(Raddi) Zephiro Investments: quali azioni dovrebbero fare le imprese per sopravvivere in tempi di emergenza? Ne parliamo con Franco Raddi, partner e fondatore di Zephiro Investments
“In questo scenario economico complesso ed incerto, le imprese sono chiamate a fare scelte necessarie per la propria crescita o per la propria sopravvivenza. Probabilmente l’opzione più semplice ed immediata risulta quella dell’attendismo, che posticipa le decisioni in attesa di poter verificare tutti gli effetti, sull’economia in generale e sul settore di appartenenza, generati da eventi significativi quali ad esempio la pandemia o la guerra in corso sul suolo europeo. Questo però richiede tempi non sempre compatibili con le necessità aziendali imposte dal mercato e dalla crescente concorrenza. Al contrario, come anche testimonia l’analisi di comportamenti seguiti da molti investitori in momenti di crisi, è proprio in questi contesti che occorre assumere decisioni circa le strategie di sviluppo e di investimento da seguire”. A dirlo è Franco Raddi, partner e fondatore di Zephiro Investments, boutique di advisory ed investment company indipendente specializzata nell’attività di consulenza in operazioni di finanza strategica.
Dott. Raddi, qual è il reale impatto della guerra in Ucraina sulle scelte industriali delle nostre aziende?
La dimensione delle conseguenze derivanti dal confronto bellico risulta complessa da individuare in quanto dipende e dipenderà da come e quando la guerra terminerà. Agli effetti immediati, imputabili all’instabilità collegata ai conflitti in genere, si è aggiunta un’ulteriore accelerazione della dinamica dei prezzi, soprattutto nel settore energia e materie prime, che già era in una fase di crescita in seguito alle politiche adottate dalle banche centrali e per le strozzature nella supply chain globale, determinatesi a causa dello sbilanciamento tra domanda ed offerta per la rapida ripresa delle attività economiche post lockdown. I risvolti di scelte produttive ed industriali, che devono tener conto dell’attuale contesto ed anche delle scelte adottate da numerosi Paesi, potrebbero non essere del tutto negativi. Infatti, la necessità di rivedere la catena di fornitura globale, potrebbe accelerare il processo di reshoring già iniziato durante la pandemia, con effetti positivi su alcune economie occidentali che avevano spostato all’estero diverse produzioni rendendole di fatto dipendenti dagli eventi politici propri di alcune aree. Effetti positivi evidentemente anche sul piano del welfare e dell’occupazione.
Reshoring, ovvero nazionalismo di ritorno? Un rigurgito autarchico?
L’autarchia mal si sposa con le buone leve dell’economia. Il reshoring va inteso come rientro di attività produttive precedentemente localizzate in specifici Paesi, ma anche come possibilità di accorciare la catena di fornitura, sia in termini di riduzione della filiera che di avvicinamento geografico, tramite la localizzazione in Paesi vicini o di diversificazione delle localizzazioni produttive e di fornitura tra diverse aree. Questo può consentire di ridurre i rischi di effetti derivanti da eventi geopolitici, di ridurre i tempi di fornitura e di creare una rete-filiera maggiormente affidabile. Rimane l’aspetto della disponibilità delle materie prime ma questo è un altro tema.
Sarà la fine della globalizzazione?
Il mercato sarà forse meno globalizzato in un futuro prossimo ma sicuramente non meno concorrenziale, sia per il contesto di crisi in cui si muoverà sia per l’impatto che avrà l’utilizzo di nuove tecnologie. Gli investimenti delle imprese devono dunque mirare principalmente a migliorare le loro capacità d’innovazione tecnologica, produttiva e di processo.
Dunque come rimanere competitivi in questo nuovo mondo?
Le imprese devono mirare a rafforzare le proprie dimensioni per poter sfruttare al meglio le economie di scala e le sinergie produttive e commerciali. Il cambiamento dimensionale, al fine di sfruttare anche il fattore tempo, deve essere realizzato soprattutto tramite acquisizioni di realtà aziendali che portano con sé effetti sinergici, che rafforzano la propria filiera produttiva o che possono accelerare lo sbarco su nuovi mercati sia dal punto di vista geografico che di prodotto/servizio. Inoltre, le operazioni di M&A permettono alle imprese di sfruttare la possibilità di disporre immediatamente di risorse umane specializzate e di alcune capacità manageriali (basti pensare al settore ICT) non facili da trovare ed assumere soprattutto in questi contesti. In alternativa o in aggiunta alle operazioni di M&A, occorre realizzare accordi strategici di filiera e/o di settore per cogliere opportunità che solo la maggiore dimensione può offrire.
