Il welfare aziendale non sarà più come prima. Ma non sarà una delle vittime di Covid-19. Anzi, il presidente di Aiwa (l’Associazione italiana per il welfare aziendale), Emmanuele Massagli, ne vede già alcune nuove funzioni, nell’Italia da far ripartire.
“Sono convinto che gli strumenti di welfare aziendale previsti dalla normativa attuale possano diventare veicolo di politiche di incoraggiamento pubblico” sostiene Massagli, che entra nel dettaglio. “Una volta esistevano i voucher termali e i buoni vacanze. Con strumenti di questo tipo penso alla possibilità di poter contribuire a riattivare uno dei settori produttivi che è destinato a soffrire di più in questa emergenza, il turismo”. Si tratterebbe di benefit pagati dall’impresa, ma totalmente defiscalizzati, in quanto perseguono un obiettivo di interesse pubblico, come è quello di rimettere in moto un settore decisivo dell’economia nazionale. La cornice normativa sarebbe la stessa dell’attuale lettera F dell’articolo 51 del Tuir, “con un evidente connotazione di valore pubblico” commenta Massagli, che all’esempio dei voucher vacanze, sempre nell’orizzonte del welfare aziendale del futuro prossimo, aggiunge: “L’attività di prevenzione e di monitoraggio della salute dei dipendenti diventerà un elemento sempre più decisivo nell’orizzonte della vita dei lavoratori”.
Ma c’è anche il welfare aziendale che conosciamo oggi che è in grado di offrire strumenti ai quali ricorrere nel corso dell’emergenza, non solo “dopo”. Il baby-sitting è uno dei servizi compresi spesso nelle piattaforme al servizio dei piani di welfare aziendali.
Si tratta di superare il solo concetto di “benefit”. “In tempi di crescita economica e di utili aziendali, il welfare aziendale assume anche la forma di beneficio aggiuntivo per i lavoratori, volto a gratificarli, fidelizzarli, attrarre i migliori. Accanto a questo scopo, già conosciamo la funzione sociale del welfare aziendale, conseguenza della modalità con cui l’istituto è regolato nel TUIR. Nel prossimo futuro osserveremo probabilmente una terza funzionalità, ossia la capacità del welfare di veicolare misure e attenzioni macroeconomiche: salute, previdenza, servizi alla persona, ma anche, come abbiamo visto, il turismo, sono certamente materie di interesse pubblico, attivabili in chiave promozionale (strategie sempre migliori dell’atteggiamento sanzionatorio) con il welfare aziendale”.
Il welfare aziendale che è nato “occupazionale” e contrattuale, è destinato a diventare sempre più “sociale”, cioè privato nella sua attivazione, ma pubblico nelle sue finalità. Le risorse pubbliche, oggi annunciate massicciamente disponibili per la prima protezione sociale nell’emergenza economica connessa a quella sanitaria, dovranno essere in grado di accendere un circolo virtuoso, dove il tanto invocato universalismo del welfare integrativo, possa essere sviluppato.
“C’è poi una componente solidaristica del momento contingente – continua Massagli – cioè la possibilità, che invochiamo da tempo, da molto prima dell’emergenza coronavirus, di poter trasferire i residui non goduti dei piani di welfare in azioni e interventi diversi. Un posto letto in terapia intensiva costa 100.000 euro: ci sono oggi in Italia centinaia di aziende che hanno ancora “in pancia” cifre ben più elevate di welfare aziendale non goduto e oggi poco utilizzabile. Perché non permettere ai singoli lavoratori di destinare la loro quota di welfare ancora disponibile a progetti solidaristici, realtà del terzo settore, ospedali? Bastano due righe di norma, che non costano nulla per lo Stato, ma portano allo Stato stesso grande vantaggio”.
All’orizzonte potrebbe esserci anche di più. “Purtroppo, dopo l’emergenza sanitaria il Paese farà i conti – aggiunge Massagli – con una emergenza economica senza precedenti. Non so se le previsioni del 30% di fallimenti delle attuali imprese si avvereranno, speriamo di no. Ma potrebbe essere così, soprattutto nei settori dove le imprese sono più piccole e meno strutturate. Come accaduto in passato dopo le guerre, le parti sociali dovranno riflettere sulla struttura dei contratti collettivi e sulla sostenibilità dei minimi tabellari, che per fortuna non sono stati definiti per legge. Ogni settore dovrà trovare la propria strada per la ripresa. Non è da escludersi che si valuti di potenziare il welfare anche in temporanea sostituzione di soglie salariali troppo elevate, per pesare il meno possibile sul reddito delle famiglie.”. Una visione troppo ottimistica sulla capacità di riscrivere le relazioni sindacali? “Credo nella responsabilità delle parti sociali – conclude Massagli – lo abbiamo visto nel recente accordo sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro, siglato da tutti, Cgil compresa, nonostante qualche mugugno della base. Nelle difficoltà sindacati e imprese sanno essere meno ideologici e più concreti della politica”.
Marco Barbieri
Le nuove dinamiche del welfare aziendale: l’integrazione dei public benefit
Agosto 28, 2024