Job hopping secondo Reverse: Millennial e GenZ puntano sul cambiare spesso lavoro per la crescita personale, professionale ed economica
Job Hopping è la tendenza a cambiare spesso lavoro per ottenere una migliore condizione lavorativa ed economica. Secondo una ricerca condotta dall’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (Anpal – Il Sole24ore, 2023), il numero di lavoratori che hanno cambiato azienda almeno due volte in un periodo di 24 mesi è in considerevole aumento. Un trend confermato anche da un recente report di LinkedIn che ha registrato una media di 4,2 posti di lavoro tra Millennial e GenZ nei primi 10 anni della loro carriera. Secondo l’esperienza di Reverse – società internazionale di headhunting e HR – fino a non troppo tempo fa nel nostro Paese la permanenza breve nelle aziende veniva identificata come una mancanza di affidabilità, oggi invece le aziende stanno iniziando a comprenderne l’origine e a sospendere il giudizio sui candidati che la praticano.
“Il tessuto aziendale in Italia è caratterizzato da piccole e medie imprese che sono per lo più a conduzione famigliare, legate a una tradizione di lavoratori che trascorrono la propria carriera in un unico posto” commenta Silvia Fiori, Executive di Reverse “ciò porta a un preciso mindset: sia Boomer sia Generazione X – entrate nel mondo del lavoro quando esisteva ancora il “posto fisso” – hanno sempre considerato la lunga permanenza in azienda come un indicatore di professionalità e serietà, e i cambi come un chiaro segnale di inaffidabilità”.
Ad oggi è evidente come vi siano difficoltà nel reperimento di personale soprattutto nei settori IT, tech e ingegneristico, poiché vi sono numerose offerte e i candidati hanno molte opportunità tra cui scegliere. Qui la scarsità di figure professionali facilita il job hopping, perché la domanda supera l’offerta, a differenza di settori come quello bancario dove la digitalizzazione ha ridotto le richieste lavorative e dunque domanda-offerta sono ben bilanciate. In ogni caso, si nota come il fenomeno non sia ancora così diffuso come all’estero proprio per la presenza di barriere culturali che invece hanno sempre premiato la stabilità.
Le aziende devono necessariamente confrontarsi con un sistema valoriale in cambiamento – dove i professionisti chiedono compensi adeguati, maggiori opportunità di carriera e un ambiente favorevole al work-life balance – non è più possibile prescindere da questa necessità. La chiave, in una fase di svolta secondo Reverse, è proprio nel ruolo dei recruiters e dei professionisti delle risorse umane che diventano veri e propri mediatori culturali. Non solo in fase di ricerca e assunzione, ma anche durante l’intero percorso lavorativo all’interno dell’impresa andando così a coniugare sostenibilità aziendale e soddisfazione personale, anche di Millennial e GenZ. É questa la sfida oggi giorno per la creazione di un ecosistema collaborativo che non sia più ancorato a un vecchio modello di impresa che inizia a non essere più così efficace.
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Novembre 18, 2024