12 Dicembre2024

Report previdenza ADEPP: crescono i giovani e danno priorità alla salute

ADEPP

Report ADEPP: pubblicati i dati annuali 2024

Il numero totale degli intervistati è di 22.898 (53% donne e 47% uomini corrispondente alle percentuali di iscritti nella fascia d’età under 40), distribuiti proporzionalmente al numero di iscritti delle diverse Casse di appartenenza. Il primo dato non può che far riflettere: nonostante il 65% degli iscritti dichiari di conoscere i sistemi previdenziali, solo il 35% afferma di essere a conoscenza degli strumenti di welfare integrato offerti dalle Casse.

Quasi tutti i liberi professionisti giovani nutrono una forte consapevolezza circa l’incertezza, l’instabilità sociale, economica e professionale, nonché l’imprevedibile variabilità degli scenari globali. Infatti, far fronte ai bisogni futuri della famiglia e agli eventi imprevisti sono le voci indicate quali prioritarie verso le quali destinare i risparmi per poter gestire le emergenze e rispondere alle situazioni straordinarie. È comunque positivo che una buona percentuale degli intervistati sarebbe disposta a destinare parte dei risparmi anche al sistema previdenziale. I giovani coinvolti in questa indagine hanno anche dimostrato il loro interesse e la loro condivisione di una politica che punta alla crescita guardando in modo favorevole – in particolare geometri, notai e periti industriali – alla destinazione dei risparmi verso investimenti a favore della professione e allo sviluppo dell’attività. I giovani professionisti reputano prioritarie le misure volte al sostegno della Salute: una risposta non scontata considerando l’età anagrafica della platea degli intervistati.

I giovani professionisti non sembrano temere i progressi tecnologici e infatti, la percentuale di coloro che non avvertono la minaccia e/o un’eventuale sostituzione oscilla tra il 40 e il 70%; soprattutto tra i professionisti che operano nell’ambito sanitario, più del 60% dei giovani medici e veterinari mostra la propria sicurezza rispetto alla possibilità – di fatto – che il proprio ruolo possa essere sostituito o demandato ad altre figure. Altri professionisti – come notai, ragionieri e giornalisti (circa il 40% di queste categorie) – sembrano essere più preoccupati del fenomeno, ancorché si nutrano forti dubbi che l’intelligenza artificiale possa sostituire integralmente l’intelligenza e la creatività dell’uomo. La maggior parte dei giovani professionisti continua però ad essere contraria – in alcuni casi più del 60% degli intervistati – all’iscrizione presso le proprie Casse di altri lavoratori autonomi o di professionisti non iscritti ad Ordini, Albi o Collegi.
In particolare, i commercialisti (oltre il 70%), gli psicologi (quasi l’80%) e i notai (addirittura il 90%) oppongono resistenze e guardano con ostilità a questa eventualità, al contrario dei periti agrari e agronomi, dei periti industriali e dei giornalisti che sono invece più inclini all’apertura e al coinvolgimento di altre figure professionali. Anche rispetto a questo aspetto però ci sono dei liberi professionisti – come ingegneri, architetti, medici, che sembrano non riservare troppo interesse o comunque scarsa consapevolezza della questione e infatti tra queste categorie abbondano i “non saprei”. La risposta lascia spazio ad ampi margini interpretativi e numerose possibilità, ma comunque ciò che emerge – a fronte della evidenza del cambiamento – è che anche i giovani professionisti non vogliono perdere la propria identità né rinunciare al proprio ruolo all’interno della società.

La famiglia anche per i giovani professionisti, che destinerebbero eventuali risparmi prioritariamente per soddisfarne i bisogni, potrebbe essere tra i progetti futuri tanto che oltre il 70% vorrebbe costruire un proprio nucleo familiare con figli. Eppure, sempre secondo il sondaggio, scelgono deliberatamente di rinviare o addirittura escludere la scelta di avere figli, non solo per motivi economici e occupazionali, ma anche perché preoccupati dalla mancanza di adeguate reti di supporto familiare o di comunità. Inoltre, anche la possibilità che si possano verificare limitazioni alla carriera o il timore di un restringimento del tempo personale sono altre due motivazioni che spingono alla scelta di avere soltanto un figlio. Da notare che, seppure vi è una complessiva uniformità delle risposte da parte dei due generi, le donne si sono mostrate, seppure per una ridotta differenza, meno ottimiste nel poter costruire una famiglia con figli nel prossimo futuro, indicando (in misura superiore agli uomini), la difficoltà economica quale motivo principale oltrechè la mancanza di aiuto e supporto.

