Raffaella Pierpaoli – Head of Content and Social presso intarget – ci illustra cosa chiedono le nuove generazioni al mondo del lavoro e come il benessere dei dipendenti e la loro stima e fiducia nei valori aziendali sia una buona ricetta per aumentare la brand reputation
intarget, realtà fondata a Pisa nel 2001 e che conta oggi 4 ulteriori sedi a Milano, Roma, Lugano e Shanghai, da vent’anni affianca aziende e brand nazionali e internazionali per la pianificazione globale del customer journey. Intarget ha chiuso il 2021 con una crescita del 50% rispetto all’anno precedente con un fatturato che si attesta intorno ai 21 milioni di euro. Il suo è un osservatorio sul mercato aziendale e commerciale in costante aggiornamento, foriero di analisi e risultati utili a comprendere, e anticipare, i nuovi trend. Il ruolo di Raffaella Pierpaoli, in quanto Head of content and social presso intarget, è quello di porsi come tramite tra le analisi di mercato e le esigenze delle persone, soprattutto dei più giovani, e l’impatto delle loro scelte.
Qual è il campione di giovani da voi profilato (età, estrazione, sesso, provenienza, professione) e quali le fonti di riferimento?
La Gen Z è la Generazione nata tra la fine degli anni ’90 e il 2010. Oggi hanno tra 12 e i 25 anni, un mondo insomma. Ne osserviamo il comportamento sulla base di fonti molteplici, dai Global Web Index, ai post che scrivono sui IG e TT (grazie al ns partner Creation Dose), ai contributi di psicologi e sociologi ed altri istituti di ricerca tra cui Edelman, ad esempio. La Gen Z è fondamentale perché traina il cambiamento e segna la strada del modo in cui i brand si relazionano con le persone. Ma non sono l’unico pubblico con il quale i brand si confrontano né, spesso, quello con il potere d’acquisto maggiore, bene ricordarlo sempre.
Cosa chiede la Generazione Z al mondo del lavoro?
La Gen. Z chiede alle proprie aziende sempre più trasparenza e autenticità, una comunicazione dei propri valori diretta e onesta verso i dipendenti e i consumatori. I giovani cercano corrispondenza valoriale tra sé, ciò che comprano e le aziende in cui lavorano: cercano relazioni autentiche con persone e aziende con cui condividono i valori. Sono disposti a dare fiducia a chi autenticamente rappresenta le loro emozioni e i loro stili di vita. Il Trust Barometer di Edelman ci conferma che l’indice di fiducia verso le aziende si mantiene costante mentre scende la fiducia verso i governi e il mondo dei media.
Le aziende sono pronte a soddisfare queste esigenze?
Stiamo andando sempre più verso un approccio di questo genere anche se, al momento, la maggior parte è più orientata verso il consumatore che i dipendenti. I dipendenti devono diventare persone di cui prendersi cura, con cui condividere esperienze perché sono i primi ambassador.
Cosa si intende per Live Commerce e che attinenza ha con il benessere e il worklife balance?
Nel contesto attuale nel quale le persone, anche in modo inconsapevole, vivono una vita nella quale non esiste più separazione tra esperienza di acquisto online e offline, l’esperienza di acquisto si realizza in un continuum che include entrambe le dimensioni. Il Live commerce è un’evoluzione delle vendite a distanza, l’esperienza più vicina che abbiamo è quella della televendita ma è profondamente diversa dalla televendita. La diretta Live Commerce è una occasione di relazione con il brand, la stessa esperienza, o magari anche migliore, che si ha in negozio. Durante una diretta Live Commerce si devono creare le condizioni perché emergano i valori del brand, del prodotto, la qualità e la passione che si nascondono dentro i prodotti. All’interno di questa relazione l’acquisto di prodotti emerge con come atto naturale, quasi spontaneo, non forzato. In una diretta live commerce si sommano le componenti dell’intrattenimento, l’aspetto social, perché mentre si segue il live si può fare commenti, domande e inviare emoji, e l’e-commerce. I dipendenti sono un elemento chiave in questa dinamica, perché sono i più adatti a trasmettere valore, passione e cura del prodotto e ad instaurare una relazione umana, autentica, con i clienti. Essere protagonista di una diretta Live Commerce e divenire quindi nei fatti un brand ambassador risulta anche fortemente motivazionale per il dipendente.
In che modo l’attuazione di piani di welfare programmati su tali bisogni può orientare il mercato?
Perché un dipendente sia felice e orgoglioso di prestare il suo volto per la visibilità del brand e la vendita dei prodotti è necessaria una forte identificazione valoriale del dipendente con l’azienda. E quindi, perché il gioco funzioni, è necessario che il posizionamento valoriale e gli obiettivi di una azienda vengano condivisi prima di tutto con i dipendenti. Questo permette che loro diventino i primi sostenitori, brand ambassador e costruttori della reputazione del brand.
Lucia Medri
Le nuove dinamiche del welfare aziendale: l’integrazione dei public benefit
Agosto 28, 2024