29 Marzo2023

Variazioni: sostenibilità sociale chiave di volta del futuro economico territoriale, nazionale e globale

sostenibilità sociale

In 10 anni, gli esperti di Variazioni hanno affiancato centinaia di imprese e pubbliche amministrazioni in Italia nello sviluppo di progetti di conciliazione vita-lavoro, change management e welfare aziendale. Abbiamo intervistato Arianna Visentini CEO di Variazioni per fare il punto sulla sostenibilità sociale e le politiche di welfare nel nostro paese, come si stanno evolvendo e come andrebbero agevolate

L’impegno di Variazioni si distingue per un’azione integrata su più fronti: persone, aziende e istituzioni. Pianificazione che nel corso degli anni, e ancora prima che il settore welfare ricevesse questa impennata di attenzione a seguito della pandemia, è stata caratterizzata dalla volontà di agevolare l’interlocuzione istituzionale riguardo i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro.

Basti ricordare ad esempio il lancio lo scorso anno in questo mese della prima indagine a livello nazionale volta a mappare le principali caratteristiche delle policy aziendali e i diversi approcci alla regolazione dello Smart Working; oppure, a giugno 2021, l’audizione presentata alla Commissione XI del lavoro della Camera dei deputati in merito al processo di adozione della direttiva europea per l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne; e quella relativa a ottobre dello stesso anno, 2021, per la quale Variazioni ribadiva quanto la Legge n. 81/2017 “è stata e resta un efficace dispositivo per la diffusione dello smart working e che il lavoro agile debba essere difeso e diffuso principalmente come strumento di innovazione organizzativa”.

E in tutte queste occasioni la mole di indicatori e dati statistici portata a testimonianza è fonte di interrogazione e studio.

Come è iniziato il suo percorso in Variazioni e in che modo ha approfondito e sviluppato, in base ai cambiamenti in atto, la sua idea di innovazione organizzativa?

Variazioni nasce nel 2009 dalla volontà mia e di altre quattro socie di creare un’entità imprenditoriale che favorisse l’adozione di soluzioni di conciliazione all’interno delle aziende. Avendo tutte maturato un’expertise nell’ambito della consulenza organizzativa, abbiamo perseguito questo obiettivo convinte che il tema del worklife balance non dovesse riguardare solamente l’ambito della filantropia e le aziende più illuminate e competitive ma che dovesse essere esteso a tutte le realtà imprenditoriali. All’inizio ci siamo concentrate quindi su specifiche aree di intervento come quelle legate ai flexible benefit, di supporto alla conciliazione, alla genitorialità e cura dei familiari fragili e, da subito, abbiamo lavorato alle soluzioni organizzative di tempi e spazi del lavoro: flessibilità oraria, banca ore, job sharing e multiperiodale, che già dal 2012 ci ha fatto poi approdare alla modalità di smart working. Inoltre, abbiamo creato delle community interaziendali tra soggetti che condividono azioni in materia di people management.

Rispetto a dieci anni fa, queste soluzioni hanno ancora una loro efficacia se applicate opportunamente, tuttavia non possiamo fare a meno di constatare quanto sia cambiato il contesto lavorativo e di conseguenza la consapevolezza da parte delle aziende di dover considerare la gestione del personale come priorità assoluta: non è solo il mercato a chiederlo, ma anche l’Europa coi suoi framework normativi sulla sostenibilità. La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche di governance e sociale: è in questa cornice che dobbiamo collocare l’attenzione delle organizzazioni al benessere delle persone. La sostenibilità sarà la chiave di volta del futuro sviluppo economico territoriale, nazionale e globale.

Quali sono alcuni punti fondamentali da rispettare per un’accurata osservazione dei bisogni volta a pianificare adeguate misure?

Non è solo una questione di osservazione, bisogna primariamente inquadrare e comprendere le soluzioni migliori per dare applicazione concreta a determinate misure. Domandarci quali siano le condizioni di lavoro è un punto di vista imprescindibile e risolutivo: come lavori? Quanto il tuo lavoro genera benessere? Hai chiari i tuoi obiettivi? Le tecnologie sono all’altezza? Ricevi supporto dal team e pensi sia importante il tuo contributo? Da queste risposte si passa quindi ad altre domande che attengono la sfera familiare e poi quella territoriale. Abbiamo inoltre sviluppato un tool che possa analizzare questi indici e monitorare il livello di benessere che l’azienda riesce a garantire.

Smartbeat è un tool pensato per fornire alla funzione HR e al Management un’analisi puntuale e continua di come la working experience evolve nel tempo all’interno delle organizzazioni. È uno strumento che accompagna le aziende a conoscere le esigenze delle persone e ad individuare i progetti di sviluppo organizzativo: attraverso le pulse survey ottiene risultati poi visualizzati e analizzati, in modo da evidenziare la aree di miglioramento anche attraverso il semplice confronto tra tutti i possibili cluster (team, genere, età, sede, ecc.).

Pro e contro dello smart working: quali sono e, ad oggi, esiste l’equilibrio perfetto per un lavoro agile che sia all’insegna del benessere, della flessibilità e della produttività?

Credo che ci sia ancora tantissima strada da fare riguardo questo tema, nonostante i grandi passi fatti durante e a seguito della pandemia. Proprio questa spinta ha determinato però una profonda banalizzazione del lavoro agile priva di contesto, non imponendo cioè spiegazioni funzionali, obiettivi, tutele, formazione e strumentazione adeguate. Lo smart working deve essere regolamentato dall’azienda stessa, che abbia quindi chiari i motivi di questa introduzione e dell’operation che ne seguirà.

In quali settori si è maggiormente diffuso e quali tipologie di personale lo hanno accolto, e poi confermato?

Già da una decina di anni, le aziende più mature sono quelle dei servizi, di consulenza gestionale e ingegneristica, imprese farmaceutiche, gruppi bancari e assicurativi, settori che hanno sperimentato il lavoro agile come prime e lo hanno consolidato nel tempo lasciando maggiore autonomia e fiducia ai lavoratori e lavoratrici. Il nostro paese sta attraversando una fase di transizione notevole che passa dall’organizzazione familiare a quella manageriale, ad esempio le realtà in ambito manifatturiero, che rappresentano le nostre eccellenze sia sul mercato nazionale che internazionale, oggi devono adeguarsi a queste strategie e maturare i loro strumenti di people management.

Cosa manca ancora da fare e quale ascolto si aspetta da parte del Governo affinché sempre nuove soluzioni possano diventare normative?

La nostra posizione non cambia. Stiamo assistendo progressivamente a un ritorno quasi definitivo del lavoro in presenza, quindi il Governo dovrebbe innanzitutto introdurre dispositivi e leve fiscali incentivanti rispettando le specificità di ciascuna azienda che decide di introdurre e/o confermare il lavoro agile. Anche e soprattutto all’inizio dell’assunzione: se l’assunzione di una risorsa avviene in un regime di flessibilità dovrebbe costare di meno a livello fiscale. È dimostrato infatti che l’autonomia gestionale ha un minore impatto sul disagio psicologico del dipendente e quindi genera minore esternalità sulla sua salute e quindi meno spese.

Lucia Medri

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