I giovani professionisti hanno deliberatamente scelto di esercitare la libera professione, soprattutto per rispettare il loro desiderio di autonomia e indipendenza (tra il 40 e il 50% degli intervistati hanno ribadito questa motivazione) nonché l’aspirazione in termini di prospettive di guadagno (commercialisti). Infatti, mentre per i commercialisti una delle motivazioni alla base della scelta della professione vi è una ambizione in termini di vantaggio economico, si potrebbe pensare che per altri professionisti – come ad esempio i biologi – la libera professione sia stata una scelta quasi obbligata dettata dalla mancanza di adeguate offerte di lavoro alternative, come se il proprio percorso di studi non offrisse maggiori o diversi sbocchi professionali se non quelli vincolati alla libera professione. Vi è inoltre un altro dato interessante – come quello che riguarda i giornalisti – che in larga maggioranza segnalano di aver intrapreso la libera professione perché spinti dal contesto sociale e/o dalle conoscenze personali. n linea generale, i costi che incidono sull’avvio dell’attività sono finanziati “in primis” in maniera autonoma e personale dai professionisti attraverso risorse proprie oppure mediante la richiesta di mutui/prestiti e infine grazie agli aiuti familiari. Per i notai il costo dei collaboratori è la voce più rilevante

I medici sono più simili a commercialisti e architetti, rispetto ad altri professionisti. È il risultato che emerge dalla ricerca quando si parla di aggregazioni. In effetti, il dato più rilevante è che il libero professionista è ancora propenso all’esercizio della professione in maniera “solitaria”: i professionisti lavorano individualmente e la cultura dell’aggregazione e della multidisciplinarietà non è ancora diffusa tra loro. Di evidenza il dato espresso dai farmacisti (oltre il 70%), giornalisti (quasi il 70%), veterinari e notai (circa il 60%) in ordine allo scarso interesse per le aggregazioni professionali. È interessante che in questo caso la risposta non è omogenea all’interno dei macro ambiti di attività. Si scopre infatti che i professionisti più aperti all’aggregazione sono proprio i medici, i dottori commercialisti e gli architetti/ingegneri, categorie che non sono comparabili tra loro ma che mostrano un’omogeneità di vedute e una prospettiva comune individuando quali motivazioni principali la possibilità di offrire percorsi specialistici e garantire servizi multidisciplinari. Le preferenze, dunque, variano significativamente tra le diverse professioni, che vedono, ad esempio, i consulenti del lavoro e gli psicologi tra le categorie in cui il processo di aggregazione è già ben presente tra i giovani. Da sottolineare che la maggioranza degli intervistati ritiene che un periodo di tirocinio, apprendistato o praticantato favorisca l’acquisizione di ulteriori competenze specialistiche. Alcune Casse registrano punteggi più alti, indicando una percezione positiva diffusa sull’importanza della formazione pratica per lo sviluppo professionale. Long-life Learning, aggiornamento permanente, re-skilling e up-skilling sono alla base della crescita professionale e i giovani attribuiscono massima importanza alla specializzazione e allo sviluppo delle competenze già acquisite nel corso del periodo di tirocinio, apprendistato o praticantato considerato propedeutico e indispensabile per avviare il percorso professionale.

