Formare alle competenze trasversali per un maggiore benessere psicologico nelle classi. Ne parliamo con il prof. Santo di Nuovo, presidente della Associazione Italiana di Psicologia
Prof. Santo Di Nuovo, presidente della Associazione Italiana di Psicologia, la proposta di legge che introduce lo sviluppo di competenze non cognitive nella scuola dice che queste servono a “promuovere la cultura della competenza, integrare i saperi disciplinari e le relative abilità fondamentali e migliorare il successo formativo prevenendo analfabetismi funzionali, povertà educativa e dispersione scolastica”. Cosa si intende esattamente per competenze “non cognitive” da formare a scuola?
Anzitutto va chiarito che il termine competenze “non cognitive” è improprio, perché cognitivo e emotivo-affettivo non sono realtà separate. Per cui sarebbe meglio chiamarle competenze “trasversali”, perché vanno apprese parallelamente all’apprendimento scolastico, e lo facilitano. E sono competenze sia cognitive che emotive. Parliamo ad esempio di motivazione, capacità di auto-valutazione, affermatività, abilità di comunicazione, capacità di affrontare le prove valutative senza stress. Sono competenze che gli insegnanti – adeguatamente formati, e con supporto specialistico – possono e debbono promuovere nell’ambito del loro lavoro di istruzione ed educazione, che è la missione primaria della scuola. Ben venga dunque che la scuola si occupi delle competenze trasversali all’apprendimento. Questo gli psicologi lo dicono da tempo e sono pronti a porsi come consulenti – insieme ad altre professionalità delle scienze dell’educazione – nei confronti degli insegnanti che possono promuovere queste competenze trasversali nel loro insegnamento, e l’intera scuola nella sua missione formativa.
Queste competenze sono le stesse che spesso vengono definite “life skills”? Cosa ne pensa?
Abbiamo parlato di abilità che caratterizzano trasversalmente l’apprendimento, ed “insegnano ad imparare”, Le life skills, come dice il termine stesso, sono competenze utili per inserirsi al meglio nella società, e vivere bene in essa. Certo, alcune delle life skills servono anche per frequentare con profitto la scuola e per ridurre povertà educativa e dispersione. Infatti includono la comunicazione, il pensiero critico, l’apertura mentale, la creatività, che servono anche per l’apprendimento. Ma essenziali sono anche i fattori di personalità, la capacità relazionale e l’empatia, la gestione delle emozioni e dello stress. Qualcuno le ha definite “abilità del carattere”.
Le “competenze per la vita” si possono insegnare a scuola? E chi dovrebbe farlo?
Abbiamo detto che le “life skills” sono competenze di tipo psicologico, e tendono a formare la personalità dell’alunno. Sono competenze mediante le quali è possibile educare alla prosocialità, e prevenire, o superare, i rischi di malessere e anche veri e propri sintomi clinicamente rilevanti. Quindi non possono essere poste a carico degli insegnanti – per motivi pratici ed etici – ma sono di diretta competenza dello psicologo scolastico con metodi e strumenti della sua professione. Che deve promuoverle e sostenerne in tutto il sistema scolastico, non solo negli alunni.
Quindi ci vuole uno psicologo scolastico? Che funzioni dovrebbe avere?
Lo psicologo può porsi al servizio delle scuole per analizzare i bisogni specifici in quel contesto, supportare gli insegnanti e tutto il sistema scolastico, partecipare ai progetti e assicurarne la scientificità. Una funzione specialistica, che non si sovrappone alle altre professionalità, ma si integra con esse.
Ma così non si arriverà, come qualcuno teme, ad una sanitarizzazione della scuola?
La funzione di valutazione e promozione delle caratteristiche personali dello studente, per evitare dispersione scolastica e favorire la socializzazione (come si propone la legge), e più in generale l’attività di prevenzione e di intercettazione del disagio è altra cosa rispetto al trattamento dei casi già patologici, che è di competenza dell’équipe multidisciplinare dei Servizi Sanitari. La psicologia serve a prevenire il malessere, non solo a curarlo. Sono momenti e ambiti diversi che però possono e debbono dialogare, e questo rete può essere promossa anche dallo psicologo scolastico. Dobbiamo mirare a quella che Edgar Morin definiva “trans-disciplinarità”. Vuol dire che più discipline lavorano ad un progetto comune, mettendo ognuna le proprie competenze a servizio del progetto, senza rinunciare al proprio contributo specialistico ma mirando ad un obiettivo condiviso. E considerando all’interno di questo progetto anche tutti gli altri attori sociali, inclusi i committenti. Per questo crediamo che la promozione delle life skills da formare per ogni futuro cittadino responsabile e maturo vanno programmate e implementate d’intesa con le famiglie. Che restano le prime responsabili dell’educazione alla vita dei propri figli, e che in questa responsabilità non possono delegarla totalmente ad altri. Però in questo vanno supportate, non solo nella scuola ma anche nei servizi del sistema di promozione della salute.
