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29 Novembre 2022

Welfare, Enzo De Fusco: “Il Paese ha bisogno di un welfare che funzioni”

Quanto è importante la soddisfazione del lavoratore che si traduce, poi, in termini di produttività? Cosa manca e cosa si potrebbe fare per migliorare il welfare aziendale? Ne parliamo con Enzo De Fusco, consulente del lavoro, fondatore della “De Fusco Labour & Legal” e Docente a contratto Università Roma Tre in Analisi delle retribuzioni e costo del lavoro

I lavoratori più sereni sono più produttivi. Conferma?

La storia sulla gestione delle risorse umane stabilisce proprio questo principio. I lavoratori motivati e sereni sono anche più produttivi. Poi c’è anche una corrente di pensiero, a cui io non aderisco, che ritiene la motivazione e il benessere un fattore secondario.

In tema welfare, quanto pesa la leva fiscale e quanto invece l’aspetto culturale di sostegno ai lavoratori?

Il Paese ha bisogno di un welfare che funzioni per creare sviluppo e benessere. Non si può attendere un anno per fare una TAC. Se questo servizio, invece, lo programmi all’interno di una piattaforma di welfare aziendale, ci vogliono 5 giorni. Questo aspetto è facile e veloce da capire. E per questo che i lavoratori sempre di più ogni anno preferiscono avere dal datore di lavoro qualche euro in meno sullo stipendio a vantaggio di un sistema di welfare aziendale efficace che tuteli se stesso e la famiglia. L’aspetto culturale credo che sia superato, perché nel Paese oramai c’è una piena consapevolezza del valore importante che genera il welfare aziendale. La leva fiscale è determinante e bisogna continuare ad investire su questo.

Cosa pensa della Manovra che si appresta ad affrontare l’iter di approvazione in Parlamento?

Penso che la Legge di bilancio 2023 dimostri maturità sul tema. I datori di lavoro virtuosi potranno così riconoscere prima delle festività natalizie un buon pacchetto di servizi e di beni che sarà molto utile ad attenuare il disagio dei lavoratori in questo periodo. Certo, non riguarderà il 100% dei lavoratori italiani, però una buona parte si.

Quali sono le sue proposte per migliorare il welfare aziendale. Ritiene opportuno liberarlo da oneri burocratici inutili e dannosi?

Ci dobbiamo rendere conto che siamo in un’epoca nuova anche sul fronte del welfare, oltre che in tema di smart working, di digitale o di green. I cittadini italiani hanno bisogno di welfare. E allora oltre ad aumentare i tetti di esenzione fiscale è necessario semplificare la normativa. Oggi abbiamo una normativa che disincentiva il welfare. Mette paura alle imprese. Alzare i tetti di esenzione senza semplificare le condizioni per accedere al welfare, rischia di essere inutile. Occorre una norma di due righe che affermi il seguente principio: qualunque bene o servizio offerto dal datore di lavoro alla generalità o categoria di lavoratori è esente da imposte e contributi indipendentemente dagli importi. Oggi ci sono tanti limiti che sono decontestualizzati. Basti pensare che molti italiani hanno un animale domestico e la legge oggi non consente di detassare i servizi resi dal datore di lavoro per attenuare le spese che ogni lavoratore sostiene (e sono molte) per gli amici a quattro zampe. Questa attenzione dovrebbe riguardare tutti, dipendenti, autonomi e i lavoratori coordinati e continuativi.

Con quali politiche dovrebbe intervenire lo Stato per garantire assistenza e benessere dei cittadini? Cosa manca ancora?

Negli anni abbiamo capito che lo Stato non è in grado di organizzare i servizi efficienti per i cittadini. Per questo motivo è necessario che lo Stato favorisca le imprese in grado di farlo. Ad esempio, lo Stato inizi a semplificare la norma per l’apertura di asili nido aziendali fornendo un contributo economico. In questo modo daremo una mano anche alla natalità.

Caterina Somma

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