GIMBE. Osservatorio sulla Sanità Integrativa 1/2019. L’analisi dei dati, il bilancio e le proposte per un riordino normativo.
Se il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) decresce, la convergenza d’interessi per i fondi sanitari, assicurazioni e varie forme di welfare aziendale si accrescono contribuendo all’espansione del Secondo Pilastro.
La Fondazione GIMBE, nel presentare il 3° Rapporto sulla sostenibilità del SSN, ha dimostrato come il proporzionale allargamento del secondo pilastro rientri invece tra le “macro-determinanti” della crisi di sostenibilità del SSN.
Il report elaborato sembrerebbe dunque finalizzato a ipotizzare una proposta di riordino normativo che, in virtù di quella frammentarietà e incompletezza legislativa, possa impedire l’intermediazione finanziaria, la quale incrementa i profitti, iniquità e diseguaglianze, “oltre che alimentare il consumismo sanitario e la medicalizzazione della società incrementando i rischi per la salute delle persone”.
Negli ultimi dieci anni le restrizioni finanziarie hanno avuto due effetti:
• il risanamento della finanza pubblica e l’aumento dell’efficienza nel SSN.
• l’indebolimento del sistema di offerta di servizi e prestazioni sanitarie, con conseguente aumento della difficoltà di accesso alle cure e amplificando le diseguaglianze.
In virtù di questo ultimo punto, l’aumento della spesa out of pocket e il fenomeno della rinuncia a prestazioni sanitarie da parte degli italiani sono stati gli strumenti atti a promuovere ulteriori forme alternative di copertura sanitaria. Una “deregulation” che ha quindi generato due dinamiche:
• per ottenere delle agevolazioni fiscali, i fondi sanitari integrativi sono tenuti a destinare il 20% delle risorse a prestazioni sostitutive (oltre a quelle già incluse nei LEA).
• per contrastare problemi di solvibilità, i fondi sanitari possono “ri-assicurarsi” con una o più compagnia assicurative. Secondo il VIII Rapporto RBM-Salute-Censis, nel 2017 l’85% dei fondi sanitari risulta gestito tramite il settore assicurativo.
Tutti i soggetti che offrono coperture e garanzie di beni e servizi sanitari sono inclusi nel cosiddetto “ecosistema dei terzi paganti” classificati in enti no-profit (fondi sanitari, società di mutuo soccorso, casse mutue) e organizzazioni profit (compagnie assicurative). Le cui prestazioni – analizzate dal Joint Actuarial Team di RBM Salute e Munich Health in collaborazione con il Censis – sono state suddivise in tre categorie:
• Integrative: risorse vincolate ex DM 27 ottobre 2009.
• Complementari: non rientrano nella soglia delle risorse vincolate ex DM 27 ottobre 2009 o non sono state individuate dallo stesso DM.
• Sostitutive: fornite in alternativa a quelle già erogate da SSN nell’ambito dei LEA.
Il welfare aziendale è stato regolato da un nuovo impianto normativo, modellato dalla Legge di Stabilità 2016 e rafforzato dalle Leggi di Bilancio 2017 e 2018. I piani di welfare aziendale, in base alle varie opportunità offerte dai terzi paganti, propongono ai dipendenti e ai familiari degli stessi una gamma di servizi sanitari che, rispetto a quanto offerto dal SSN, possono essere sostitutivi, aggiuntivi o complementari. Quello del sistema del welfare aziendale è un settore premiante ma l’analisi GIMBE ne dimostra le contraddizioni: “il lavoratore finisce per pagare due volte le stesse prestazioni, perché continuerà a sostenere con la fiscalità generale il diritto a ricevere l’assistenza sanitaria pubblica”.
Il calcolo stimato per la spesa effettuata dai terzi paganti, e cioè la spesa sanitaria privata intermediata, è stato effettuato attraverso i dati ISTAT-SHA integrati con quelli amministrativi dei terzi paganti e dal lato dei premi versati, e non dei rimborsi erogati per:
• comparabilità con la spesa pubblica e quella out of pocket
• i rimborsi erogati rappresentano solo un indicatore indiretto e rischiano di sottostimare l’entità della spesa intermediata perché non inclusivi di costi amministrativi ed eventuali utili di terzi paganti.
• I rimborsi erogati sono condizionati sia dalla duplice modalità di rimborso (diretto o indiretto) che dall’entità (parziale o totale).
Per l’anno 2016 si è stimata dunque una spesa intermediata di euro 5.600,8 milioni (12,3% della spesa privata); 3.830,8 milioni da fondi sanitari e polizze collettive, 593 milioni di euro da polizze assicurative individuali, 576 milioni da istituzioni senza scopi di lucro e 601 milioni da imprese.
La pubblicazione di questa analisi (da approfondire in ulteriori uscite) ha coinciso del resto con l’annuncio, lo scorso 17 dicembre, da parte della Presidente Maria Lucia Lorefice di un ampio ciclo di audizioni che possa attuare una ricognizione complessiva della sanità integrativa. Invocando dunque la necessità di un confronto politico per procedere a un riordino della normativa, GIMBE si prefigge l’obiettivo di elaborare un Testo Unico in grado di sfoltire i LEA , tutelare, garantire e rimodulare l’ordinamento dei fondi sanitari. I quali dovrebbero continuare ad essere mantenuti integrativi senza sostituirsi al “primo pilastro del nostro sistema pubblico di salute che è il Servizio Sanitario Nazionale”.
Report_Osservatorio_GIMBE_2019.01_Sanita_integrativa
L’educazione finanziaria potenzia il welfare aziendale
Novembre 18, 2024