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13 Maggio 2019

Oliveti (Adepp): con il welfare le Casse private raggiungono meglio i loro Millennials

Alberto Oliveti (Adepp)

Aspettando il 5% da investire in welfare integrativo – “assistenza strategica” – il presidente di Adepp, Alberto Oliveti, spiega i vantaggi di “bancomatizzare” una parte degli accantonamenti obbligatori. E parla degli investimenti, della Covip e della ricetta per salvare Inpgi.

Per il welfare integrativo offerto dalle Casse private ai propri iscritti Alberto Oliveti, presidente di Enpam (la cassa di previdenza dei medici) e di Adepp (l’associazione che rappresenta le Casse private), ha coniato un sinonimo: “Assistenza strategica”. E ha fissato una serie di obiettivi chiari, tra i quali non ultimo, quello di cercare di colmare il gap con i professionisti millennials, quelli del disincanto e dello scoramento, quelli che “la pensione tanto non l’avrò mai, e allora perché devo sottomettermi all’obbligo dei contributi previdenziali?”.
Liberare risorse per destinarle a servizi e prestazioni aggiuntive, rispetto a quella previdenziale, è essenziale per conseguire l’obiettivo di accompagnare gli iscritti alle Casse non solo nella fase “post-lavorativa”, nel tempo della pensione, ma durante tutta la vita attiva, con strumenti di protezione sociale che possano essere percepiti come sostegno efficace nell’età della trasformazione e del cambiamento accelerato della vita personale e professionale. Anche per questo “è fondamentale continuare a sperare che il Governo e il Parlamento approvino la norma che ci consenta di spendere quel 5% della componente eccedente dei rendimenti finanziari necessari per gli obblighi attuariali di tenuta dei nostri bilanci”. Sarebbero almeno 100 milioni in più da utilizzare ogni anno per assicurare risorse assistenziali a favore degli iscritti. Che si aggiungerebbero ai 530 milioni che già oggi vengono investiti in questo tipo di prestazioni. Il 20% in più. Non è poco. “Ne parliamo da mesi, speriamo che la norma esclusa dal decreto crescita possa trovare un nuovo veicolo normativo”: in tal senso si era impegnato il sottosegretario al Lavoro, Durigon”. Non c’è protezione sociale senza poter agganciare la contribuzione – previdenziale e non – alla creazione di valore, quindi anche al fatturato delle imprese o degli studi professionali, non solo alla fatturazione del singolo professionista. E deve trattarsi di un valore percepibile, in qualche modo consumabile non solo nell’orizzonte della quiescenza. Si potrebbe dire che è opportuno e necessario bancomatizzare una quota dell’accantonamento obbligatorio.

Una nuova protezione sociale
“In Enpam da un paio d’anni abbiamo deciso di scommettere su queste forme di nuova protezione sociale – spiega Oliveti – con una particolare attenzione rivolta ai più giovani. La nostra Cassa ha deciso di accettare l’iscrizione anche degli studenti di Medicina, dopo il quinto anno, non solo di chi è già medico laureato ed esercitante. Con una quota di nove euro al mese i nuovi iscritti possono contare sulla possibilità di accedere a mutui ipotecari, a baby bonus, insomma prestazioni in difesa della genitorialità, servizi che possano aiutare i più giovani ad affrontare le grandi scelte della vita con maggiore serenità”. A questo si aggiungono tutte le altre prestazioni welfaristiche, dalla copertura del rischio professionale all’accensione di forme di previdenza complementare, al debito d’onore, ma anche polizze per il long term care; senza dimenticare una formazione continua che tenga conto della necessità di un continuo reskilling professionale. Le attività di Enpam (e delle Casse associate in Adepp) perseguono lo sforzo della sostenibiltà dei bilanci, l’adeguatezza delle prestazioni, la solidarietà e l’equità intergenerazionale.

Investimenti: come selezionare i gestori
Oltre alle prospettive di welfare professionale, la vita delle Casse private sta dibattendo, non da oggi, dei problemi relativi agli investimenti, necessari per assicurare le prestazioni di primo pilastro ai propri iscritti. Investimenti che devono tradursi in rendimenti. “Investimenti in una logica protettiva, non speculativa, certamente orientata alla doverosa diversificazione, che oltre al necessario rendimento finanziario deve mettere in conto un misurabile ritorno economico. I nostri investimenti devono privilegiare il mondo e i mercati della nostra professione – aggiunge Oliveti, in questo caso più nel ruolo di presidente Enpam – in rapido cambiamento, dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale alla gestione delle novità di codifica e rendicontazione sempre più necessarie anche nel nostro lavoro”. A proposito della necessaria ma “specifica” vigilanza sulle attività finanziarie delle Casse, Alberto Oliveti, di nuovo nei panni di presidente Adepp, ribadisce la specificità di questi Istituti: “Non siamo Fondi, non possiamo essere considerati come soggetti che si occupano solo di investimenti volontari, individuali e aggiuntivi. Svolgiamo anche e soprattutto il ruolo del primo pilastro della previdenza. Le nostre specificità non possono essere trascurate dai tanti controllori che guardano il nostro operato. Non ho nulla contro Covip, a patto che si comprenda che le nostre caratteristiche non sono assimilabili a quelle di un Fondo di previdenza complementare”.

