A Moncalvo, nel cuore del Monferrato, questo tempo è tornato a vivere, pennellata dopo pennellata, lungo i portici di piazza Carlo Alberto.
Il prossimo 2 giugno sarà inaugurato il murale del maestro Mario Pavese, uno degli interpreti più autentici della cultura visiva del territorio, realizzato dall’artista Luca Mancini.
Il progetto Monferrando, finanziato con i fondi del Pnrr Bando Borghi grazie alla sinergia tra i Comuni di Moncalvo, Penango e Ponzano, è molto più di un intervento artistico: è un gesto collettivo di rigenerazione urbana e culturale, un atto di cura verso la storia e l’identità del luogo.
Oltre 100 personaggi animano una superficie di oltre 60 metri di lunghezza per 4 metri di altezza. Sono figure dense di significato, che raccontano la comunità com’era, com’è stata, com’è ancora nel cuore di chi l’ha vissuta. Il murale è un vero e proprio “film disegnato”, come lo definiscono Elvira e Roberto Pavese, figli del pittore e autori del progetto: “È una dichiarazione d’amore per Moncalvo e per i suoi abitanti”.
Tra le scene rappresentate, si leggono con immediatezza le trame di una vita quotidiana fatta di umanità e relazioni sincere. Il medico condotto che visita i pazienti direttamente dall’auto, per risparmiare tempo e raggiungere tutti. Le trattative in piazza, concluse con una stretta di mano e uno sguardo d’intesa, quando la parola valeva più di un contratto. I bambini che giocano felici tra le case, liberi e sorvegliati da un’intera comunità attenta e partecipe. Il prete del paese che ascolta, consiglia, accompagna.
Sono scene che parlano di un welfare spontaneo e diffuso, costruito giorno dopo giorno da una rete invisibile di relazioni, di senso civico, di mutuo soccorso. Un welfare fatto in casa, nei cortili, sotto i portici, nei bar, nei campi. La cultura contadina che si fa custodia, trasmissione di valori, rispetto per la terra e per gli altri.
In un’epoca che corre veloce verso il futuro, il murale di Moncalvo ci invita a fermarci e guardare indietro non con nostalgia, ma con gratitudine e consapevolezza. Perché nella cura della memoria si nasconde la chiave per rigenerare anche il presente. Un gesto d’arte diventa così un gesto di comunità. E viceversa.
Chi passerà sotto quei portici, da ora in poi, non vedrà soltanto un affresco: vedrà una comunità viva, raccontata con i colori, le emozioni e la dignità di chi ne ha fatto parte.
E forse, proprio lì, riconoscerà qualcosa di sé.
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Novembre 18, 2024