A seguito dell’acquisizione da parte di Vertus del 100% di GEDI – Gruppo Esperti d’Impresa, discutiamo con Alessandro Ielo, CEO di Vertus, dell’impatto HR nei piani di impresa e di come sta cambiando la formazione all’insegna del reskilling
Vertus opera nel mondo delle crisi industriali con un’azione specifica sulle riconversioni, reindustrializzazioni e ristrutturazioni di impresa. Così come spiegato da Alessandro Ielo, CEO e fondatore della società, le Risorse Umane ricoprono un ruolo determinante in quanto, al momento dell’eventuale rinnovamento post crisi, i lavoratori e lavoratrici delle aziende sono i primi ad essere colpiti/e. L’investimento in GEDI – Gruppo Esperti d’Impresa si configura dunque come un ulteriore allargamento delle attività di Vertus anche in relazione alla consulenza operativa, HR / temporary management e reskilling.
Quanto pesano le Risorse Umane nei piani di consulenza di impresa?
Iniziamo coi macro numeri. Il mercato della consulenza d’impresa pesa nel 2019 (dati assoconsult 2020) circa 4,8 € bn (in crescita di circa il 7%, nonostante la situazione di crisi) dove le risorse umane contano per circa l’12.5%, quindi parliamo di un settore che vale circa 600 M € / anno di servizi di consulenza. Negli ultimi anni i servizi HR (Formazione, Risorse umane & Change) sono cresciuti dinamicamente.
La persona è portatrice di un valore individuale fatto di competenze, attitudini, potenzialità che costituiscono, da sempre, uno degli asset fondamentali e dei fattori critici di successo del “fare impresa”. Un buon piano di consulenza d’impresa – così come avviene per gli altri assi strategici, p.e. quello finanziario – non può prescindere dall’accurata analisi e valorizzazione delle Risorse Umane, il cui allineamento e potenziamento costituisce lo snodo cruciale su cui si gioca lo sviluppo virtuoso di business e, di conseguenza, un risultato d’impresa che sia duraturo nel tempo.
L’emergenza sanitaria ha dato maggiore attenzione alle HR?
Per fare impresa di successo bisogna avere un’accurata gestione delle persone. Certamente l’emergenza che stiamo vivendo ha fatto emergere una serie di evidenze in precedenza latenti che pongono la risorsa umana al centro della riflessione strategica. Il bisogno di sicurezza e di una tutela forte della salute sul posto di lavoro ha consegnato alle HR il difficile compito di accelerare un cambiamento delle modalità di lavoro tradizionali, innestandosi su cambiamenti generazionali e di mercato sempre più repentini e imprevedibili.
I bravi leader devono lavorare con i collaboratori perché le cose accadano, la pandemia ha aumentato la responsabilità individuale di ognuno di noi. La forza lavoro vuole capire impatto e significato del proprio impiego all’interno di una mission. Molto più importante sapersi prendere cura ed ascoltare piuttosto che guidare. Da qui il crescente bisogno di valorizzare le competenze soft perché un approccio individualistico risulterebbe ora anacronistico.
Quindi, gli HR manager pesano di più nei board aziendali?
Sì, proprio per le ragioni descritte in precedenza. In un’epoca di pandemia, incertezza e digital transformation, la competitività d’impresa si gioca anzitutto sul presidio e lo sviluppo di una people strategy complessiva agile ed efficace. In tal senso le Risorse Umane sono chiamate a divenire, ancor di più che in un recente passato, “business partner” e chi ricopre funzioni di HR Management può giocare un ruolo cruciale nell’affiancare Imprenditori e Top Manager di Linea nel governo del cambiamento. Tuttavia sono ancora pochi i CEO che hanno sviluppato una strategia aziendale che integri i macro temi ESG poiché restano centrali le competenze hard. Questa che stiamo vivendo è una fase di profonda mutazione, nella quale alcuni hanno già reagito al cambiamento, altri invece non ancora o vi reagiranno in futuro.
Che tipo di formazione viene richiesta e come è cambiata?
Quando Vertus subentra nei processi di crisi, il tema del cambiamento è centrale, e preparare le persone al cambiamento è uno degli aspetti di maggiore stimolo. Per questo, la formazione che si rende necessaria deve essere focalizzata non tanto e non solo su una “leadership del what” (quali competenze/skills servono), ma soprattutto su una “leadership del why” (perché servono?). Il lavoro in remoto, la mutevolezza / liquidità del mercato e altri elementi contestuali di impatto dirompente hanno reso oramai imprescinsibile, soprattutto per coloro che ricoprono ruoli chiave all’interno di un’organizzazione, il presidio di precise capacità: saper prendere decisioni agili e tempestive anche in assenza di informazioni, saper guidare le persone attraverso l’incertezza trasmettendo loro le ragioni profonde e l’ingaggio sugli obiettivi di business, saper trovare e percorrere vie alternative e innovative per il successo, saper valorizzare le migliori attitudini e liberare il talento dei collaboratori etc. Anche le modalità formative devono stare al passo coi tempi: digitalità e apprendimento modulare sono forse gli elementi più evidenti della trasformazione profonda della classica formazione frontale, che oggi pare poco rispondente alle esigenze di un business sempre più veloce.
In che modo il reskilling può permettere la reintegrazione di un dipendente?
Abbiamo osservato che alcune maestranze possono tornare ad essere competitive all’interno di contesti produttivi se messe nella condizione di colmare un gap competenziale. In quest’ottica, offriamo dei servizi di upskilling, cioè di formazione specifica il più delle volte finalizzata all’utilizzo di software o programmi di automazione che governano macchinari, se non addirittura di reskilling, riqualificando le risorse per possibili ruoli molto diversi (ad esempio formando un’operatrice di un telaio per diventare commessa di un negozio al dettaglio).
A proposito di gap e nuovi bisogni, quello relativo alla flessibilità, quanto è sentito da parte delle aziende?
Flessibilità fa rima con necessità. Per rispondere alle sempre più mutevoli esigenze di mercato, evolutesi nel corso degli ultimi dieci anni, le aziende hanno bisogno di soluzioni flessibili di lavoro piuttosto che rigidi contratti, basti pensare al settore del tessile…L’acquisizione di GEDI è in parte una risposta a questa necessità: fornire alle aziende dei servizi di temporary management è per Vertus sicuramente un investimento che soddisfa una flessibilità crescente. Su quest’argomento, vorrei spendere le ultime battute con un pensiero ai giovani talentuosi che si stanno inserendo nel mercato del lavoro nel nostro Paese. In termini di flessibilità, sono preparatissimi ed esigenti: se le aziende non offrono loro piani di lavoro agile, questi rifiutano di accettare una proposta di inserimento, un bisogno questo solo accelerato da questi quindici mesi di pandemia, ma che era latente da tempo.
Lucia Medri
Le nuove dinamiche del welfare aziendale: l’integrazione dei public benefit
Agosto 28, 2024