Campagna ENPAP “Stare bene, fare meglio”: gli effetti della pandemia rallentano il processo decisionale
La campagna ENPAP “Stare bene, fare meglio” #starebenefaremeglio, in uno dei frame dello spot recita “Aiuta a fare le scelte giuste, ma non è un interior designer”, è lo psicologo. Quanto la pandemia ha influito sul fare le scelte giuste e sul tempo dedicato a prendere una decisione? «Indubbiamente tanto. Con tutta l’incertezza che il Covid ha trascinato nelle nostre vite è cresciuta la difficoltà a trovare punti di riferimento stabili, dentro e fuori di noi. Ed è aumentata la sensazione di non riuscire a padroneggiare la complessità di un mondo ancora più inquieto e imprevedibile di prima, mentre i social continuano a chiederci di mostrare sempre e solo i nostri lati migliori, anche se siamo stravolti. Le pressioni ci caricano di tensione e ci rendono ancora più difficile individuare la direzione da prendere. Ma sono condizioni che la pandemia ha solo esasperato, non indotto. Da anni le nostre indagini sui nuovi bisogni psicologici indicano nei vissuti di impotenza, insoddisfazione e solitudine le difficoltà più importanti con cui gli italiani fanno i conti», premette Felice Damiano Torricelli, presidente dell’Ente di Previdenza degli Psicologi. «La precarietà che ha invaso tutti gli ambiti che danno senso e direzione alla vita, da quelli lavorativi a quelli relazionali e valoriali, ci fa sentire spesso incapaci di prendere decisioni adeguate e può bloccarci. E la mancanza di relazioni disponibili all’ascolto, capaci di aiutarci a fare chiarezza nei momenti di passaggio della nostra vita, ci lascia soli e smarriti di fronte alle scelte più importanti. In questi momenti il supporto professionale di uno psicologo può essere quello che serve per riprendere il cammino».
Ciò che rende difficile il prendere una decisione, molto spesso è l’avvilupparsi in pensieri ridondanti, ripetitivi, su condizionamenti e aspettative sociali, che non fanno altro che annebbiare il fare la scelta giusta per sé. C’è però una buona notizia: prendere decisioni è un processo. Sì, a volte complesso, ma se lo si conosce si può fare meglio di quanto si è fatto fino a questo momento. «Il prendere una decisione segue delle fasi. La prima è sciogliere il nodo della confusione iniziale, uno stato frustrante che genera insoddisfazione, che può essere sia una risorsa che attiva il cambiamento desiderato sia una generatrice di situazioni molto critiche. Ci sono, infatti, persone che si penalizzano per non essere in grado di uscire fuori dall’impasse data dalla frustrazione. In questa fase lo psicologo potrebbe dare un grande contributo per gestire il malessere. La seconda fase è quella dell’attivazione, in cui si inizia a guardarsi intorno, a cercare informazioni, sia su di sé che sulla realtà esterna che bisogna affrontare. Il terzo step è quello del distacco emotivo: passo necessario, perché quando ci sono tante decisioni da prendere può presentarsi l’ansia che mette in standby lo svolgersi del processo decisionale. L’ultima fase è quella della soluzione, in cui si ha il tempo di razionalizzare tutto il processo emotivo vissuto e si procede alla scelta», afferma Giovanna Giuffredi, psicologa, life e business coach, CEO di Life Coach Italy. «Il prendere decisioni è un processo graduale, che richiede tempo e spazio per leggersi dentro e leggere anche la realtà esterna. Bisogna mediare tra le due cose, e un aiuto esterno potrebbe essere necessario in alcuni casi», sottolinea Giovanna Giuffredi.
«È bene fare una precisazione: lo psicologo non fa scelte al posto della persona che sta seguendo, non condiziona né interferisce in nessun modo. Noi partiamo dal presupposto che le persone abbiano già dentro di sé tutte le risposte, dobbiamo solo aiutarle a trovarle. Quello che noi possiamo fare è aiutare a focalizzare la direzione, iniziando a ragionare sulla situazione desiderata. In sostanza, lo psicologo aiuta a definire gli elementi fondamentali come le potenzialità, il riconoscimento della capacità personali che casomai la persona non ha ancora sperimentato. C’è chi ha grandi risorse in alcuni ambiti che però non sa metterle a servizio in altri. Per esempio, c’è chi è molto organizzato nel lavoro, ma non lo è affatto nella vita privata. Com’è possibile? Noi aiutiamo ad avere una visione più completa di sé. E questo, tra l’altro, agevola e velocizza il processo decisionale», conclude Giuffredi.
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