Manca una corretta regolamentazione della sanità integrativa e per questo la Fondazione Gimbe esprime i suoi timori per le possibili derive consumistiche e rischi di privatizzazione del SSN
I principali problemi del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono due e di natura profondamente diversa tra loro: le risorse e la qualità delle cure. Un servizio che ha subito un pesante arretramento in termini di risorse finanziarie, di strutture e di personale dedicato. La Corte dei Conti ha chiarito come il problema del nostro Paese non sia tanto il volume complessivo della spesa sanitaria, pari al 7,0 per cento del PIL, leggermente superiore alla media OCSE (6,5), quanto piuttosto la bassa qualità dei servizi e la insufficiente appropriatezza del setting assistenziale.
Non c’è dubbio che la grande epidemia da COVID 19 abbia segnato un “prima” e un “dopo”. La diffusione planetaria della malattia, infatti, ha colto il nostro servizio sanitario nazionale in grande difficoltà. Anche il regionalismo differenziato di questi ultimi decenni ha prodotto forti disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie, negli esiti di salute difformi, nell’incidenza di morbilità e mortalità soprattutto nel periodo della pandemia. Nonostante la pandemia e quello che ci ha insegnato (o quello che avremmo dovuto apprendere), la salute non è ancora intesa come bene collettivo comune.
La sanità pubblica, invece, dovrebbe preservare le persone da tutte le diseguaglianze, in termini di offerta di servizi e prestazioni, di appropriatezza dei processi clinico-organizzativi e di esiti di salute. È quanto sostiene la Fondazione Gimbe, ente che ha lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica, al fine di migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico.
Nell’ottica di delineare delle possibili soluzioni che rafforzino il nostro SSN, che ancora oggi rappresenta uno dei nostri grandi asset pubblici, si impone il ruolo dell’assistenza sanitaria integrativa, la quale rappresenta una forma di tutela che permette l’integrazione della sanità pubblica per quel che riguarda le prestazioni sanitarie e i servizi medico-sanitari. Essa consente, sostanzialmente, di scegliere a quale struttura rivolgersi per ricevere visite e cure mediche, riducendo o annullando i tempi di attesa delle strutture pubbliche, con una copertura totale o parziale delle spese sostenute.
La Fondazione Gimbe fa parte di quella parte di soggetti che nel Paese mostra qualche timore per le possibili derive consumistiche e rischi di privatizzazione del SSN. E’ certamente opportuno soffermarsi sul problema della mancata regolamentazione della sanità integrativa. Regolamentazione che, invece, sarebbe necessaria, come sostiene la Fondazione Gimbe, proprio per restituire ai fondi sanitari integrativi il loro ruolo: quello di coprire prestazioni non incluse nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza (LEA) garantiti dal sistema pubblico, non quello di sostituirsi ad esso.
Caterina Somma
L’educazione finanziaria potenzia il welfare aziendale
Novembre 18, 2024