10 Settembre2025

Report Itinerari previdenziali: con il welfare privato e contrattuale, il mercato raggiunge i 1000 miliardi

Itinerari previdenziali

Pubblichiamo i risultati del dodicesimo report annuale Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2024” presentato questa mattina a Milano nella prestigiosa cornice offerta dalla Sala Parterre di Borsa Italiana

In linea con i risultati degli anni precedenti, prosegue anche nel 2024 la crescita del patrimonio degli investitori istituzionali (welfare contrattuale e fondazionale), passato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 315,93 miliardi dello scorso anno, con un incremento del 121%. Di questi, circa l’80% è affidato direttamente o indirettamente a gestori professionali. In percentuale del PIL, il patrimonio di fondi pensione negoziali e preesistenti, Casse Privatizzate, Fondazioni di origine Bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 14,4%; includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore Vita, rami I, IV e V, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 47%.

La fotografia scattata dal dodicesimo report annuale Itinerari Previdenziali, è quindi quella di un Paese che negli anni è riuscito a conservare e consolidare il proprio mercato istituzionale, resistendo a scenari avversi e raggiungendo una dimensione ormai piuttosto rilevante anche nel confronto internazionale. «Guardando ad esempio alla sola previdenza complementare, se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il PIL è pari all’11,7%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo, soprattutto se verranno implementate le necessarie riforme in termini di rendite complementari, fondo di garanzia per le microimprese e le PMI (eliminato dal Governo Prodi/Damiano nel 2007) e la revisione fiscale prevista nella delega», ha commentato il Professor Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel corso dell’evento di presentazione.

Con un approccio prevalentemente quantitativo, il Report – realizzato con cadenza annuale a partire dai bilanci ufficiali degli enti analizzati – illustra caratteristiche e attività dei principali operatori del Paese indagandone tra i diversi aspetti anche numerosità, dimensione, rendimenti e composizione patrimoniale, e catalogando inoltre i soggetti gestori cui questi investitori affidano i propri patrimoni, sia direttamente (tramite mandati di gestione) sia indirettamente (mediante la sottoscrizione di strumenti del risparmio gestito).

Nel dettaglio, come rilevato dalla dodicesima edizione della pubblicazione, sono 289 i player istituzionali operativi a fine 2024 (11 in meno rispetto all’anno precedente). Si tratta di 85 Fondazioni di origine Bancaria (-1 rispetto al 2023), 20 Casse Professionali Privatizzate, 33 fondi negoziali e 151 fondi preesistenti (-10 rispetto al 2023 e -153 negli ultimi 10 anni), cui si aggiungono poi Casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa, 324 secondo gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute, fermi però al 2022. «Un numero sicuramente elevato – la precisazione del Professor Brambilla – tanto più se si considera che i primi 50 fondi rappresentano da soli, per iscritti e patrimonio, i due terzi dell’intero settore e che alla sanità privata manca ancora, a differenza della previdenza complementare, una legge quadro che regolamenti in via definitiva un sistema sempre più rilevante per un Paese che invecchia come l’Italia».

In termini patrimoniali, nel 2024 gli investitori istituzionali evidenziano un patrimonio che ammonta a 315,93 miliardi di euro, in aumento di 19,96 miliardi (+6,74%), in linea con la crescita registrata lo scorso anno. In dettaglio, 50,8 miliardi fanno capo alle Fondazioni di origine Bancaria, 115,2 miliardi alle Casse di Previdenza, 74,6 ai fondi negoziali, 69,6 ai fondi preesistenti e circa 5,7 miliardi si stima possano essere gestiti dalle forme di assistenza sanitaria integrativa. A questi investitori si aggiungono i soggetti operanti nel welfare cosiddetto privato, e cioè i fondi pensione aperti, i Piani Individuali Pensionistici (PIP) e le Compagnie di Assicurazione relativamente al ramo Vita, il cui patrimonio complessivo ammonta a 714,22 miliardi, con un aumento di circa 17 miliardi di euro rispetto ai 697,4 del 2023. Sommando il welfare contrattuale alle Casse e Fondazioni e al welfare privato, il patrimonio totale raggiunge i 1.030,14 miliardi con un aumento di 36,77 miliardi rispetto ai 993,37 miliardi di euro del 2023. Allargando lo sguardo all’intero periodo temporale di riferimento, si conferma l’aumento del patrimonio degli investitori istituzionali rispetto ai 404,11 miliardi di euro del 2007: un incremento complessivo, nonostante le innumerevoli crisi, pari al 155%. Come il 2023, il 2024 è stato quindi un anno positivo per tutti gli investitori istituzionali.

