Protagonisti

04 Luglio 2019

Ltc: i ritardi delle compagnie assicurative

Il ruolo delle compagnie assicurative rispetto al problema dell’autosuffcienza, ne parliamo con Claudio Raimondi, fondatore e amministratore di una start up dedicata al mondo del long term care (Ltc), “ForCare spa”

Basterebbero trenta euro all’anno per assicurare mille euro mensili a chi dovesse diventare non autosufficiente. Il calcolo sembra semplicistico e persino troppo ottimistico, ma si fonda su una base dati ricchissima e su una rigorosa analisi attuariale, che pochi possiedono oltre a Claudio Raimondi. Dopo anni da top manager di Ina e poi di Poste, oggi Raimondi è fondatore e amministratore di una start up dedicata al mondo del long term care (Ltc), “ForCare spa”.

Per Raimondi l’orizzonte della non autosufficienza sta nella mutualità, nelle polizze collettive, nella socializzazione dei rischi. La logica da perseguire è la ripartizione pura. “Se il ritardo con cui ci occupiamo della non autosufficienza, a livello di coperture assicurative – aggiunge Raimondi – è simile a quello che abbiamo accumulato nello sviluppo della previdenza complementare, c’è un elemento specifico che è opportuno segnalare: a differenza della logica previdenziale, che si fonda sulla capitalizzazione individuale, l’approccio al problema della non autosufficienza deve essere tutto secondo criteri di ripartizione”. Delle 3,5 milioni di polizze Vita stipulate, sono meno di 30mila quelle che assicurano i casi di Ltc.

Le compagnie assicurative sono in ritardo. “Di più, sono disinteressate, perché non hanno conoscenze adeguate al problema. Tutte le forze in campo, dalla politica alle forze sociali, stanno oggi ignorando i segnali di collasso del sistema assistenziale, allo stesso modo in cui, con attori diversi, 40 anni fa la stessa politica, e le stesse forze sociali, ignoravano quelli che anticipavano che il modello pensionistico così come era all’ora sarebbe poi collassato nel modo che abbiamo visto – spiega Raimondi – in buona sostanza stiamo ripercorrendo sulla non autosufficienza, lo stesso drammatico errore fatto nel passato sulla previdenza di primo pilastro”.

Come se ne esce? Con la tecnica delle “assicurazioni sociali”. Garantendo infatti una massa omogenea di adesioni all’interno della quale si realizza la mutualità tra giovani ed anziani, tra chi sta bene e chi sta meno bene, tra più agiati e meno agiati, possono essere realizzate le coperture economiche per garantire rendite vitalizie in caso di non autosufficienza.

La strada obbligata è quella di una sorta di Rc obbligatoria. Lo chiede da tempo Sergio Corbello di Assoprevidenza. “Intanto tocca ad alcune medie o grandi imprese fare da apripista, per dimostrare che socializzare il rischio in una comunità abbastanza popolosa può garantire una buona copertura per tutti – conclude Raimondi – ma bisogna cominciare”.

Marco Barbieri

Articolo pubblicato su Il Messaggero lo scorso 28 giugno

 

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