Ospitiamo il commento degli avvocati Paolo de Berardinis e Irene Nisio dello Studio de Berardinis-Mozzi che, come fatto da altri esperti di settore, auspicano un consolidamento e estensione della soglia di esenzione dei fringe benefit per una complessiva riforma del sistema
L’art. 40 (“Misure fiscali per il welfare aziendale”) del Decreto Lavoro, appena convertito in Legge (n. 85/2023), ha elevato il limite di esenzione fiscale e contributiva per i fringe benefit.
In particolare, con questa disposizione, è stato previsto che “non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12 (Detrazioni per carichi di famiglia, n.d.a.), comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. […]”.
L’ambito di applicazione della norma è stata, dunque, limitata ai soli dipendenti con figli fiscalmente a carico, con un reddito complessivo non superiore a € 2.840,51, al lordo degli oneri deducibili ovvero € 4.000,00 per i lavoratori con figli di età non superiore a ventiquattro anni (comma 2, art. 12, cit.) e, in ogni caso, esclusivamente per il periodo d’imposta dell’anno 2023.
Viene quindi previsto un periodo transitorio certamente favorevole per aziende e dipendenti, ma soggetto ai predetti limiti e condizioni.
Tale novità pare assolvere ad una doppia finalità: il sostegno al reddito dei lavoratori e l’incoraggiamento dei consumi, sfruttando anche le risorse private delle aziende. Ed invero, un corretto utilizzo da parte delle imprese dei fringe benefit, inseriti in un più ampio contesto di welfare, può rappresentare un utile strumento volto, da una parte, a soddisfare le esigenze dei lavoratori, dall’altra a ridurre il costo del lavoro.
Non è un caso che il fenomeno della contrattazione decentrata in ambito Welfare stia assumendo, negli ultimi anni, dimensioni sempre più rilevanti. La c.d. “detassazione” potrebbe, dunque, ancor più portare in crescita il trend contrattuale, finendo per costituire, come detto, anche un valido strumento di “taglio” del costo del lavoro, ad oggi quanto mai necessario.
Va, peraltro, considerato che la gran parte dei dipendenti ai quali i datori di lavoro hanno proposto piani di Welfare aziendale ha accolto con entusiasmo le soluzioni offerte, avendo percepito in esse la possibilità di migliorare, in generale, il proprio benessere “netto”, favorendo anche la conciliazione dei tempi di lavoro e quelli familiari, nonché ricevendo un sostegno non soltanto sotto l’aspetto lavorativo, ma, altresì, in ambito familiare ovvero sanitario, culturale, etc.
Ed è per tale ragione che si ritiene auspicabile che, con futuri interventi, il Legislatore non soltanto estenda il limite temporale imposto con l’art. 40 e così faccia divenire strutturale ciò che oggi è temporaneo, ma, altresì, possa ampliare la platea dei lavoratori destinatari della misura, anche al fine di evitare disparità di trattamento tra i dipendenti. Si pensi, infatti, che per i soggetti esclusi dall’ “incentivo” resta confermato il limite annuo di esenzione ordinario di 258,23 € (art. 51 TUIR), importo che appare francamente del tutto inadeguato oggigiorno, anche considerando i rincari che, specie negli ultimi tre anni, hanno interessato vari settori (solo per i generi alimentari è stato registrato, secondo i dati Istat, un aumento medio a giugno del corrente anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, dell’11,2%).
Ci si augura, dunque, che, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (imprenditori e sindacati), il Legislatore possa considerare, quanto prima, la necessità di una complessiva riforma del sistema dei fringe benefits, affinché possano realmente costituire una valida opportunità per aziende e dipendenti nell’ambito del welfare aziendale.
Avvocati Paolo de Berardinis e Irene Nisio
Studio de Berardinis-Mozzi
11 Luglio2023
Commenti e interviste
Fringe benefit: per un benessere “netto”, innalzare e consolidare soglia esenzione fiscale
Ospitiamo il commento degli avvocati Paolo de Berardinis e Irene Nisio dello Studio de Berardinis-Mozzi che, come fatto da altri esperti di settore, auspicano un consolidamento e estensione della soglia di esenzione dei fringe benefit per una complessiva riforma del sistema
L’art. 40 (“Misure fiscali per il welfare aziendale”) del Decreto Lavoro, appena convertito in Legge (n. 85/2023), ha elevato il limite di esenzione fiscale e contributiva per i fringe benefit.
In particolare, con questa disposizione, è stato previsto che “non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12 (Detrazioni per carichi di famiglia, n.d.a.), comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. […]”.
L’ambito di applicazione della norma è stata, dunque, limitata ai soli dipendenti con figli fiscalmente a carico, con un reddito complessivo non superiore a € 2.840,51, al lordo degli oneri deducibili ovvero € 4.000,00 per i lavoratori con figli di età non superiore a ventiquattro anni (comma 2, art. 12, cit.) e, in ogni caso, esclusivamente per il periodo d’imposta dell’anno 2023.
Viene quindi previsto un periodo transitorio certamente favorevole per aziende e dipendenti, ma soggetto ai predetti limiti e condizioni.
Tale novità pare assolvere ad una doppia finalità: il sostegno al reddito dei lavoratori e l’incoraggiamento dei consumi, sfruttando anche le risorse private delle aziende. Ed invero, un corretto utilizzo da parte delle imprese dei fringe benefit, inseriti in un più ampio contesto di welfare, può rappresentare un utile strumento volto, da una parte, a soddisfare le esigenze dei lavoratori, dall’altra a ridurre il costo del lavoro.
Non è un caso che il fenomeno della contrattazione decentrata in ambito Welfare stia assumendo, negli ultimi anni, dimensioni sempre più rilevanti. La c.d. “detassazione” potrebbe, dunque, ancor più portare in crescita il trend contrattuale, finendo per costituire, come detto, anche un valido strumento di “taglio” del costo del lavoro, ad oggi quanto mai necessario.
Va, peraltro, considerato che la gran parte dei dipendenti ai quali i datori di lavoro hanno proposto piani di Welfare aziendale ha accolto con entusiasmo le soluzioni offerte, avendo percepito in esse la possibilità di migliorare, in generale, il proprio benessere “netto”, favorendo anche la conciliazione dei tempi di lavoro e quelli familiari, nonché ricevendo un sostegno non soltanto sotto l’aspetto lavorativo, ma, altresì, in ambito familiare ovvero sanitario, culturale, etc.
Ed è per tale ragione che si ritiene auspicabile che, con futuri interventi, il Legislatore non soltanto estenda il limite temporale imposto con l’art. 40 e così faccia divenire strutturale ciò che oggi è temporaneo, ma, altresì, possa ampliare la platea dei lavoratori destinatari della misura, anche al fine di evitare disparità di trattamento tra i dipendenti. Si pensi, infatti, che per i soggetti esclusi dall’ “incentivo” resta confermato il limite annuo di esenzione ordinario di 258,23 € (art. 51 TUIR), importo che appare francamente del tutto inadeguato oggigiorno, anche considerando i rincari che, specie negli ultimi tre anni, hanno interessato vari settori (solo per i generi alimentari è stato registrato, secondo i dati Istat, un aumento medio a giugno del corrente anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, dell’11,2%).
Ci si augura, dunque, che, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (imprenditori e sindacati), il Legislatore possa considerare, quanto prima, la necessità di una complessiva riforma del sistema dei fringe benefits, affinché possano realmente costituire una valida opportunità per aziende e dipendenti nell’ambito del welfare aziendale.
Avvocati Paolo de Berardinis e Irene Nisio
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