11 Settembre2019

Deloitte ha una formula vincente per il welfare: diversità + inclusione

In occasione dell’evento Global Inclusion a Bologna, l’azienda di servizi di consulenza e revisione Deloitte ha presentato la sua ricerca

Deloitte ha preso parte alla giornata Global Inclusion attraverso l’intervento “Make an impact that matters” sui clienti, dipendenti e sulla società. L’obiettivo consiste nel creare una cultura organizzativa inclusiva a 360°, vale a dire offrire un ambiente lavorativo che dia l’opportunità a ciascuno di sentirsi libero di esprimere il suo se autentico, rispetti i bisogni individuali, sia in grado di valorizzare l’unicità e le prospettive di ogni individuo.

“L’inclusion” secondo Deloitte può essere riassunta da una frase “I feel free and safe to be myself at work, without fear of embarassment or retaliation”, è un invito a ciascuno ad essere se stessi e a esprimere il proprio punto di vista senza paura di pregiudizi, molestie o discriminazioni. Questa serie di pratiche fa parte dei work innovative behaviour, comportamenti innovativi frutti della diversità cognitiva che costituisce la nuova frontiera dell’inclusione. Per diversità cognitiva, Deloitte si riferisce alla diversità educativa e funzionale, nonché alla diversità del framework/struttura mentale che le persone usano per risolvere i problemi. Cioè la gamma di modi diversi con cui il cervello degli umani raccoglie le informazioni provenienti dall’esterno, le analizza, le conserva, le interpreta e le monta insieme per risolvere i problemi. La strategia dell’inclusione in Deloitte si basa su un approccio olistico della diversità che va oltre la dimensione demografica (genere – origine nel senso razza/etnia), appurato ciò si tratta dunque di andare oltre per raggiungere la diversità di pensiero. Le ricerche condotte da Deloitte dimostrano che la diversità di pensiero è una fonte di creatività, contribuisce ad aumentare l’innovazione di circa il 20 percento, consentendo di individuare i rischi in modo più efficace, riducendoli fino al 30 percento, ma facilita anche l’implementazione delle decisioni prese creando buy-in e promuovendo rapporti di fiducia.

 

Il grafico illustra il fatto che più i team member sono “diversi”, per esempio in termine di genere, età, provenienza geografica, più la qualità delle decisioni prese è alta. La ricerca di Deloitte rivela che i team ad alte prestazioni sono diversi sia sul punto cognitivo che demografico. Del resto, un problema complesso richiede input da 6 approcci mentali diversi: prove, opzioni, risultati, fattore umano, processo e rischio. Nessuno può essere ottimale in tutti i 6 approcci mentali, ne deriva l’importanza di disporre di team di lavoro con persone che siano complementari. La diversità demografica, da parte sua, aiuta il team a basarsi sulle conoscenze e sulle reti specifiche di un particolare gruppo demografico.

Per esempio, la diversità razziale /etnica stimola la curiosità mentre l’equilibrio di genere l’arricchimento delle prospettive e della discussione. La diversità di pensiero genera effetti potenti per 2 motivi:
in primo luogo, aiuta i sostenitori della diversità perché crea una “pubblicità” positiva attraverso le testimonianze delle persone che si sentono “prese in considerazione per il loro contributo cognitivo” e parte di un obiettivo condiviso. In secondo luogo, riflette più accuratamente la complessità di un gruppo invece di concentrarsi su un solo aspetto specifico dell’identità sociale o demografica. Inoltre, la diversità cognitiva permette di capire a meglio l’utilità della diversità demografica, la quale non è solo fine a se stessa, ma contribuisce a generare diversità cognitiva.

In poche parole, la diversità senza l’inclusione porta a risultati inferiori a quelli che si possono raggiungere quando i due sono combinati insieme. fig 2

 

Deloitte evidenzia inoltre come la definizione di “inclusione” sia spesso lasciata all’interpretazione personale e molte organizzazioni non siano chiare sul significato; senza una definizione condivisa dell’inclusione, un’organizzazione è confrontata a vari rischi che vanno a compromettere il successo della strategia d’inclusione. I progressi nell’implementazione rischiano di essere valutati in modo meno affidabile perché basati su una definizione non comune a tutti (rischio di parzialità delle valutazioni).

La ricerca di Deloitte rivela che una definizione olistica che comprende quattro elementi significati e correlati tra di loro (fig 3):

 


– Fairness & respect

-Valued & belonging

– Safe & open

– Empowered & growing

In primo luogo, le persone si sentono incluse quando vengono trattate in modo equo e rispettoso. L’assenza di favoritismo nella selezione dei protagonisti per qualsisia progetto/gruppo di lavoro o nel processo di promozione per esempio, è il punto di partenza per un’inclusione effettiva che permetta la valorizzazione di tutti i talenti e delle diversità di cui sono portatori, considerati come fattori di ricchezza individuale ma anche collettivo. Il secondo elemento è legato al fatto di “sentirsi apprezzati” e di provare un “senso di appartenenza”. Le persone considerano un ambiente lavorativo inclusivo quando percepiscono che il loro sé unico e autentico è valorizzato e preso in considerazione con rispetto, provano un senso di connessione e/o d’appartenenza con l’azienda/il gruppo di lavoro. Infine, si può considerare di avere raggiunto un livello significativo di maturità in termine d’inclusione quando la cultura organizzativa dà la possibilità a ciascuno di sentirsi “sicuro” (nel senso “safe”) di esprimere il proprio punto di vista senza timore di imbarazzo o senza temere conseguenze negative sul percorso di carriera e/o rappresaglie; le persone si sentono “empowered”/spinte/incoraggiate a crescere e dare il meglio al lavoro.

Le ricerche di Deloitte dimostrano che i comportamenti dei manager possono determinare fino a 70 punti percentuali di differenza tra la percentuale di dipendenti che si sentono fortemente inclusi e la percentuale di coloro che non si sentono fortemente inclusi. Questo effetto è ancora più significativo per le persone che appartengono ai gruppi detti di minoranza. Inoltre, un aumento del senso di inclusione dell’individuo si traduce in un aumento delle prestazioni percepite del team (+ 17%), della qualità del processo decisionale (+ 20%) e della collaborazione (+ 29%). Questi risultati sono illustrativi dell’impatto che un leader ha sul team e la sua performance.

 

Lucia Medri

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