Il Pola, Piano organizzativo del lavoro agile (Pola), individuerà le modalità attuative del lavoro agile da adottare ogni anno entro il 31 gennaio, prevedendo la possibilità per almeno il 60% dei dipendenti pubblici di avvalersene
Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, durante il lockdown 6,58 milioni di italiani hanno sperimentato il lavoro a distanza. Il nuovo decreto attuativo della Ministra della Funzione Pubblica Fabiana Dadone ha recepito le disposizioni dei dpcm del 13 ottobre e del 18 ottobre, fissando lo smart working per il 50% del personale della pubblica amministrazione, da richiedere in modo “semplificato” fino al 31 dicembre 2020 per coloro che svolgono operazioni eseguibili anche a distanza.
Cosa significa? La metà dei dipendenti alternerà giornate in ufficio e giornate di attività da casa: lo smart working, si legge nel decreto, “si svolge di norma senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ma può essere organizzato per specifiche fasce di contabilità, senza maggiori carichi di lavoro”.
La Legge di conversione del decreto rilancio n.77 del 17 luglio 2020 introduce il Piano organizzativo del lavoro agile (Pola), quale sezione del Piano della performance, da adottare ogni anno entro il 31 gennaio. Obiettivo di questo nuovo documento è la definizione delle modalità di introduzione e gestione dello smart working all’interno delle amministrazioni pubbliche con il coinvolgimento, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, di almeno il 60% dei lavoratori a partire dal 2021.
Nel 2021, ha chiarito la ministra per la Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, non ci sarà una percentuale fissa del lavoro agile per tutti gli uffici ma sarà decisa dai dirigenti a seconda dell’ente, in base alle attività che si possono svolgere online e tenendo in considerazione il livello di digitalizzazione.
Il Pola dovrà individuare le attività che si prestano ad essere svolte in smart working, i necessari adeguamenti dell’organizzazione, delle tecnologie, delle modalità di misurazione dei risultati, nonché delle competenze detenute. In altri termini, attraverso il Pola le amministrazioni definiscono modi e tempi per la messa a regime del lavoro agile. Come sempre, questo nuovo documento di programmazione può rappresentare l’ennesimo adempimento oppure una reale occasione di ripensamento dei modelli organizzativi e delle modalità di lavoro.
Nel corso di due workshop organizzati da Ifel (il primo e il 3 dicembre) è stata illustrata una possibile struttura e i principali contenuti del Pola, l’impatto potenziale dello smart working sulle amministrazioni pubbliche e le condizioni necessarie per una efficace messa a regime dello stesso. Con il decreto n. 34 del maggio 2020 convertito con legge n. 77 del luglio 2020, cosiddetto “Rilancio”, sono state introdotte alcune novità nell’ambito del lavoro agile con particolare riferimento alla Pubblica Amministrazione. Infatti, con l’art. 263 comma 1, dal 15 settembre 2020 cessa di avere effetto per la PA la limitazione della presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività ritenute indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, prevista dall’art. 87 comma 1 lett. a) d.l. n.18/2020.
Le P.A. devono adeguare la operatività di tutti gli uffici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali per assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la conclusione dei procedimenti. Al contempo, fino al 31 dicembre 2020, le Amministrazioni dovranno organizzare il lavoro dei dipendenti ed erogare servizi tramite la flessibilità, rivisitando l’articolazione giornaliera e settimanale, mantenendo in smart working il 50% dei dipendenti impiegati nelle attività che possono essere svolte in modalità agile. Queste dovranno essere ben individuate dalle singole Amministrazioni in considerazione della variabilità di vari elementi che dovranno essere presi in considerazione.
Il Pola individuerà le modalità attuative del lavoro agile, prevedendo la possibilità per almeno il 60% dei dipendenti pubblici di avvalersene, con la garanzia di non subire alcun tipo di penalizzazione anche ai fini della progressione di carriera. Il Piano Organizzativo dovrà, quindi, definire le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati. Nel caso invece, le Amministrazioni non adottino il Pola, il lavoro agile dovrà essere applicato ad almeno il 30% dei dipendenti, qualora lo richiedano. L’obiettivo, quindi, sembra essere la riduzione del numero dei dipendenti pubblici negli uffici con la tendenza verso un sistema più snello e produttivo tramite modalità flessibili di lavoro in termini di tempo e di spazio.
Infatti, rispetto alla direttiva n. 2 del 2017, che prevedeva l’adozione di misure per consentire, entro tre anni dall’emanazione, ad almeno il 10% dei dipendenti, qualora dagli stessi richiesto, lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, con il Decreto Rilancio si assiste ad una triplicazione del numero dei dipendenti che avranno la possibilità di ricorrere allo smart working. Pertanto, con esso, lo smart working sembra apparire anche in prospettiva come una possibile modalità ordinaria di svolgimento dell’attività lavorativa e potrebbe, in un futuro non lontano, diventare anche la normale forma di lavoro.
L’attenzione allo smart working nella Pa è vigile ormai dalla prima fase di lockdown. La Fondazione Ifel aveva già organizzato in giugno (e una nuova edizione in ottobre) un corso e-learning gratuito “Smartworking – Sfide e opportunità” per i Comuni italiani, frutto della collaborazione tra Ifel e Federica Web Learning, il Centro di Ateneo per l’innovazione, la sperimentazione e la diffusione della didattica multimediale dell’Università di Napoli Federico II. A giugno per supportare le amministrazioni nella fase di transizione verso lo smart working durante l’emergenza sanitaria, il corso ha già raggiunto quota 5.000 iscritti, oltre 2.000 dei quali appartenenti ad amministrazioni pubbliche centrali e locali. Il percorso formativo, pensato in una prospettiva comunale attraverso la selezione di best practice ed esperienze di Enti locali, ha l’obiettivo di supportare i singoli e le organizzazioni nello sviluppo delle competenze necessarie ad affrontare consapevolmente e positivamente il lavoro agile anche, e soprattutto, in un’ottica di futura rimodulazione dei contesti lavorativi. Il corso sinora ha ottenuto il 100% dei riscontri positivi da parte degli utenti.
Marco Barbieri
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