La difficile relazione con Covip
A proposito di Covip in questi giorni il presidente Alberto Oliveti ha dichiarato: “Siamo disponibili all’aggiornamento del decreto legislativo 509 ma non in un senso che possa ledere l’autonomia delle Casse nella gestione delle attività”. Un commento alle dichiarazioni del presidente della Covip, Mario Padula, espresse nel corso dell’audizione alla Commissione bicamerale di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
Il presidente Covip ha più volte ribadito, di fronte ai membri della Commissione bicamerale, la necessità di “emanare il Regolamento sugli investimenti più volte annunciato ma ancora nel cassetto”. “Aspettiamo da tempo, anche sul fronte della vigilanza, un decreto che fissi i criteri cui  dovremo attenerci per gestire i nostri investimenti finanziari” aggiunge Oliveti, che come tutti i suoi colleghi presidenti delle Casse private, respinge anche solo l’ipotesi di allineamento al Codice degli appalti, per regolare le gare per la selezione dei gestori finanziari. “Non ha senso, non ci sono i tempi e le flessibilità necessarie per decidere in un mercato che deve essere affrontato con rapidità e competenza – continua il presidente Adepp – ci dobbiamo affidare a beauty contest, dotandoci di procedure chiare, trasparenti e verificabili, in attesa dell’emanando decreto sugli investimenti”.

Troppe Casse private? La crisi dell’Inpgi
Però in tema di investimenti finanziari, ma complessivamente sulla tenuta dei conti delle Casse, è difficile non fare differenze. La stessa specificità reclamata da Oliveti per le Casse, rispetto ai Fondi, è peculiare tra Cassa e Cassa? Che cos’ha in comune Enpam o Cassa forense o Enasarco con la Cassa dei biologi o dei geometri? Diversa la platea degli iscritti, almeno per numerosità e anagrafe; per dire di due clamorose differenze. “Adepp svolge una funzione sussidiaria – spiega Oliveti – rispettando l’autonomia che la legge affida a ciascuna Cassa; offriamo un aiuto sul fronte del Welfare, degli Investimenti, dei Servizi e dell’orizzonte Europa: da qui viene l’acronimo Wise, che caratterizza il lavoro dell’associazione, rispetto alle singole autonome Casse”. La risposta è politicamente corretta, ma non risolve il dubbio dell’incombente Inps sul futuro di Casse che hanno poche migliaia di iscritti, magari sempre più anziani, e con un ricambio professionale meno che modesto. In qualche modo è il problema dell’Inpgi, da due anni con un bilancio che si chiude in squilibrio, quindi con la premessa per un commissariamento che non farebbe che preludere a un assorbimento a carico dell’Inps. Per Inpgi si prospetta – per evitare l’Inps – un allargamento della base contributiva, inserendo i professionisti della comunicazione. Un vulnus alle ragioni ordinistiche dell’Inpgi: non ci sarebbero più solo i giornalisti, che hanno un ordine professionale, ma anche dei professionisti privi di norme ordinistiche. “Il nostro è un Paese di eccezioni – commenta con cautela Oliveti – ma è pur vero che per Inpgi non c’è alternativa: o preservare l’autonomia o finire nell’Inps. Ma l’autonomia, vista l’evoluzione della professione giornalistica, credo che sia percorribile solo allargando la base degli iscritti; sottraendo all’Inps delle quote contributive, invece che caricando sulla collettività le prestazioni previdenziali in pagamento. Perché questa è l’alternativa. Non serve a nulla discutere dell’ordine, a questo fine. Con o senza l’ordine professionale dei giornalisti l’Inpgi, o l’Inps, è tenuto a pagare pensioni mediamente molto più alte degli attuali flussi contributivi”. Il problema dell’autonomia riguarda oggi l’Inpgi, ma Oliveti è consapevole che si tratta di un orizzonte per tutte le Casse: “Dovremo immaginare di agganciare i contributi ai fatturati di impresa, non solo professionali; in qualche modo è quello che suggeriva il fondatore di Microsoft sul fronte fiscale: se si deve tassare il lavoro dei robot, si dovrà pur estrarre contribuzione previdenziale dai sistemi d’impresa che rendono meno incisiva l’intermediazione professionale”. Un dilemma della trasformazione in atto. Aspettando le più ravvicinate scelte del Governo sul decreto crescita e sul decreto investimenti.

 

Marco Barbieri

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