11 Maggio2023

Plasmon report natalità: per il 53,1%, le aziende non rispondono alle esigenze delle famiglie

natalità

Stati Generali della Natalità, in programma a Roma l’11 e il 12 maggio: 1 lavoratore su 3 vuole allargare la famiglia ma il 64% di loro non riesce a bilanciare vita e lavoro, la ricerca di Plasmon

Plasmon presenta la ricerca Le aziende e la natalità: le azioni per sostenere genitori lavoratori, condotta da Community Research & Analysis sotto la direzione di Daniele Marini (Università di Padova). Uno strumento che rientra nell’ambito di Adamo, una piattaforma aperta di collaborazione fra aziende e istituzioni, lanciato da Plasmon con l’obiettivo di portare azioni concrete e unire esempi virtuosi a sostegno della genitorialità, attraverso la realizzazione di una carta dei valori condivisa.

Non solo, Plasmon annuncia anche l’ingresso nel progetto di Chicco, confermando così l’impegno di entrambe le aziende, insieme a tutte le altre che si stanno unendo alla piattaforma Adamo, nell’identificare soluzioni per creare le condizioni migliori, sul luogo di lavoro, volte sostenere concretamente la genitorialità. Entrambe le realtà hanno iniziato un percorso in questa direzione con iniziative a supporto della genitorialità in azienda, come per esempio i 60 giorni retribuiti al 100% nel congedo parentale richiesto dalla figura secondaria nell’accudimento del bambino, messi a disposizione da Plasmon, oltre ai 10 giorni retribuiti previsti per legge.

Quali fattori determinano la denatalità

Secondo la ricerca, infatti, 1 lavoratore su 3 (31,5%) vorrebbe allargare la propria famiglia. Se però è vero che le iniziative di welfare aziendale sono presenti nella maggior parte delle imprese (il 50,4% di queste mette a disposizione dei suoi lavoratori una o più iniziative), è anche vero che il 23,5% ne prevede soltanto una e addirittura il 26,1% nessuna. Decisamente meno frequenti, invece, le misure di supporto economico ai dipendenti: il 48,5% delle aziende non ne presenta nessuna, il 24,4% una sola e solo il 27,1% due o più. Questo dato risulta ancora più rilevante se si considera che, secondo un’altra ricerca realizzata da Plasmon a febbraio (“Figli: una ricchezza onerosa”), per più di un italiano su due (53,5%) le ragioni che spingono a non avere figli sono legate prevalentemente alla sfera economica (i costi) e a quella lavorativa (timori di perdere il lavoro) e organizzativa (carenza di servizi per le famiglie).

Misure sul lavoro che favoriscono la natalità richieste dai dipendenti

Il disallineamento tra le attese dei lavoratori e le azioni offerte dalle imprese appare evidente se si confrontano le attività più richieste e valutate utili dai lavoratori per la cura dei figli e quelle che effettivamente le aziende mettono in campo. In prima posizione c’è l’orario di lavoro flessibile, richiesto dal 73,8% dei dipendenti (ma adottato solo dal 36,9% delle imprese), a seguire i permessi retribuiti per le visite mediche dei figli, giudicati utili dal 70,8% dei rispondenti (e messi in campo dal 28,6% delle aziende), e i check-up per lo stato di salute (considerati utili dal 68,6% dei lavoratori e adottato dal 22,9% delle imprese). Quarto e quinto posto di questa speciale classifica sono occupati da asili aziendali (66,3% vs 8,3%) e congedi genitoriali più estesi (65,3% vs 14,8%).

Chiedendo ai lavoratori dipendenti delle valutazioni rispetto al contesto aziendale in cui sono inseriti, emerge come circa un terzo di loro trovi l’ambiente di lavoro non particolarmente accogliente a fronte delle necessità dei genitori lavoratori. Il 41% circa afferma, addirittura, di percepire che venga richiesto loro di mettere il lavoro prima della famiglia, lavorando più ore rispetto a quanto contrattualizzato o sentendosi obbligati ad accettare promozioni e trasferimenti per non mettere a rischio le proprie possibilità di carriera. Il 35% circa dei collaboratori, invece, valuta che sia facile bilanciare lavoro e vita familiare, trovando i manager solidali nei confronti delle responsabilità genitoriali dei dipendenti. A livello generale, infine, il 53,1% dei lavoratori afferma che la sua azienda non risponde o risponde solo in parte alle esigenze dei genitori.

“Queste evidenze dimostrano ancora una volta quanto sia importante e necessario che pubblico e privato lavorino insieme per trovare soluzioni condivise sul tema della genitorialità. Diventa rilevante agire all’interno delle organizzazioni con strumenti concreti sulla base delle esigenze espresse direttamente dai lavoratori, come la flessibilità e congedi parentali inclusivi. In Plasmon, oltre a garantire i 60 giorni di congedo al secondo genitore, offriamo anche una settimana corta di 4 giorni alle madri di ritorno dalla maternità, in entrambi i casi con retribuzione al 100%. Sono dei primi passi ma stiamo già lavorando al rafforzamento delle nostre parental policies per garantire un ambiente lavorativo a misura di tutti” – commenta Konstantinos Delialis, Managing Director Kraft Heinz Italia/Plasmon. “Proprio per questo, siamo particolarmente felici che un’azienda importante come Chicco sia salita a bordo della piattaforma Adamo: nei prossimi mesi ci confronteremo con loro e con altre istituzioni e aziende che stanno facendo il loro ingresso nel progetto e rappresentano un punto di riferimento nei rispettivi settori, come ad esempio Edenred, perché solo agendo in sinergia si può raggiungere l’obiettivo comune”.

“Abbiamo scelto di unirci a Plasmon nel progetto Adamo, perché condividiamo l’esigenza di agire concretamente sul tema della natalità in Italia e siamo convinti che lavorare a supporto della genitorialità sia il primo passo affinché questo cambiamento avvenga” – dichiara Corrado Colombo, Commercial Vice President Europe, Gruppo Artsana/Chicco – “Chicco è da sempre vicino alle famiglie, ascoltando le loro esigenze e cercando di supportarle: crescere un bambino richiede un impegno davvero importante, tanto emotivo quanto economico e siamo consapevoli delle difficoltà che si incontrano e dei mille dubbi che vivono i genitori. Per questo da sempre ci impegniamo a sostegno della genitorialità, in tutte le sue forme: da incentivi e ausili che possano aiutare in modo concreto i nostri dipendenti a cui nasce o che adottano un bambino, come kit di prodotti, abbonamento pannolini o l’asilo aziendale convenzionato, fino a progettualità benefiche di più ampio respiro sociale, come l’iniziativa Chicco di Felicità che, da oltre 10 anni, cerca di dare un supporto alle famiglie che si trovano in condizioni di fragilità.  Sappiamo che la strada è ancora lunga e c’è molto altro da fare, ma confidiamo che collaborare e condividere esperienze, soluzioni e spunti con altre realtà e aziende possa generare nuovi stimoli e, ci auguriamo, risultati positivi e concreti”.

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