A partire da domani, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sarà attiva la nuova policy introdotta da Kellanova a favore dei dipendenti vittime di o sopravvissuti ad abusi. Intervista a Vittoria Mazzanti, HR Business Partner Italy di Kellanova
Come è nata la pianificazione di un simile progetto di tutela: avete intercettato un bisogno o lo avete improntato a priori ritenendolo necessario?
Domani, sabato 25 novembre, sarà la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e la nostra azione si configura all’interno di un contesto di cui conosciamo bene i dati allarmanti e preoccupanti: 1 donna su 3 subisce violenza almeno una volta nella vita, solo l’11% denuncia e il 40% non parla con nessuno di ciò che ha subito. Vogliamo quindi rispondere a un bisogno sociale calandolo all’interno del nostro contesto aziendale nel quale questo insieme di misure si aggiunge a una pianificazione welfare già strutturata. Per noi è un orgoglio essere tra le prime aziende italiane a implementare questa policy ancora non codificata dal diritto del lavoro; è un’attenzione ulteriore che vogliamo offrire al nostro personale affinché il posto di lavoro sia il più inclusivo e sicuro possibile.
Approfondiamolo nel dettaglio: quali sono le misure di sostegno in caso si sia vittima di violenza e qual è la prassi che si attiva?
Riconoscere l’abuso è il primo passo per richiedere aiuto. Le misure e le attività che mettiamo in atto si strutturano attorno a tre cluster specifici: maggiore flessibilità lavorativa e la possibilità di richiedere fino a dieci giorni di congedo retribuito aggiuntivo senza dover specificare la motivazione; supporto legale e finanziario per pagare la prima ora di assistenza forense e un contributo una tantum per far fronte ad altre spese come l’apertura di un nuovo conto bancario; e, quello che secondo noi è più importante, poter accedere gratuitamente a un servizio di consulenza psicologica attivo 24/7. Le due parole chiave nell’attuazione di queste misure sono privacy e riservatezza.
Secondo le rilevazioni Istat, “la violenza di genere è un fenomeno ancora sommerso, è elevata, infatti, la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita (il 28,1% nel caso di violenze da partner, il 25,5% per quelle da non partner), di chi non denuncia (i tassi di denuncia riguardano il 12,2% delle violenza da partner e il 6% di quelle da non partner)”. Il vostro modello di ascolto in che modo auspicate possa porsi in dialogo con il silenzio e l’isolamento che scaturiscono come reazione agli atti subiti?
Vogliamo garantire un ambiente di lavoro sicuro e di protezione, nel quale le persone possano riporre fiducia e sentano di poter chiedere l’aiuto e il supporto di cui hanno bisogno. A questa finalità si rivolge la policy, per permettere la libera espressione della difficoltà e del trauma che si sta vivendo nella piena riservatezza. Inoltre, in questo modo, la persona non si allontana dalla sua occupazione, non perde il contatto con la propria quotidianità e quindi con la propria indipendenza economica.
La denuncia non è, purtroppo, la risoluzione del problema, ma solo il primo, difficilissimo, passo da compiere. A seguito della denuncia, la vittima è infatti più esposta e rischia di essere lasciata sola. L’assistenza da voi attivata in che modo considera questo aspetto e come si pone in continuità con l’iter penale e processuale?
Come datrici e datori di lavoro possiamo e dobbiamo agire intenzionalmente per creare un ambiente sicuro e protetto in ufficio. Con l’approvazione di questa policy, speriamo di incoraggiare i dipendenti che hanno subito o stanno subendo abusi domestici a chiedere l’aiuto e il supporto di cui hanno bisogno ma non ci sostituiamo in alcun modo all’iter processuale garantito dagli organi preposti. La nostra è una misura aggiuntiva e parallela affinché le persone possano decidere come esprimersi in azienda secondo ciò di cui hanno più bisogno.
La collaborazione con WeWorld ha permesso di supportare 20 donne beneficiarie nell’area di Milano. Come si struttura questa forma di welfare territoriale, chi può accedervi e come?
Siamo orgogliosi della partnership con WeWorld nell’ambito del programma nazionale chiamato Spazio Donna attivato nel 2014. Attraverso attività di supporto psicologico, miglioramento delle relazioni sociali, orientamento lavorativo, contribuiamo ad aumentare l’empowerment femminile quale via primaria per la prevenzione e l’emersione della violenza di genere. Abbiamo garantito supporto a 20 donne nell’area della città di Milano offrendo loro 5 incontri formativi della durata di 2 ore. Questi percorsi sono orientati però non solo al reinserimento lavorativo ma anche alla sfera personale, per fornire alle donne gli strumenti per prendersi cura di sé stesse e anche dei propri figli e figlie.
Lucia Medri
Le nuove dinamiche del welfare aziendale: l’integrazione dei public benefit
Agosto 28, 2024