Ludovica Urbani
7 Marzo2022
Salute e assistenza, Protagonisti, Commenti e interviste
Prof. Di Nuovo, bene PDL su “competenze trasversali” a scuola
Formare alle competenze trasversali per un maggiore benessere psicologico nelle classi. Ne parliamo con il prof. Santo di Nuovo, presidente della Associazione Italiana di Psicologia
Prof. Santo Di Nuovo, presidente della Associazione Italiana di Psicologia, la proposta di legge che introduce lo sviluppo di competenze non cognitive nella scuola dice che queste servono a “promuovere la cultura della competenza, integrare i saperi disciplinari e le relative abilità fondamentali e migliorare il successo formativo prevenendo analfabetismi funzionali, povertà educativa e dispersione scolastica”. Cosa si intende esattamente per competenze “non cognitive” da formare a scuola?
Anzitutto va chiarito che il termine competenze “non cognitive” è improprio, perché cognitivo e emotivo-affettivo non sono realtà separate. Per cui sarebbe meglio chiamarle competenze “trasversali”, perché vanno apprese parallelamente all’apprendimento scolastico, e lo facilitano. E sono competenze sia cognitive che emotive. Parliamo ad esempio di motivazione, capacità di auto-valutazione, affermatività, abilità di comunicazione, capacità di affrontare le prove valutative senza stress. Sono competenze che gli insegnanti – adeguatamente formati, e con supporto specialistico – possono e debbono promuovere nell’ambito del loro lavoro di istruzione ed educazione, che è la missione primaria della scuola. Ben venga dunque che la scuola si occupi delle competenze trasversali all’apprendimento. Questo gli psicologi lo dicono da tempo e sono pronti a porsi come consulenti – insieme ad altre professionalità delle scienze dell’educazione – nei confronti degli insegnanti che possono promuovere queste competenze trasversali nel loro insegnamento, e l’intera scuola nella sua missione formativa.
Queste competenze sono le stesse che spesso vengono definite “life skills”? Cosa ne pensa?
Abbiamo parlato di abilità che caratterizzano trasversalmente l’apprendimento, ed “insegnano ad imparare”, Le life skills, come dice il termine stesso, sono competenze utili per inserirsi al meglio nella società, e vivere bene in essa. Certo, alcune delle life skills servono anche per frequentare con profitto la scuola e per ridurre povertà educativa e dispersione. Infatti includono la comunicazione, il pensiero critico, l’apertura mentale, la creatività, che servono anche per l’apprendimento. Ma essenziali sono anche i fattori di personalità, la capacità relazionale e l’empatia, la gestione delle emozioni e dello stress. Qualcuno le ha definite “abilità del carattere”.
Le “competenze per la vita” si possono insegnare a scuola? E chi dovrebbe farlo?
Abbiamo detto che le “life skills” sono competenze di tipo psicologico, e tendono a formare la personalità dell’alunno. Sono competenze mediante le quali è possibile educare alla prosocialità, e prevenire, o superare, i rischi di malessere e anche veri e propri sintomi clinicamente rilevanti. Quindi non possono essere poste a carico degli insegnanti – per motivi pratici ed etici – ma sono di diretta competenza dello psicologo scolastico con metodi e strumenti della sua professione. Che deve promuoverle e sostenerne in tutto il sistema scolastico, non solo negli alunni.
Quindi ci vuole uno psicologo scolastico? Che funzioni dovrebbe avere?
Lo psicologo può porsi al servizio delle scuole per analizzare i bisogni specifici in quel contesto, supportare gli insegnanti e tutto il sistema scolastico, partecipare ai progetti e assicurarne la scientificità. Una funzione specialistica, che non si sovrappone alle altre professionalità, ma si integra con esse.
Ma così non si arriverà, come qualcuno teme, ad una sanitarizzazione della scuola?
La funzione di valutazione e promozione delle caratteristiche personali dello studente, per evitare dispersione scolastica e favorire la socializzazione (come si propone la legge), e più in generale l’attività di prevenzione e di intercettazione del disagio è altra cosa rispetto al trattamento dei casi già patologici, che è di competenza dell’équipe multidisciplinare dei Servizi Sanitari. La psicologia serve a prevenire il malessere, non solo a curarlo. Sono momenti e ambiti diversi che però possono e debbono dialogare, e questo rete può essere promossa anche dallo psicologo scolastico. Dobbiamo mirare a quella che Edgar Morin definiva “trans-disciplinarità”. Vuol dire che più discipline lavorano ad un progetto comune, mettendo ognuna le proprie competenze a servizio del progetto, senza rinunciare al proprio contributo specialistico ma mirando ad un obiettivo condiviso. E considerando all’interno di questo progetto anche tutti gli altri attori sociali, inclusi i committenti. Per questo crediamo che la promozione delle life skills da formare per ogni futuro cittadino responsabile e maturo vanno programmate e implementate d’intesa con le famiglie. Che restano le prime responsabili dell’educazione alla vita dei propri figli, e che in questa responsabilità non possono delegarla totalmente ad altri. Però in questo vanno supportate, non solo nella scuola ma anche nei servizi del sistema di promozione della salute.
Ludovica Urbani
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