25 Novembre2024

Valore D: contro la violenza, le aziende devono passare all’azione!

Valore D

Valore D in collaborazione con Fondazione Una Nessuna Centomila ha redatto la policy “Dal silenzio all’azione. Come le aziende possono agire e fare rete contro la violenza di genere e domestica” avente l’obiettivo di fornire strumenti efficaci e concreti per tutelare e supportare una propria risorsa vittima di violenza, e rendere i luoghi di lavoro spazi accoglienti e sicuri. Ne parliamo con Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D

Il problema sempre più diffuso della violenza di genere è analizzabile sotto vari punti di vista che corrispondono alle forme in cui si manifesta, e anche si incorpora da parte delle vittime, l’abuso. Potremmo identificare una serie di aspetti, e relativi numeri, che ritiene determinanti?

La nostra policy Dal silenzio all’azione (scarica il documento) affronta la violenza di genere come fenomeno strutturale legato a una cultura patriarcale di cui è intrisa la società, derivante da un’asimmetria di potere tra uomini e donne. Oltre al femminicidio, la violenza si manifesta in tante altre forme: quella più diffusa è quella psicologica con circa l’80% dei casi, quella fisica, economica – meno nota ma sulla quale iniziano a diffondersi dei piani di educazione, sopratutto nelle scuole – e poi lo stalking, l’abuso sessuale… Le cause che generano questi episodi sono gli stereotipi e i pregiudizi che permeano la nostra cultura. In Italia, abbiamo il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, che vuol dire diseguaglianza all’accesso nel mondo del lavoro e nei ruoli apicali, più di un 1/3 delle donne non ha un conto corrente e il 30% delle donne vittime di violenza non ha un lavoro. L’accesso all’indipendenza professionale significa per la donna potersi sottrarre al sopruso maschile e avere un’alternativa in caso di violenza e ricatto.

Qual è stato il lavoro svolto insieme alla Fondazione Una Nessuna Centomila?

È stato e sarà una collaborazione preziosa che durerà nel tempo per combattere il problema della violenza di genere in modo integrato: la Fondazione sostiene i centri anti violenza quindi abbiamo collegato la loro esperienza territoriale con la nostra progettazione processuale, una sinergia che mette insieme società civile e aziende, e rivolta a tutte le persone.

La violenza inquina le relazioni, tutte. Anche quelle in ambito lavorativo determinando un cambiamento non solo nella vittima ma anche nell’azienda, tra il personale, i clienti. Cosa accade esattamente?

Le aziende sono dei micromondi che replicano la società. Le aziende devono perciò occuparsi di quello che succede fuori, e in questo le imprese, negli ultimi dieci anni, stanno facendo la loro parte sul tema della responsabilità sociale. Parlerei quindi dei “costi sociali” della violenza, come lo sviluppo di patologie psicologiche (ansia insonnia depressione tendenze suicide); e poi quelli relativi alla sfera lavorativa: una donna vittima di abusi è discontinua, maldestra, assente e distratta, quindi è meno ricettiva e performante sul lavoro. Scrivere una policy rivolta alle aziende che vogliano strutturarsi per contrastare questo fenomeno ha ovviamente una priorità etica ma è indubbio anche l’impatto professionale che questa può avere per evitare eventuali rischi economici.

In che modo un’azienda può passare all’azione nel contrasto alla violenza di genere e inserire la vostra Buona Pratica all’interno del suo piano di welfare?

Il progetto della nostra policy nasce proprio per rispondere a questa domanda. La road map di azione è sintetizzata dall’acronimo ISSA: ovvero “Informare” cioè sensibilizzare per prevenire; “Svelare” sapere quindi riconoscere i segnali della violenza domestica per dare supporto alla vittima; “Sostenere” dando alla vittima degli strumenti e risorse per riprendersi la propria vita e uscire dal circuito della violenza; “Amplificare” che vuol dire fare rete con altre associazioni per accrescere la coscienza collettiva affinché chiunque possa sentirsi coinvolto e coinvolta, per parlarne nelle nostre sfere sociali e comprendere il problema. Le modalità sono quindi molto concrete per poter passare all’azione e fanno anche riferimento alle best practice attuate all’estero.

A proposito di Buone Pratiche, quali esempi possiamo citare e in che modo sono stati strutturati tenendo conto del personale a cui si sono rivolti?

Il problema della violenza di genere è talmente diffuso e trasversale che non esistono categorie specifiche di destinatari: tutti i dati che abbiamo ci dicono che i responsabili appartengono a tutte le categorie sociali, con livelli di educazione eterogenei, e anche posizioni di reddito diverse. Le strategie messe in campo devono essere massive e a 360° sia per gli uomini che per le donne, le quali devono riconoscere la natura dell’abuso. Abbiamo redatto oltre 50 best practice, tanto nell’ambito della formazione che dei servizi. Alcune aziende sono più avanti e hanno predisposto piani integrati anche con le associazioni di recupero per gli uomini violenti. Il servizio più usato è quello della Help Line che forma operatori capaci di ascoltare la vittima nella prima fase di contatto creando, sin da subito, un clima di ascolto e fiducia.

Da dove nasce tutta questa attenzione e consolidamento di queste pratiche?

Dalle aziende, che sono dei grandi moltiplicatori e acceleratori di cambiamento perché devono competere con il mercato. La responsabilità e sostenibilità sociale aiutano le aziende a prendere coscienza del proprio ruolo. E inoltre, il femminicidio di Giulia Cecchetin ha creato uno spartiacque e risvegliato l’opinione pubblica nel dire “adesso basta!”. Per la campagna che abbiamo lanciato per la giornata di oggi, 25 novembre  #FacciamoRete, sono molte le aziende che hanno aderito. Stiamo parlando quindi di un movimento collettivo che comprende tutte le sfere sociali che, sembrerebbe, si stiano alleando per combattere questo problema.

Non vi è solo la violenza domestica che si ripercuote sull’attività professionale ma sono state segnalate anche violenze sul posto di lavoro. Avete uno scenario anche su questo o è in fase di studio?

Al momento non abbiamo un dato aggiornato ma negli scorsi anni, in partnership con Parks – Liberi e Uguali, abbiamo elaborato un documento sul tema delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro (scarica il documento). Sappiamo inoltre che circa la metà delle nostre aziende associate, e altre ancora, hanno adottato una propria policy oltre a quella da noi proposta. Di certo, questa policy è stata un passaggio funzionale: occuparsi del fuori significa innanzitutto capire cosa c’è all’interno in termini di inclusione e rispetto. La violenza può avvenire anche nei confronti degli uomini o di minoranze e deriva sempre da situazioni asimmetriche di potere (Secondo l’ISTAT, nel 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, abbia subito molestie sul lavoro ndr).

Lucia Medri

Scopri e ascolta il progetto di videopodcast Scomodiamoci realizzato da Valore D con Carolina de’ Castiglioni contro la violenza di genere e inserito nella campagna #FacciamoRete

 

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