Welfare aziendale: le big four sono ancora tiepide sul tema ma alla fine vince chi offre servizi come accade per Willis Tower Watson. Marco Barbieri, direttore di WeWelfare, ne parla nel Dossier Welfare de Il Messaggero pubblicato lo scorso 25 settembre
Per Kpmg il welfare è un territorio consolidato di consulenza per il change management dei grandi enti
pubblici. “Stiamo dando una mano a enti governativi e policy maker in tutta Europa per studiare
l’evoluzione del sistema di welfare” spiega Fabio Comba capo delle Risorse umane di Kpmg Italia. Ma di
welfare aziendale in Kpmg parlano soprattutto per disegnare la loro case history: con cinquemila
dipendenti di un’età media sotto i 30 anni “non siamo un campione rappresentativo dell’universo delle
aziende italiane, nemmeno di quelle del comparto dei servizi, magari rappresentiamo quello che le altre
diventeranno fra qualche anno” aggiunge Comba con un pizzico di orgoglio. “I nostri collaboratori
prediligono l’engagement su tematiche attuali: sono sensibili a campagne sull’alimentazione consapevole,
sul volontariato, sulla sostenibilità sociale e ambientale, sullo sport e sul benessere. Ma se si tratta di
benefit preferiscono quasi sempre denaro in busta paga”.
Del welfare aziendale le big four non se ne sono innamorate. Ma non è così in tutto il mondo della
consulenza. “E si spiega il perché – argomenta Cesare Lai, capo della divisione Health&Benefits di Willis
Towers Watson – loro vendono solo consulenza, noi offriamo anche soluzioni. La normativa che si è
sedimentata dal 2016 in poi, ha definito il disegno. Le aziende hanno bisogno di strumenti”.
Willis Towers Watson (Wtw) è una società leader a livello globale nella consulenza, nel brokeraggio e
nell’offerta di soluzioni che aiutino i clienti di tutto il mondo “a trasformare il rischio in un percorso di
crescita”. In Italia è tra i soci fondatori dell’associazione italiana welfare aziendale (Aiwa) e tra i primi
soggetti che hanno accompagnato le aziende clienti verso le nuove frontiere del welfare aziendale.
Consulenza, soluzioni e molta analisi dei dati che emergono dal terreno. Una recente indagine, comunicata
questa estate, fotografa alcune delle tendenze del consumo di welfare nelle imprese italiane: “I dipendenti
italiani preferiscono spendere subito il budget a loro disposizione nel piano di welfare aziendale piuttosto
che investire nei fondi di previdenza complementare”. L’analisi è stata condotta su un campione di circa
78.000 dipendenti di 261 aziende multinazionali e italiane, di medie e grandi dimensioni, appartenenti a
differenti settori merceologici.
Su un budget totale a disposizione di circa 30 milioni di euro1, il 45% è stato destinato all’acquisto di
prodotti a catalogo come buoni spesa (56%) e attività ricreative come viaggi e palestra (44%), il 30% per
servizi a rimborso e il 13% per prestazioni sanitarie. Solo il 12% è stato investito nei fondi di previdenza
complementare cui il dipendente è iscritto, a dimostrazione che è necessaria una maggiore
sensibilizzazione su questo tema. Tuttavia, chi ha scelto la previdenza, lo ha fatto in modo consapevole,
versando mediamente il 63% del budget a sua disposizione. “Un buon piano di welfare non può prescindere
da uno sforzo continuo di comunicazione – spiega Lai – il piano di welfare deve perseguire un obiettivo
aziendale e per conseguirlo deve essere sostenuto, indirizzato, comunicato bene”.
Il welfare aziendale diventa veicolo per una contaminazione territoriale. Che si tratti di welfare on top o
derivante dalla conversione di premi di risultato l’esperienza di Wtw insegna che non è un problema
dimensionale per l’azienda: “Ci sono stati casi di proficua collaborazione territoriale tra aziende con 10
dipendenti e quelle con qualche migliaio – conclude Lai – ma un tavolo di lavoro comune, nelle aree in cui
sono insediate le imprese, fornisce una strada per crescere, per tutti”.
Marco Barbieri
Le nuove dinamiche del welfare aziendale: l’integrazione dei public benefit
Agosto 28, 2024