E le Pmi?
Tali scelte sono necessarie sia per le aziende di grandi dimensioni, per diventare ancor più grandi, più internazionali e più competitive, ma anche e soprattutto per le PMI, per non subire supinamente gli effetti negativi dell’attuale andamento economico, dei cambiamenti nello scenario globale, per non farsi schiacciare dalla concorrenza o influenzare solo in senso negativo dalle fibrillazioni del mercato. Le PMI, in particolare, per perseguire una strategia d’investimento, per rafforzarsi dimensionalmente, per migliorare le performance operative, devono saper sfruttare al meglio le proprie disponibilità finanziarie, oltre che reperire sul mercato dei capitali nuove risorse, facendo ricorso a strumenti compatibili con le proprie capacità di leva finanziaria.
Una vera e propria rivoluzione culturale, considerato che la maggior parte delle Pmi italiane sono a conduzione familiare
La regola, oltre che necessità, di diversificare le fonti di finanziamento e di rafforzare la struttura patrimoniale deve spingere le imprese a valutare anche l’apertura del proprio capitale all’ingresso di nuovi soci-investitori, sia industriali che finanziari, o meglio ad avviare un percorso volto a raccogliere risorse che il mercato dei capitali mette a disposizione, utilizzando ad esempio lo strumento della quotazione su mercati finanziari. Per un’impresa adottare soluzioni finanziarie sia di debito che di equity, deve significare fare un salto culturale con riferimento ad alcuni aspetti fondamentali che ogni imprenditore ed investitore guarda e deve guardare con estrema attenzione.
Ludovica Urbani
17 Giugno2022
Protagonisti, Commenti e interviste
Raddi (Zephiro Investments): “Per una rivoluzione nelle PMI italiane: reshoring opportunità per occupazione e welfare”
(Raddi) Zephiro Investments: quali azioni dovrebbero fare le imprese per sopravvivere in tempi di emergenza? Ne parliamo con Franco Raddi, partner e fondatore di Zephiro Investments
“In questo scenario economico complesso ed incerto, le imprese sono chiamate a fare scelte necessarie per la propria crescita o per la propria sopravvivenza. Probabilmente l’opzione più semplice ed immediata risulta quella dell’attendismo, che posticipa le decisioni in attesa di poter verificare tutti gli effetti, sull’economia in generale e sul settore di appartenenza, generati da eventi significativi quali ad esempio la pandemia o la guerra in corso sul suolo europeo. Questo però richiede tempi non sempre compatibili con le necessità aziendali imposte dal mercato e dalla crescente concorrenza. Al contrario, come anche testimonia l’analisi di comportamenti seguiti da molti investitori in momenti di crisi, è proprio in questi contesti che occorre assumere decisioni circa le strategie di sviluppo e di investimento da seguire”. A dirlo è Franco Raddi, partner e fondatore di Zephiro Investments, boutique di advisory ed investment company indipendente specializzata nell’attività di consulenza in operazioni di finanza strategica.
Dott. Raddi, qual è il reale impatto della guerra in Ucraina sulle scelte industriali delle nostre aziende?
La dimensione delle conseguenze derivanti dal confronto bellico risulta complessa da individuare in quanto dipende e dipenderà da come e quando la guerra terminerà. Agli effetti immediati, imputabili all’instabilità collegata ai conflitti in genere, si è aggiunta un’ulteriore accelerazione della dinamica dei prezzi, soprattutto nel settore energia e materie prime, che già era in una fase di crescita in seguito alle politiche adottate dalle banche centrali e per le strozzature nella supply chain globale, determinatesi a causa dello sbilanciamento tra domanda ed offerta per la rapida ripresa delle attività economiche post lockdown. I risvolti di scelte produttive ed industriali, che devono tener conto dell’attuale contesto ed anche delle scelte adottate da numerosi Paesi, potrebbero non essere del tutto negativi. Infatti, la necessità di rivedere la catena di fornitura globale, potrebbe accelerare il processo di reshoring già iniziato durante la pandemia, con effetti positivi su alcune economie occidentali che avevano spostato all’estero diverse produzioni rendendole di fatto dipendenti dagli eventi politici propri di alcune aree. Effetti positivi evidentemente anche sul piano del welfare e dell’occupazione.
