Emmanuele Massagli Presidente di Aiwa e Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto) chiarisce alcuni punti del dibattito odierno sui buoni pasto a seguito delle ultime proteste e della recente nota Consip sull’avvio di una ricognizione sulla scontistica
Le aziende cambiano atteggiamento: dopo aver scommesso sull’evoluzione del mercato, Fipe Confcommercio grida al collasso, minaccia uno sciopero e chiede entro l’autunno una riforma…cosa è successo in questi primi mesi?
Non vi sono fatti di cronaca politica o economica attuali, non è stato periodo di interventi normativi o di nuove assegnazioni di gare pubbliche. L’unica novità è il tavolo di lavoro aperto al Ministero dello Sviluppo Economico con lo scopo di inserire nei contratti di convenzionamento una fidejussione a garanzia degli esercenti. Il movimento mediatico è quindi motivato dalla volontà degli esercenti di segnalare al decisore pubblico – come più volte fatto nel corso degli anni – l’illogicità di un mercato rovinato dal meccanismo di gara Consip al massimo ribasso. È una intenzione legittima e condivisa da ANSEB nelle sue intenzioni profonde. Questo il messaggio forte emerso dalla conferenza stampa alla quale si fa riferimento, nella quale è stato anche annunciato un contenzioso tra gli esercenti e Consip per la mancata vigilanza sul caso di QuiGroup. Contenzioso che noi di ANSEB non solo approviamo, ma abbiamo reso possibile dando mandato a Fipe di rappresentare anche noi.
La presunta “tassa occulta del 30% sul valore di ogni ticket”, incomprensione o dato di fatto?
Un dato arrotondato per motivi comunicativi: ad oggi, come emerso nel corso della stessa conferenza stampa citata, la media degli sconti in gara Consip è attorno al 19,5%, non al 30%. Il resto sono costi di gestione che riguardano l’esercente, non il servizio specifico. Anche il 19,5% è una cifra elevata, comunque, sebbene non sempre richiesta per intero alla rete degli esercenti: dietro queste cifre vi sono sovente dei meccanismi di retrocessione in servizi o pubblicità di parte di queste commissioni, che abbattono di diversi punti la cifra apparentemente pattuita. Il totale risulta quindi più basso di quello apparso sui media. Attenzione però: questo meccanismo (c.d. retromarketing) è problematico ed è anch’esso una stortura della gara pubblica. Inoltre, non attenua il problema della crescita delle commissioni che gli esercenti fanno bene a segnalare.
Facciamo ancora una volta chiarezza: quanto costa il passaggio alla digitalizzazione e perché un’azienda dovrebbe farlo?
Nell’ultima finanziaria è stato abbassato il valore defiscalizzato e decontribuito dei buoni cartacei a 4 euro. Concretamente, vuole dire che oggi se un lavoratore riceve dalla sua azienda un buono del valore più alto di 4 euro, sulla differenza azienda e lavoratore pagano le rispettive quote di contributi e il lavoratore le tasse da reddito da lavoro secondo la sua aliquota. Il valore incentivato del buono digitale è stato invece innalzato a 8 euro. Quindi, per intenderci, se decidessimo di riconoscere a un dipendente un buono da 8 euro (cifra che in molte zone d’Italia non basta per pranzare), in un caso (cartaceo) all’azienda costerebbe circa 9,2 euro e il lavoratore ne percepirebbe circa 6,50; nel secondo caso (digitale) il costo azienda sarebbe di 8 euro e così anche il netto spendibile dal dipendente. Non è una differenza di poco conto.
Qual è la differenza tra un’erogazione dei buoni pasto disciplinata da un accordo sindacale e un’altra vincolata da un regolamento aziendale?
Per il lavoratore non c’è differenza: il buono pasto è sempre quello e spesso il dipendente non è a conoscenza se alla base vi sia un contratto o un regolamento. Il punto è che il contratto è decisamente più rigido da gestire, mentre il regolamento è una decisione unilaterale, quindi subitanea. Il problema si pone quando cambia la legislazione (è stato in passato così anche in materia di premi di produttività o welfare): se nell’accordo il valore del buono è fissato esplicitamente a 5,29 euro e la modalità individuata è quella cartacea, in coerenza con la vecchia normativa, occorre un nuovo accordo per passare all’elettronico e/o per alzare/abbassare il valore. Intanto che si compie questa operazione, 1,29 euro iniziano ad essere tassate e contribuite. Il sindacato è certamente disponibile a valutare velocemente questi casi, ma dietro agli accordi sindacali vi sono spesso nodi e tensioni ben più urgenti e profonde del buono pasto, che potrebbero allungare i tempi.
Anseb ha in animo qualche iniziativa sui buoni pasto?
Di proposte normative ne abbiamo fatte tantissime, quasi mai ascoltate. Da anni proponiamo il superamento della centralità della offerta economica per l’assegnazione dei lotti di gara CONSIP mediante la fissazione di un limite massimo di punteggio associato allo sconto. Si tratta di un meccanismo già utilizzato dalle amministrazioni che non si avvalgono di CONSIP. Sempre in questa direzione si muovono altre proposte, attivabili senza modifiche normative: innalzamento del numero di esercenti da convenzionare; maggiore differenziazione della rete secondo indicatori di qualità; passaggio al solo buono pasto digitale. Normativamente andrebbe salvaguardato il valore nominale del buono pasto anche in sede di offerta in gara. Si potrebbe inoltre realizzare un fondo di garanzia a tutela degli esercenti alimentato da una percentuale del circolante relativo alle gare pubbliche. È da valutarsi anche un irrigidimento dei requisiti per l’autorizzazione alla attività di emissione dei buoni pasto, non soltanto per quanto concerne la solidità patrimoniale, ma anche prevedendo per legge che il soggetto giuridico incaricato del rimborso dei buoni pasto alla rete degli esercenti affiliati sia lo stesso assegnatario dell’appalto o contraente del contratto. È opportuno, infine, istituire per decreto, senza oneri per lo Stato, una commissione nazionale rappresentativa dei portatori di interesse del servizio sostitutivo di mensa. Nel dibattitto di questi giorni non vedo da nessuno questo dettaglio di proposta, già messo in forma di norma. Perché non unire le forze e convincere la politica ad ascoltarci?
Possiamo avere ad oggi un dato delle aziende che hanno fatto richiesta dei buoni digitali e delle aziende emettitrici che si sono organizzate per predisporre il pagamento negli esercizi commerciali?
Il dato in un mese e mezzo è ancora incerto, ma sappiamo che il mercato ha compreso la novità e sta reagendo: il primo sondaggio ci dice che oltre il 60% dei clienti del cartaceo si è interessato al digitale e che il 30% di questi sta già predisponendo il passaggio. Entro fine anno il mercato sarà in larga maggioranza digitalizzato.
Lucia Medri
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Novembre 18, 2024