Servizi aziendali

21 Maggio 2020

Well@Work verso nuovi modelli di welfare

Well@Work

In attesa dell’inizio del Contest Well@Work 2020 che si terrà online, Giordano Fatali, presidente HRC Community e Marcello Presicci, public affairs director HRC Community, spiegano la loro mission

La terza edizione di Well@Work di HRC Community risponde ad un forte bisogno delle organizzazioni di ripensare non solo modelli di welfare, che sebbene recenti, sembrano lontanissimi e che saranno ripensati alla luce di una nuova idea di sanità e di welfare pubblico con le inevitabili ripercussioni sulle politiche fiscali, ma anche di un nuovo modo di concepire il lavoro e l’ambiente di lavoro e di una scala dei valori rivista e riordinata. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa con Giordano Fatali, presidente HRC Community, che oggi ci invia un contributo (scritto a quattro mani insieme a Marcello Presicci, public affairs director di HRC Community) per introdurci all’evento.

Well@Work nasce su un’esigenza della nostra grande Community di ripensare modelli di welfare, wellbeing e worklife balance più adeguati alle proprie persone. Abbiamo creato questa iniziativa come un luogo virtuale dove pensare a paradigmi nuovi, un posto dove confrontarsi, coinvolgendo le aziende più innovative sui temi che affrontiamo.

Credo che per ridefinire concretamente nuovi processi di lavoro è necessario un cambio di impostazione verso una nuova dimensione di azienda e su questo c’è necessità di confronto e dialogo pratico. Per questo supportiamo ed auspichiamo uno sforzo collettivo che coinvolga Istituzioni e Imprese, per costruire un dialogo efficace e piani concreti. Well@Work non è un evento, ma è uno dei filoni tematici che HRC Community (composta da circa 500 aziende) porta avanti durante l’anno. Dunque Well@work risponde a un forte bisogno delle organizzazioni di ripensare non solo modelli di welfare, che sebbene recenti sembrano lontanissimi e che saranno ripensati alla luce di una nuova idea di sanità e di welfare pubblico, ma anche di un nuovo modo di concepire il lavoro e l’ambiente di lavoro e di una scala dei valori rivista e riordinata. Nulla sarà come prima dell’era Covid-19. Tantomeno il welfare.

Riflettendo sulle condizioni di emergenza dettate dalla pandemia di Covid-19 e dalle sue conseguenze economiche e sociali può sembrare difficile parlare oggi di welfare aziendale. La crisi ha avuto un impatto sul lavoro e sulle persone ed evidenzia fragilità personali ed economiche, soprattutto per i lavoratori. Il mondo del lavoro ha esigenze nuove e necessita del supporto importante anche da parte delle imprese che hanno dovuto rispondere tempestivamente all’emergenza sanitaria in corso, con l’aggiornamento dei sistemi per il lavoro agile, turni, smaltimento ferie e cassa integrazione.

Sappiamo poi che il prolificare dei contagi ha reso necessario il ricorso improvviso alle nuove tecnologie, con un conseguente disorientamento dei lavoratori. Io credo che le aziende devono mostrarsi vicine, moltissime lo stanno facendo, ed essere in grado di sostenere cambiamenti che continueranno a impattare sulle imprese nel prossimo futuro. Di conseguenza, i programmi di welfare aziendale vanno contestualizzati per sostenere il contenimento degli spostamenti, il rispetto delle misure di sicurezza e il distanziamento, con esigenze che permarranno anche dopo l’emergenza. È noto che nella fase di “Reimagination” si assisterà a un cambiamento profondo del lavoro, dei processi aziendali, delle relazioni industriali e dei contenuti delle professioni, anche a causa dell’impatto delle nuove tecnologie. Per la fase denominata “Reform” si deve continuare con lo smart working là dove i processi produttivi lo permettono».

Credo che un efficace programma di welfare aziendale soddisfi i bisogni dei lavoratori e offra un ritorno, non solo in termini di agevolazioni economiche, ma anche di coinvolgimento e engagement delle persone con l’azienda. Adesso, occorre revisionare ancora più in profondità i programmi di welfare e monitorare il mercato per cogliere opportunità e innovazioni» continua Fatali. Soluzioni interessanti potrebbero arrivare da start-up in ambito welfare, contenuti, strumenti e modalità nuove di fruizione dei servizi, modelli pubblici o privati.

Concludendo penso che i programmi di welfare aziendale vanno adeguati alla sovvenzione dei servizi prioritari per la popolazione aziendale, con particolare attenzione agli ambiti di salute, famiglia, scuola, anziani, disabili e cultura. I piani di flexible benefit legati alla conversione dei premi di risultato potrebbero prevedere l’inserimento di nuove prestazioni accessibili su richiesta dei dipendenti, in modo da garantire risposte complete in base alle esigenze personali e familiari. L’equità dell’offerta è infatti garantita non da un credito welfare fisso per categoria, ma da set di servizi diversificati in base ai bisogni delle persone. Risulta fondamentale offrire online ai collaboratori anche un’adeguata formazione sull’utilizzo dei programmi di welfare aziendale ed una guida per individuare le soluzioni più idonee, valutando anche le misure di welfare del territorio. Va sicuramente riorientata la spesa del welfare aziendale su servizi per il disbrigo di pratiche e commissioni e per la prevenzione medica; si possono consigliare servizi di supporto psicologico online per i dipendenti e i suoi familiari.  Va sostenuta la collaborazione tra l’azienda e le reti di servizi sociali sul territorio, questo sarebbe un ottimo segnala per la collettività.

 

Giordano Fatali, presidente HRC Community

Marcello Presicci, public affairs director HRC Community

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