Covip. Presentato il rapporto sui principali dati statistici per la previdenza complementare relativi al mese di dicembre 2020: sistema stabile ma ancora (troppo) poche le adesioni
Quasi 200 miliardi di risorse destinate alla previdenza complementare e poco meno di 8,5 milioni di iscritti ai fondi vigilati dalla Covip (la commissione di vigilanza sui fondi pensione). Sono alcune dei dati di sintesi che emergono dai dati statistici di fine 2020, pubblicati sul sito Covip.
Nella nota diffusa si legge che “alla fine di dicembre 2020, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 9,353 milioni; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 236.000 unità (2,6 per cento), risulta inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,480 milioni di individui”.
In sostanza il numero di iscritti alle diverse forme di previdenza complementare è rimasto stabile. Il che, per le condizioni del sistema italiano, vuol dire poche adesioni. Ancora troppo poche. Mentre ancora troppi i soggetti che raccolgono le risorse, che complessivamente, a dicembre 2020, hanno raggiunto quota 196 miliardi di euro, 11 miliardi in più rispetto alla fine del 2019, da dividere per circa 400 fondi. Troppi per troppo poco: una media di solo mezzo miliardo di patrimonio per fondo.
“Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 60,4 miliardi di euro, il 7,5 per cento in più. Per i fondi aperti – continua la nota Covip – si attesta a 25,4 miliardi e a 39,2 miliardi per i PIP “nuovi” aumentando, rispettivamente, dell’11,1 e del 10,4 per cento. I flussi contributivi nel 2020 hanno totalizzato 12,4 miliardi di euro, (3 per cento in più rispetto al 2019) attenuando la propria crescita rispetto al trend degli anni precedenti (poco sopra il 5 per cento annuo) ma mantenendosi comunque in territorio positivo nonostante la crisi determinata dalla pandemia. Il calo dei contributi osservato nel secondo trimestre, in corrispondenza della fase più acuta della crisi, è stato quindi recuperato”.
La pandemia non sembra avere inciso in modo significativo. Restano i trend consolidati ormai da tempo. “Un’analisi che tiene conto della stagionalità in effetti – prosegue il comunicato Covip – conferma che il calo dei contributi specificamente imputabile all’emergere della pandemia sia comunque stato di ammontare limitato. La differenza tra il flusso complessivo incassato nel 2020 e quello del 2019 è positiva per circa 350 milioni di euro a livello di sistema; nelle diverse tipologie di forma pensionistica è positiva sia per i fondi negoziali e per i fondi aperti sia, seppure in misura marginale, per i PIP”.
Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i rendimenti sono stati positivi per i fondi negoziali e per i fondi aperti: rispettivamente, 3,1 e 2,9 per cento; sono risultati negativi, ma solo marginalmente (-0,2 per cento), per i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,4 per cento. “Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale – si legge nella nota Covip – essi restano nel complesso soddisfacenti. Nei dieci anni da inizio 2011 a fine 2020, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6 per cento per i fondi negoziali, al 3,7 per i fondi aperti, al 3,3 per i PIP di ramo III e al 2,4 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,8 per cento annuo”.
Marco Barbieri
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