Nel 2024 l’andamento dei mercati finanziari ha beneficiato dell’allentamento delle politiche monetarie restrittive da parte delle Banche Centrali, sebbene con intensità diversa tra Stati Uniti ed Europa. Nonostante il permanere delle tensioni geopolitiche, il progressivo calo dell’inflazione ha infatti spinto FED e BCE a iniziare un ciclo di tagli dei tassi di interesse nella seconda parte dell’anno, con un impatto positivo sia sui listini azionari che obbligazionari. Le tendenze osservate sui mercati si sono riflesse sui risultati degli investitori istituzionali, che hanno registrato in media rendimenti ampiamente positivi, in particolare per le linee a maggiore contenuto azionario e, in misura minore, per quelle che investono maggiormente in titoli di Stato e altri titoli di debito: i PIP – Unit Linked e i fondi aperti hanno segnato performance rispettivamente pari al +9% (+8,4% nel 2023) e al +6,5% (+7,9% nel 2023), seguiti dai fondi negoziali con il +6% (+6,7% nel 2023) e dai fondi preesistenti con il +4,3%; le Gestioni Separate hanno registrato un +1,4% e le Fondazioni di origine Bancaria un +6,8%.
«Valutando la redditività su orizzonti temporali più coerenti con il risparmio previdenziale – precisa Alberto Brambilla – emerge come la buona diversificazione degli investimenti abbia consentito di mantenere un vantaggio nella media a 10 anni sia per i rendimenti composti sia per quelli cumulati, su inflazione e media quinquennale del PIL, pareggiando il rendimento del TFR ad eccezione dei fondi pensione negoziali, mentre sui 3 e 5 anni tutte le forme presentano rendimenti inferiori a quelli del TFR risentendo ancora delle forti perdite registrate nel 2022».

Peraltro, nei primi sei mesi del 2025 gli investitori istituzionali registrano in media risultati positivi: 1,5% per i fondi negoziali, 2,0% per i fondi aperti e +0,7% per le Gestioni Separate; negativi invece i rendimenti dei PIP di ramo III con -0,2%. Scomponendo per linee di investimento, i comparti azionari hanno registrato performance in media pari all’1,8% nei fondi negoziali, al 3,1% nei fondi aperti e allo 0,3% nei PIP; nelle linee bilanciate i risultati sono in media pari all’1,4% per i negoziali e all’1,7% per gli aperti, mentre nei PIP sono negativi e pari al -1%. Rendimenti medi intorno all’1% si rilevano per i comparti obbligazionari e garantiti. Nello stesso semestre, il TFR è cresciuto dell’1,2% e l’inflazione dello 0,9%.

Crescono gli investimenti in economia reale nazionale, finalizzati a generare ricadute positive per il territorio. Al netto degli investimenti in titoli di Stato italiani, che pesano in particolar modo sui portafogli delle Casse di Previdenza e dei fondi negoziali, e degli immobili a uso strumentale, anche per il 2024 le Fondazioni di origine Bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia domestica, con il 42% del patrimonio investito, seppur sostenuto da un’esposizione nella banca conferitaria pari al 23,84%; seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti, con il 17% circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 3,10% e al 6,31% del patrimonio.

«La soluzione più semplice per far in modo che il TFR “circolante interno” alle aziende che alimenta soprattutto i fondi di natura contrattuale rientri nel circolo dell’economia reale – suggerisce Brambilla – è ripristinare il fondo di garanzia istituito dal D. Lgs. N. 252/05 per facilitare il finanziamento delle PMI che versano il Trattamento di Fine Rapporto ai fondi pensione. Dal 2007 alla fine del 2024 ai fondi pensione sono confluiti circa 106 miliardi e di questi ne sono stati investiti in economia reale domestica molto pochi, mentre altri 105 miliardi sono stati sottratti alle aziende dai 50 dipendenti in su e confluiti all’INPS per spesa corrente, tramite il Fondo di Tesoreria. Una situazione critica e preoccupante che ha ripercussioni negative sia sull’occupazione sia sulla produttività, contribuendo alla bassa crescita del nostro Paese. Ecco perché sarebbe opportuno incrementare la percentuale del patrimonio investibile in economia domestica beneficiario di agevolazioni fiscali sui rendimenti sul modello dei PIR 4.0, ovvero con esenzione totale».

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