta allo stesso modo. L’86% di chi può accedervi si dichiara soddisfatto o molto soddisfatto del proprio lavoro. Al contrario, le donne che non possono usufruirne sono tra le meno soddisfatte (media di 6,7 su 10).

La discriminazione di genere nei colloqui di lavoro inoltre è ancora piuttosto diffusa: al 61% delle donne è stato chiesto se avessero figli o figlie, al 44% se stessero pianificando di averne, ben 22 punti percentuali in più rispetto agli uomini. I dati confermano quanto il mercato del lavoro italiano sia ancora condizionato da stereotipi di genere e da una distribuzione iniqua del carico familiare.

Dirigenti e quadri esprimono il livello più alto di soddisfazione (57% completamente soddisfatti/e), con le donne in questi ruoli che superano gli uomini (7,8 contro 7,4 su 10). La soddisfazione aumenta quando vi è un equilibrio di genere tra i superiori. Tuttavia, gli uomini risultano meno soddisfatti quando la loro superiore è una donna (media di 5,9 su 10, rispetto al 6,9 delle donne). Tra gli elementi più apprezzati figurano la vicinanza al luogo di lavoro (51%), la stabilità del contratto (48%) e i rapporti con colleghi/e (47%).

In Italia, il 72,8% delle dimissioni di neogenitori riguarda le madri, e solo il 57,8% delle donne con figli lavora, contro percentuali molto più alte in altri paesi europei. Anche se i padri che usufruiscono del congedo di paternità sono aumentati (dal 19,25% nel 2013 al 64,5% nel 2023), il sistema resta sbilanciato. Serve un cambio culturale e normativo per garantire una distribuzione equa delle responsabilità familiari e permettere alle donne di lavorare senza sacrificare la maternità.

 

 

 

 

 

 

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