A seguito del patto tra le istituzioni, gli innovatori e le grandi imprese per il rilancio dell’Italia siglato alla seconda edizione dello Young Innovators Business Forum a Milano promosso da ANGI (Associazione Nazionale Giovani Innovatori), abbiamo dialogato con Gabriele Ferrieri, presidente dell’associazione per discutere di politiche di innovazione e lavoro
Come nasce l’ANGI e in che modo e perché ne è stato il promotore?
Da giovane startupper, a 22 anni ho incontrato altre persone coetanee della mia generazione e abbiamo deciso di cavalcare l’onda lunga della trasformazione digitale. Ho avuto l’occasione di veder crescere la mia start up che opera nel settore della mobilità sostenibile, potendo avere consapevolezza diretta del progresso dell’ecosistema delle start up e di come i giovani stavano diventando imprenditori di loro stessi, in un mercato che iniziava ad abbandonare i modelli di lavoro relativi al posto fisso. A cavallo tra il 2015-2017, mentre portavo avanti il mio percorso di carriera, mi sono reso presto conto che mancava dunque un’organizzazione che mettesse al centro dell’agenda i giovani come motore del sistema paese; serviva un’azione sistemica che in quel momento non proveniva né dalle società né dalle istituzioni. Ho avuto dunque l’onore come ideatore e co fondatore dell’ANGI di radunare un pool di esponenenti della società civile e della classe dirigente (università, imprese, centri di ricerca, opinion leader) che creasse questa organizzazione volta a promuovere l’innovazione. Subito il Parlamento europeo di Bruxelles e di Strasburgo ha sostenuto il progetto e a seguire abbiamo ottenuto il sostegno del Consiglio dei Ministri e del Senato della Repubblica.
Perché è importante il ruolo dell’ANGI, qual è l’azione svolta sul territorio nazionale e su quali fronti si articola il sostegno alle nuove generazioni?
Il nostro primo evento pubblico è stato a gennaio 2018 nella cornice dell’aula dei gruppi della Camera dove sono stati radunati i maggiori esponenti istituzionali per presentare il nostro manifesto rivolto alle nuove generazioni, al digitale e all’innovazione. Questo ci ha permesso di avere un grande endorsement e visibilità mediatica e di promuovere le iniziali attività che si sono tenute sui territori a cavallo tra il 2018 e 2019, determinando un raccordo osmotico tra i diversi innovation district dell’ecosistema paese e le scuole e università. Oggi ANGI rappresenta più di 5mila stakeholders tra persone fisiche e giuridiche in Italia, siamo capofila di un partenariato tra pubblico e privato di altre otto rappresentanze in Europa e nel mondo per divulgare cultura e innovazione del digitale, affiancare decisori pubblici nell’attività di regolamentazione in un’economia orientata al digitale e creare un ponte tra giovani e paese dando loro le competenze e offrendo sostegno per una crescita imprenditoriale. Lavoriamo su precisi cluster tematici: sostenibilità ambientale e digital health, circular economy, mobilità del futuro, AI e robotica.
In che modo questi progetti dialogano con la dimensione europea? Che equilibrio vige tra le normative del nostro paese e quelle imposte dalla UE?
Le nostre azioni in dialogo con la Commissione Europea e gli eventi che organizziamo creano un gemellaggio tra le rappresentanze istituzionali in Europa e salvaguardano aspetti a noi molto cari come le imprese, i giovani e il Made in Italy. Vorremmo che questi temi avessero la priorità anche per quanto riguarda la spesa delle risorse del PNRR, per questo il 30 marzo scorso l’ANGI ha stipulato un protocollo d’intesa con il ministero delle Imprese e del Made in Italy proprio a sostegno del tema dell’innovazione concretizzato nel DDL di un milione di euro. Il raccordo che auspichiamo con l’Europa non è solo di adozione e rispetto delle linee guida ma è innanzitutto di tipo collaborativo, di visione sostenibile per i processi regolatori.
Quali sono i prossimi e più importanti obiettivi?
Due sono le grandi sfide: l’Artificial Intelligence Act per la regolamentazione sulle applicazioni dell’AI e sulla risoluzione del regolamento europeo per l’azzeramento della CO2 nel 2035. Rispetto a ciò, l’Italia si è astenuta dal voto, il che crea alcune controversie rispetto alle diverse posizioni ma noi cerchiamo di agevolare il confronto e la sintesi.
Qual è oggi la sinergia di ANGI volta a favorire politiche attive del lavoro per i giovani, considerato che secondo i dati ISTAT i livelli di occupazione nella fascia tra i 24 e i 35 anni sono in calo e non riescono a crescere?
