Serenis, la tech company per il benessere mentale accessibile, ha elaborato dieci consigli e indicazioni per chi sta pensando di affidarsi a un supporto psicologico per la prima volta, anche attraverso una piattaforma di terapia a distanza
Serenis, la startup che ospita al suo interno oltre 400 psicoterapeuti – professionisti che hanno terminato la specializzazione in psicoterapia – si è posta fin da subito l’obiettivo di demolire del tutto i tabù che ancora persistono sul tema e di fare chiarezza sugli aspetti che bisogna tenere in considerazione se si vuole approcciare per la prima volta la psicoterapia:
1. Privacy e ambiente confortevole sono due elementi che non possono mancare durante un percorso di psicoterapia (anche da remoto), soprattutto agli inizi, quando si deve ancora entrare in confidenza con il proprio interlocutore: così facendo ci si potrà raccontare in tranquillità, senza il timore di essere ascoltati.
2. Dimostrarsi propensi al cambiamento per costruire quella che è anche nota come alleanza terapeutica, ovvero la solida collaborazione tra specialista e paziente, che insieme lavorano per raggiungere gli obiettivi prefissati. Cercare supporto in qualcun altro presuppone molto coraggio in chi opera questa scelta, perché implica la possibile messa in discussione di punti fermi e regole della vita di ognuno di noi: per questo è importante che la seduta psicoterapeutica rappresenti un luogo sicuro in cui aprirsi, svelare esperienze e fragilità che in altri contesti si terrebbero nascoste e dare inizio a un percorso privo di pregiudizi e soggettività al fianco di un professionista.
3. Ridurre la luminosità sullo schermo (se da remoto) potrebbe sembrare un consiglio secondario, eppure è di fondamentale importanza perché permette di creare un ambiente favorevole nel contesto in cui ci si trova e di non stancare troppo gli occhi nel corso della seduta.
4. Comodità, prima di tutto. Trovare una postazione comoda, qualunque essa sia, consente a chi parla di essere a proprio agio e non avere altri pensieri, mantenendo così la concentrazione solo sul discorso.
5. Parlare di pancia, sempre. Specie nel primo incontro, è molto importante lasciarsi andare alle proprie sensazioni, dubbi o paure, raccontando che cosa ha portato a intraprendere questo percorso e ricordando che non ci sono risposte giuste o sbagliate.
6. Prendersi il proprio tempo: non esistono tempi prestabiliti nel supporto psicologico, ma ognuno ha il proprio orologio e non è mai necessario, né efficace, correre, cercando invece di assecondare i propri bisogni e superare gli ostacoli un passo dopo l’altro.
7. Qualcosa non funziona? Niente paura. Può capitare, come nella vita, di trovarsi di fronte a qualcuno con cui “non scatta la scintilla” e di avere la sensazione che qualcosa non vada. Il problema non è necessariamente il terapeuta, o la sua professionalità, ma semplicemente potrebbe mancare l’alchimia e di conseguenza un rapporto di fiducia, senza il quale è complicato continuare. Parlarne con il proprio terapeuta e vocalizzare le proprie sensazioni è il primo passo per provare a trovare un punto di incontro da cui ripartire.
8. Fiducia, fiducia, fiducia. Come anticipato, non è detto che la prima volta sia quella buona e potrebbe succedere di sentirsi persi, fuori posto o davanti alla persona sbagliata. Spesso, però, a fare la differenza è il tempo ed è attraverso il dialogo con il terapeuta che il paziente può trovare la chiave per ridurre gli attriti e instaurare un rapporto di fiducia. Non esiste una ricetta universale, perché ognuno ha le proprie esperienze di vita e storie personali, per cui ogni dialogo è unico e a sé stante.
9.Serenis pensa anche a tutti coloro che non hanno ricevuto il bonus psicologico – che ha però potuto coprire solo 41.000 domande delle quasi 400.000 arrivate (circa 1 su 10) – ma sentono la necessità di ricevere cure e non possono permettersi i costi di una terapia, indirizzandoli verso alcuni enti che prestano servizi di supporto gratuito. Per tutti i maggiorenni ci sono il Progetto Itaca, al numero 800 274 274, e quello della Croce Rossa, al 1520, linee d’ascolto gratuite di supporto psicologico attive 24 ore su 24. Per i minorenni, invece, sempre gratuitamente, oltre alla rete nazionale dei consultori, che non prestano servizio solo alle donne, in Italia è sempre attivo anche il Telefono Azzurro (dai 13 ai 18 anni), al numero 19696 con anche la chat
10. Per le donne, oltre al Progetto Itaca, Croce Rossa e i consultori italiani, c’è anche MamaChat, un canale gratuito e anonimo per orientarsi nel proprio problema.
CONTESTO E DATI
Secondo il Rapporto sulla salute mentale del Ministero della Salute 2022, relativo all’anno 2020, sono oltre 700.000 gli assistiti da servizi specialistici, con una percentuale maggiore nel caso di pazienti di sesso femminile (53,6%). Dati che differiscono anche in relazione all’età, che riflette l’invecchiamento generale della popolazione: quasi il 70% dei pazienti risulta avere più di 45 anni, mentre la maggior concentrazione si ha nella fascia 45-54 e 55-641. Nonostante i numeri dipingano un quadro piuttosto chiaro, in cui le persone entrate per la prima volta in contatto con uno specialista nel 2020 sono oltre 200.000, gli investimenti pubblici in questa direzione continuano a scarseggiare, a discapito soprattutto delle nuove generazioni, sempre più aperte e bisognose di questo genere di opportunità. Tra carenza di personale e mancanza di fondi, un settore già messo in ginocchio dal biennio pandemico rischia ora di subire un altro grande colpo, poiché gli investimenti, che avrebbero dovuto raggiungere almeno il 5% del fondo sanitario nazionale, sono crollati al 2,75% nel 20202, insieme all’aumento delle persone in necessità non solo tra il 2018 e il 2020, ma verosimilmente anche nei due anni successivi non ancora censiti, durante i quali la popolazione mondiale si è trovata a dover affrontare i danni provocati dal Covid-19.
Commenta così Silvia Wang, in relazione al bonus e in generale al tema del benessere mentale in Italia: “È un’iniziativa benintenzionata, ma a nostro giudizio rivela alcuni problemi culturali. Il primo: lo Stato pensa di risolvere il problema della salute mentale dando un bonus, come se la salute mentale fosse accessoria. In realtà, la salute mentale dovrebbe avere la stessa dignità di ogni altra questione sanitaria, quindi essere offerta gratuitamente in forma pubblica. Il secondo: la mancanza di consapevolezza. L’iniziativa, per com’è stata pensata, presenta molte note stonate: un meccanismo farraginoso, risorse ripartite per popolazione invece che per bisogno e tempi lunghissimi. Persino il nome è improprio: il bonus psicologo non può essere usato da uno psicologo, inoltre psicologo e psicoterapeuta non sono sinonimi. Anche per noi che ci lavoriamo dentro non è facile orientarsi tra la terminologia, i confini tra le professioni e le aree di intervento. Il problema è sempre lo stesso: manca la cultura”.
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