Dal convegno “Long Term Care. Sviluppo e sostenibilità” organizzato dall’Associazione Lavoro&Welfare emergono delle criticità di sistema che potrebbero però essere risolte grazie un nuovo modello di welfare. Le proposte, secondo il Consigliere dell’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) Riccardo Cesari
Quadro d’insieme
Il tema della Long Term Care – LTC ha una chiara rilevanza sistemica poiché la non autosufficienza ha tutte le caratteristiche di una “catastrofe naturale individuale” non molto dissimile, nei suoi effetti dirompenti, dalle catastrofi naturali globali di origine ambientale: simile la rilevanza, simile l’impatto aggregato sulla collettività, simile l’esposizione e la sotto-copertura di cui soffrono le famiglie italiane, simile lo strumentario tecnico e regolamentare che potrebbe essere messo in campo, in modo sistemico, per alleviare il problema. Si potrebbe anzi sostenere che in termini di hazard l’esposizione alla non autosufficienza è persino più elevata di quella, già alta in Italia, a terremoti e alluvioni.
“Come si è fatto per il settore previdenziale, si rende necessaria anche nel settore socio-sanitario e dell’assistenza, un’evoluzione che renda più sostenibile e incisivo l’intervento pubblico per le famiglie meno abbienti e nel contempo – per le altre fasce della popolazione – più diffuso il ricorso a forme assicurative che coprano i rischi della terza e quarta età” ha affermato il Consigliere dell’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) Riccardo Cesari nel suo intervento.
Spesa pubblica e privata per LTC
Oggi la spesa pubblica per LTC (spesa sanitaria, per indennità di accompagnamento e per altre prestazioni) è di circa 38 miliardi, pari al 2% del PIL ed è prevista una crescita al 2,8% nel 2070. La spesa privata (per le RSA e per l’assistenza domiciliare) è stimata in circa 33 miliardi (1,7% del PIL). Inoltre, la spesa privata è quasi interamente out-of-pocket, poiché la raccolta delle polizze assicurative LTC è di soli 178 milioni di euro, appena lo 0,2% dei premi Vita. Rispetto a questa evidenza, Cesari ha ribadito: “La questione non si porrebbe se la sanità pubblica erogasse servizi adeguati, per quantità e qualità, alle esigenze della popolazione. Ma è ben noto che questo non è il caso. Nonostante la dura lezione del COVID-19, la spesa pubblica, in rapporto al pil, è bassa nel confronto internazionale e decrescente nelle previsioni di bilancio”.
Verso un nuovo modello di welfare
La proposta è quella di dare una soluzione strutturale al problema della non autosufficienza mediante un sistema di partenariato tripartito, Stato-Imprese-Terzo Settore, con prestazioni ben definite, economicamente sostenibili e qualitativamente controllate. Tale sistema misto pubblico-privato si baserebbe sull’approccio mutualistico della contribuzione e della copertura, per venire incontro all’esigenza di LTC di tutta la popolazione italiana. Lo Stato stabilirebbe le regole e garantirebbe un’adeguata deduzione fiscale dei versamenti; i datori di lavoro e i lavoratori verserebbero la rispettiva contribuzione; le imprese di assicurazione gestirebbero le risorse offrendo rendite monetarie o risarcimenti “in forma specifica” da imprese sociali specializzate nella cura delle persone, con adeguati presidi di vigilanza sulla qualità dei servizi.
“Da non trascurare il fatto che il Terzo Settore potrebbe offrire non solo assistenza ma anche occasioni di adeguate attività lavorative per le disabilità meno gravi. Si tratterebbe, quindi, di un nuovo welfare, delineato secondo i principi dell’economia civile, focalizzato più sulle vulnerabilità (ex ante) che sulle fragilità (ex post) e attento alle tre dimensioni del benessere collettivo: universalità, efficienza e “qualità relazionale” dei servizi” ha concluso Cesari.
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