Reshoring, ovvero nazionalismo di ritorno? Un rigurgito autarchico?
L’autarchia mal si sposa con le buone leve dell’economia. Il reshoring va inteso come rientro di attività produttive precedentemente localizzate in specifici Paesi, ma anche come possibilità di accorciare la catena di fornitura, sia in termini di riduzione della filiera che di avvicinamento geografico, tramite la localizzazione in Paesi vicini o di diversificazione delle localizzazioni produttive e di fornitura tra diverse aree. Questo può consentire di ridurre i rischi di effetti derivanti da eventi geopolitici, di ridurre i tempi di fornitura e di creare una rete-filiera maggiormente affidabile. Rimane l’aspetto della disponibilità delle materie prime ma questo è un altro tema.
Sarà la fine della globalizzazione?
Il mercato sarà forse meno globalizzato in un futuro prossimo ma sicuramente non meno concorrenziale, sia per il contesto di crisi in cui si muoverà sia per l’impatto che avrà l’utilizzo di nuove tecnologie. Gli investimenti delle imprese devono dunque mirare principalmente a migliorare le loro capacità d’innovazione tecnologica, produttiva e di processo.
Dunque come rimanere competitivi in questo nuovo mondo?
Le imprese devono mirare a rafforzare le proprie dimensioni per poter sfruttare al meglio le economie di scala e le sinergie produttive e commerciali. Il cambiamento dimensionale, al fine di sfruttare anche il fattore tempo, deve essere realizzato soprattutto tramite acquisizioni di realtà aziendali che portano con sé effetti sinergici, che rafforzano la propria filiera produttiva o che possono accelerare lo sbarco su nuovi mercati sia dal punto di vista geografico che di prodotto/servizio. Inoltre, le operazioni di M&A permettono alle imprese di sfruttare la possibilità di disporre immediatamente di risorse umane specializzate e di alcune capacità manageriali (basti pensare al settore ICT) non facili da trovare ed assumere soprattutto in questi contesti. In alternativa o in aggiunta alle operazioni di M&A, occorre realizzare accordi strategici di filiera e/o di settore per cogliere opportunità che solo la maggiore dimensione può offrire.
E le Pmi?
Tali scelte sono necessarie sia per le aziende di grandi dimensioni, per diventare ancor più grandi, più internazionali e più competitive, ma anche e soprattutto per le PMI, per non subire supinamente gli effetti negativi dell’attuale andamento economico, dei cambiamenti nello scenario globale, per non farsi schiacciare dalla concorrenza o influenzare solo in senso negativo dalle fibrillazioni del mercato. Le PMI, in particolare, per perseguire una strategia d’investimento, per rafforzarsi dimensionalmente, per migliorare le performance operative, devono saper sfruttare al meglio le proprie disponibilità finanziarie, oltre che reperire sul mercato dei capitali nuove risorse, facendo ricorso a strumenti compatibili con le proprie capacità di leva finanziaria.
Una vera e propria rivoluzione culturale, considerato che la maggior parte delle Pmi italiane sono a conduzione familiare
La regola, oltre che necessità, di diversificare le fonti di finanziamento e di rafforzare la struttura patrimoniale deve spingere le imprese a valutare anche l’apertura del proprio capitale all’ingresso di nuovi soci-investitori, sia industriali che finanziari, o meglio ad avviare un percorso volto a raccogliere risorse che il mercato dei capitali mette a disposizione, utilizzando ad esempio lo strumento della quotazione su mercati finanziari. Per un’impresa adottare soluzioni finanziarie sia di debito che di equity, deve significare fare un salto culturale con riferimento ad alcuni aspetti fondamentali che ogni imprenditore ed investitore guarda e deve guardare con estrema attenzione.
Ludovica Urbani
TAG:
emergenza coronavirus, emergenza ucraina, zephiro investments, economia finanza
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