21 Febbraio2025

GIMBE: spesa sanitaria “arginata” da difficoltà economiche e “gonfiata” da spesa a basso valore

GIMBE

Report Fondazione GIMBE commissionato da ONWS (Osservatorio Nazionale Welfare & Salute) sulla spesa sanitaria 2023 in Italia

Dal Report dell’Osservatorio GIMBE sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023, commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (ONWS) e presentato oggi al CNEL emerge il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa. «L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al SSN. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni».

In un contesto di crescenti difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la spesa sanitaria delle famiglie – cd. out-of-pocket – ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, registrando un incremento del 26,8% tra il 2012 e il 2022. In Italia, la spesa out-of-pocket è rilevabile attraverso quattro dataset istituzionali: tre dell’ISTAT (SHA, Conti Nazionali e indagine campionaria sulle famiglie) e il Sistema Tessera Sanitaria, che raccoglie i dati per la dichiarazione dei redditi precompilata. Questi dataset differiscono per metodologia di raccolta dati, fonti e livello di dettaglio analitico, determinando variazioni nell’entità della spesa out-of-pocket e nelle categorie che la compongono.

Secondo i dati ISTAT-SHA, nel 2023 la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto € 176,1 miliardi di cui € 130,3 miliardi di spesa pubblica (74%), € 40,6 miliardi di spesa privata pagata direttamente delle famiglie (23%) e € 5,2 miliardi di spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%). Considerando solo la spesa privata, l’88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l’11,4% è intermediata. «Questi valori – commenta Cartabellotta – riflettono tre fenomeni chiave: il sottofinanziamento pubblico, l’ipotrofia del sistema di intermediazione e il crescente carico economico sulle famiglie. Siamo molto lontani dalla soglia suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: per garantire equità e accessibilità alle cure, la spesa out-of-pocket non dovrebbe superare il 15% della spesa sanitaria totale».

L’Italia resta nettamente indietro rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda la spesa intermediata; con un valore pro-capite di $ 143, il dato italiano è meno della metà della media OCSE ($ 299) e ben al di sotto della media dei paesi UE ($ 262). Tra gli stati membri dell’UE, ben 12 spendono più dell’Italia, con differenze che vanno dai +$ 33 della Danimarca ai +$ 688 dell’Irlanda, mentre altri 9 paesi spendono meno: dai -$ 5 delle Grecia ai -$ 116 della Repubblica Slovacca.

Le principali voci di spesa sanitaria delle famiglie riguardano:

  • l’assistenza sanitaria per cura (comprese le prestazioni odontoiatriche) e riabilitazione, che rappresenta il 44,6% del totale (€ 18,1 miliardi)
  • i prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (36,9%, pari a € 15 miliardi)
  • l’assistenza a lungo termine (LTC), che assorbe il 10,9% della spesa complessiva, per un totale di € 4,4 miliardi

I fattori che comportano la rinuncia alle cure:

  • limitazione delle spese sanitarie, che nel 2023 ha coinvolto il 15,7% delle famiglie
  • indisponibilità economica temporanea per far fronte alle spese mediche (5,1% delle famiglie nel 2023)  In particolare, nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici, di cui 2,5 milioni per motivi economici, con un incremento di quasi 600.000 persone rispetto al 2022.

La spesa intermediata attraverso fondi sanitari, polizze individuali e altre forme di finanziamento collettivo rimane limitata: nel 2023 ammonta a € 5,2 miliardi, ovvero il 3% della spesa sanitaria totale e l’11,4% di quella privata. «Il ruolo integrativo dei fondi sanitari rispetto alle prestazioni incluse nei LEA – commenta Cartabellotta – è limitato da una normativa frammentata e incompleta e la spesa intermediata compensa solo in parte il carico economico sulle famiglie».

«La sanità integrativaIvano Russo, Presidente di ONWS – sostiene la salute dei lavoratori e delle loro famiglie, si alimenta grazie alle scelte delle parti sociali in sede di CCNL e rappresenta una forma avanzata di welfare sussidiario a supporto di quello pubblico. Tuttavia, può svilupparsi solo se realmente integrativa rispetto ad un SSN in buona salute per intermediare la quota di spesa ad elevato valore delle famiglie, grazie alle auspicate riforme che il settore attende da anni».

«Innanzitutto – spiega Cartabellotta – il dibattito sull’entità della spesa out-of-pocket da intermediare si basa su un quadro distorto. La spesa delle famiglie, infatti, è da un lato “arginata” dalle difficoltà economiche, che lasciano insoddisfatti reali bisogni di salute, dall’altro è “gonfiata” dalla spesa a basso valore, indotta da inappropriatezza, consumismo sanitario e capacità di spesa individuale».

Per ridurre la spesa out-of-pocket ci vuole un approccio di sistema articolato in tre azioni:

  • un progressivo e consistente rilancio del finanziamento pubblico, da destinare in primis alla valorizzazione del personale sanitario per rendere più attrattiva la carriera nel SSN.
  • una maggiore sensibilizzazione dei cittadini per contrastare gli eccessi di medicalizzazione
  • una formazione mirata dei medici per limitare le prescrizioni inappropriate
  • una rimodulazione del perimetro dei LEA, oggi insostenibili per il numero di prestazioni incluse rispetto alle risorse pubbliche disponibili, per restituire al secondo pilastro il ruolo primario d’integrazione rispetto alle prestazioni non incluse nei LEA, come l’odontoiatria e la long-term-care, alleggerendo così la spesa delle famiglie

«Infine – precisa Cartabellotta – considerato che la richiesta di rimborsi da parte dei fondi sanitari cresce proporzionalmente all’incapacità del SSN di garantire prestazioni in tempi adeguati, si rischia di compromettere la sostenibilità stessa della sanità integrativa, delineando uno scenario critico. Da un lato l’aumento della spesa out-of-pocket e delle polizze assicurative individuali per chi può permettersele; dall’altro, la crescita dei fenomeni di riduzione delle spese per la salute e di rinuncia alle cure, con peggioramento degli esiti di salute. In definitiva, il secondo pilastro, previa adeguata riforma, può essere sostenibile solo se integrato in un sistema pubblico efficace. Altrimenti rischia di crollare insieme al SSN, spianando definitivamente la strada alla vera privatizzazione della sanità, che alimenta iniquità e diseguaglianze e tradisce per sempre l’articolo 32 della Costituzione e i princìpi fondanti del SSN».

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