Le aziende hanno evidenziato come il mercato del lavoro sta cambiando nella selezione di profili diversi rispetto a qualche anno fa. Dobbiamo innanzitutto rivedere il percorso formativo che se non è obsoleto deve però essere rinnovato a partire dalle scuole superiori di primo e secondo grado fino alle università, riducendo il numero degli anni di studio e avvicinando le esperienze dei ragazzi e ragazze al contesto lavorativo con un vera e regolamentata alternanza scuola-lavoro. La risposta non deve provenire però solo dalle scuole private o parificate ma anche dalle scuole pubbliche, e non solo da quelle maggiormente riconosciute qualitativamente: ci sono altri istituti di pregio che possono svolgere questa azione. L’Università dovrebbe poi implementare momenti di incontro tra studenti e aziende e creare ulteriori hub di innovazione e di ricerca. La mancanza di questo dialogo al Sud e l’eccellezza disseminata a macchia di leopardo non facilitano attualmente questa visione sistemica sul futuro.
A proposito di futuro, non è un caso che proprio in occasione della Festa della Repubblica, Sergio Mattarella abbia ricordato il fenomeno della fuga dei cervelli che si traduce, secondo l’ISTAT, in circa 337mila partenze in dieci anni, in un più di un caso su tre si tratta di laureati e sono 79mila i giovani laureati che, una volta lasciato il Paese, hanno deciso di non fare più ritorno…
Sono talenti che sono andati a sostenere, e ad arrichire, le economie di quei paesi scelti, determinando un danno di costo all’Italia rispetto all’investimento fatto nella formazione di quelle menti. Questo è un tema che deve essere prioritario per il Governo per disincentivare le partenze e offrire non solo condizioni di lavoro appaganti ma anche di vita, di welfare e quindi di servizi.
Facendo riferimento ai dati del secondo rapporto da voi promosso Giovani, innovazione e transizione digitale che evidenziano l’attenzione dei giovani per l’Intelligenza Artificiale, in che modo le politiche attuali favoriscono l’innovazione e il relativo reperimento di professionisti e esperti in questo ambito?
Questa attenzione delle nuove generazioni fa emergere opportunamente un dato negativo e riguardante l’empowerment femminile: sono infatti molto poche le giovani innovatrici nel mondo del tech che hanno accesso a questo settore e sono invece tante quello che sono limitate nello sviluppo delle carriere, rispetto ad altri paesi che sono stati più lungimiranti. In Italia poi non c’è un vero e proprio mercato di venture capital che investa sulle start up perché c’è una propensione al rischio più bassa ma sopratutto c’è una burocrazia piuttosto invalidante che non facilita i processi. Potremmo quindi rispondere a questo stato delle cose imponendo una barriera d’ingresso alle start up straniere per salvaguardare quelle italiane affinché mantengano le loro quote di mercato.
Il Decreto Lavoro come può favorire e incrementare queste tutele del lavoro e quindi dell’innovazione?
La visione attuale è ancora parziale e devono essere inseriti nel decreto a mio parere alcuni correttivi, soprattutto per quanto riguarda le generazioni che non hanno accesso a supporti economici e sociali, la cui mancanza può scaturire e degenerare nella criminalità. Non deve più esserci una visione di precariato o di “sei troppo esperto per” o anche “non hai esperienza sufficiente”: un o una giovane deve essere formato e formata, deve avere opportunità lavorative retribuite che poi permettano loro di mettere in campo quanto imparato, e deve esserci rispetto della gender equality. Elementi fondamentali che devono aggiungersi anche alla futura Leggi di Bilancio.
Nel comunicato da voi diffuso a seguito dell’evento Young Innovators Business Forum, afferma che il vostro obiettivo è quello di “di promuovere e rilanciare il nostro ecosistema economico industriale”. In che modo dovrebbe avvenire questo rilancio, con quale partecipazione istituzionale, e cosa dovrebbe favorire?
In sintesi ribadirei primariamente: attuazione dell’Agenda Digitale nel rispetto dei fondi PNRR, incentivi alla creazione e innovazione di impresa, supporto ai piani formativi, centralità ai giovani e al digitale attraverso un dialogo e concertazione tra le istituzioni e quei soggetti, come ANGI, che stanno cercando di portare un cambiamento nel nostro paese; e non ultimo, semplificare l’accesso e l’investimento dei fondi del PNRR. Sarebbe un grande autogol perdere questa occasione di crescita.
Lucia Medri
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