Josas è il partner italiano di The International Retail Network, un gruppo di professionisti leader nel settore immobiliare, con sede nel centro di Roma. Grazie al suo osservatorio, si dedica all’elaborazione e sviluppo di strategie immobiliari complesse, studiate su misura per il cliente in base alle esigenze tecniche ed economiche. Con Raffaele Rubin, Founder e partner, e Mauro Ciardi, Head of Corporate Department, parliamo dell’evoluzione degli uffici e di come sta cambiando la loro richiesta nel mercato del welfare aziendale
Secondo Josas, a Roma nel primo semestre dell’anno corrente sono stati locati oltre 80 mila mq di uffici, con un incremento di circa il 18%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La domanda si è focalizzata principalmente sull’EUR (33%) e sul centro e semicentro. La limitata offerta di spazi ad uso ufficio di categoria A (spazi già pronti per accogliere l’utilizzatore finale, che deve portare solo le scrivanie ed i computer) ha determinato che gli immobili di categoria B (spazi da allestire) hanno avuto una vasta preferenza (61%).
Nella pianificazione di strategie immobiliari complesse, nel post pandemia in che modo sta cambiando la ridefinizione dei negozi e/o uffici, quali spazi vengono ricercati e con quali caratteristiche?
Raffaele Rubin: Stiamo assistendo a una ridefinizione degli spazi: nel comparto ufficio, quelle che erano le presenze calcolate all’interno di una sala sono state ridistribuite in base ad altre esigenze dovute al rispetto della distanza interpersonale e alla scelta di molte realtà di preferire, confermandola, la modalità in smart working. Osserviamo allora un trend influenzato da un mix di fattori di cambiamento che comprendono anche il turn over, i costi di locazione e, non ultima, la crisi energetica in atto. Le aziende invece di prendere degli uffici più grandi e spendere di più in affitto, stanno prediligendo delle formule ibride di gestione del lavoro per le quali ci sono sempre meno collaboratrici e collaboratori che occupano fisicamente la scrivania. Per quanto riguarda invece i negozi, vale lo stesso discorso: il concetto del punto vendita affollato è stato totalmente abbandonato. Il futuro è tracciato, molte persone non amano più stare in posti chiusi a lungo, che siano esercizi commerciali o uffici, e cresce anche il disagio e la paura di stare in situazioni con tanta gente. Nel mondo del retail viene quindi molto apprezzato tutto ciò che riguarda il dehors, soprattutto in relazione al comparto food: per qualsiasi bar e/o ristorante, grande o piccolo che sia, non è più contemplabile l’assenza di uno spazio all’esterno, nel quale poi ci si reca durante la pausa pranzo, poiché il concetto di mensa aziendale è ormai obsoleto.
Ci sono zone di Roma più innovative da questo punto di vista e quali lo sono meno, quartieri di uffici come Prati e l’Eur hanno iniziato a cambiare e ad adattarsi?
Mauro Ciardi: in prevalenza nella zona dell’Eur sta nascendo una nuova generazione di parchi direzionali tecnologici, luoghi che offrono spazi esterni, hub verticali trasparenti con ambienti accoglienti e funzionali, all’avanguardia. Qui saranno ospitati i coworkers e i “nomadi digitali” che potranno usufruire di spazi per incontri informali e che, all’occorrenza e in maniera molto rapida, possono diventare degli auditorium. L’ambiente produttivo di queste officine creative e dinamiche si alterna a spazi verdi e ricreativi, con caffetterie e playroom, e tutti sono realizzati seguendo driver di benessere ed ecosostenibilità. Lavorare in questi luoghi è come lavorare a casa, persone diverse possono trascorrervi gran parte delle loro giornate e creare nuovi contatti e sinergie. In Prati c’è domanda per spazi da adibire a uffici ma manca l’offerta.
Quanto costerebbero questi uffici a misura di persona?
Mauro Ciardi: Non più di un ufficio di vecchia concezione. Scegliere delle soluzioni simili, come queste citate all’interno dei parchi tecnologici, permette di ottimizzare l’utilizzo degli spazi di lavoro integrati da aree condivise, non solo per scopi lavorativi ma anche per riunioni e socializzazione.
Non solo Roma, la vostra gestione di immobili commerciali comprende anche 12 Paesi, 22 città, e 108 locali aperti nel 2018. Con quali differenze di mercato e di posizionamento? Gli uffici e i negozi stanno cambiando in maniera uniforme o con alcune specificità?
Raffaele Rubin: Rispetto alla dimensione della nostra città, il dato che emerge è che le aziende vogliono investire a Roma, è una città con tante potenzialità ma è indietro. Secondo i sondaggi fatti, i turisti trovano il tempo di vedere i monumenti e poi vanno via. Ritardo di cui soffre l’Italia tutta rispetto agli altri paesi, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti nel green. Milano sta procedendo a un aggiornamento proprio negli ultimi anni e, a seguito di interventi strutturali e onerosi investimenti, molti spazi sono adesso all’avanguardia. Roma, invece, fatica ancora, alcuni edifici non possono essere locati perché non sono affatto a norma e ristrutturarli comporterebbe un enorme dispendio di risorse. Molti palazzi sono oggi completamente abbandonati e questo stallo sta limitando anche l’avvento di aziende e grandi gruppi che avrebbero bisogno di aprire la loro seconda filiale nella Capitale. Anche il comparto retail è indietro nel nostro paese, superato dai nuovi concept che stanno diffondendosi in Gran Bretagna e in Francia. Al netto però di un primato raggiunto da Via del Corso come terza via di passaggio in Europa, superata quest’anno dal primato degli Champs Élysées.
Nel settore retail sono state diffuse delle linee guida che rispettano i criteri dell’agenda 2030 per quanto riguarda la sostenibilità?
Raffaele Rubin: c’è un dato che è opportuno ribadire con onestà, bisogna far ripartire il mercato. Innanzitutto. In questo momento sia le aziende che i territori hanno come preoccupazione primaria quella di dare aria al comparto business. Siamo convinti, lo deduciamo dalle nostre analisi, che da inizio 2023 potremmo entrare nel tema degli adeguamenti normativi e diventare maggiormente ecosostenibili, per quanto riguarda strade, uffici e negozi.
Mauro Ciardi: parliamo da un po’ di tempo dell’ESG e di questi tre elementi, Environmental, Social and Governance, è innegabile che le aziende guardano direttamente ai dati misurabili. La spinta ci viene data dai produttori edilizi che spingono su spazi flessibili, porzionabili, innovativi, a risparmio energetico. Deve sempre essere l’offerta del prodotto a spingere all’adeguamento e ad apprezzare l’approccio olistico sostenibile e non solo quello della economicità della gestione.
Lucia Medri
L’educazione finanziaria potenzia il welfare aziendale
Novembre 18, 2024