114 miliardi di Patrimonio, quasi 13 miliardi di entrate contributive, mezzo milione di prestazioni erogate, 212 milioni di euro messi in campo per il welfare integrato. Questi i dati che mergono dal report annuale di ADEPP a cui si aggiungono ulteriori e utili rilevazioni. ll fenomeno dei pensionati attivi, ad esempio, è una chiara manifestazione della ‘Silver Economy’, che sottolinea il prolungamento della vita lavorativa. Alcune casse registrano percentuali superiori al 50% di pensionati che continuano a lavorare. A questo dato se ne affianca un altro di grande importanza. La percentuale di professionisti over 60 è quasi raddoppiata negli ultimi 19 anni, evidenziando un cambiamento demografico significativo tra gli iscritti Il numero dei liberi professionisti segna un + 20,89%, passando da 1,125 milioni nel 2007 a 1,36 milioni nel 2023, ma sono aumentati anche i pensionati attivi che continuano a contribuire al sistema. Cresce il numero delle donne, dal 30% nel 2007 al 41% nel 2023. Un aumento costante che non si riscontra nelle altre categorie lavorative, dove la componente femminile è rimasta stabile. Le libere professioniste costituiscono il 54% degli iscritti sotto i 40 anni, ma questa percentuale scende al 36% nella fascia 50-60 anni, diminuendo ulteriormente con l’aumentare dell’età. Un tema annoso che riporta in auge quanto ormai viene sottolineato da tempo: è ancora la donna ad occuparsi della famiglia, sia di origine sia propria.

Considerando gli effetti dell’inflazione, i redditi reali mostrano una riduzione del 8,3% dal 2005, evidenziando come, al di là dei dati nominali, il potere d’acquisto dei professionisti si sia eroso nel tempo. Questo declino riflette non solo le crisi economiche, ma anche l’effetto di cambiamenti strutturali nella composizione della platea dei liberi professionisti. E, ancora una volta, nel 2023 i redditi medi dei professionisti del Sud sono inferiori del 46% rispetto al Nord, mentre la differenza tra Centro e Nord è del 19%, con una disparità di genere persistente in tutte le macroaree geografiche. Da sottolineare che i redditi aumentano con l’esperienza. Sotto i 30 anni il reddito medio è di 14.622 €, meno di un quarto rispetto ai 50-60enni. è chiaro che la disparità reddituale riflette le difficoltà iniziali dei giovani professionisti nell’affermarsi.

Le prestazioni erogate non si limitano alle pensioni, ma includono un’ampia gamma di supporti per i professionisti. Le prestazioni IVS sono cresciute del 138,63%, da 3,3 miliardi nel 2005 a 7,9 miliardi nel 2023. Vi è stato un aumento significativo delle “altre prestazioni” (+208).
le casse previdenziali hanno destinato oltre 212 milioni di euro al welfare integrato, con le voci principali legate al fabbisogno sanitario (97 milioni), caregiving (22 milioni), genitorialità (24 milioni), sostegno agli studi (24 milioni) e sostegno al reddito (21 milioni), evidenziando un’ampia diversificazione degli interventi.

Il patrimonio aggregato degli Enti Previdenziali Privati è cresciuto del 74% dal 2013 al 2023, passando da 65,6 miliardi a 114,1 miliardi di euro, con una media annua di crescita del 5,7%, sostenuta da un saldo previdenziale positivo di 37 miliardi e rendimenti netti medi annui dell’1,9%. A fine 2023 i fondi di investimento mobiliari rappresentano il 29% del patrimonio, seguiti da altri fondi di investimento (23,7%) e Titoli di Stato (16,8%), con una riduzione della quota di investimenti immobiliari a favore di maggiore flessibilità e liquidità. Tra il 2013 e il 2023, c’è un’evoluzione significativa del patrimonio delle Casse di Previdenza, con una crescente diversificazione degli investimenti per mitigare i rischi in un contesto economico complesso. In particolare, con una crescita significativa di fondi mobiliari (+300%) e azioni (+135%). Ma con una riduzione degli investimenti immobiliari (-77%).

Negli ultimi 11 anni, la quota di investimenti in azioni è cresciuta dal 9,8% al 18,9% degli attivi, inclusa la componente tramite fondi mobiliari, mentre circa 1,95 miliardi di euro sono stati destinati a quote di capitale della Banca d’Italia, evidenziando un aumento strategico per compensare i bassi rendimenti di altri strumenti.

Nel 2023 il 39% degli investimenti delle Casse è localizzato in Italia, una percentuale che sale al 45% includendo liquidità e polizze assicurative, con gli investimenti in immobili prevalentemente italiani, mentre obbligazioni non governative e mobiliari sono principalmente collocate all’estero.

 

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